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Viene chiusa un`intera via al traffico e in essa appaiono bancarelle che vendono un po` di tutto, dall`abbigliamento ai cibi.
Ci sono banchetti di oggetti intagliati a mano col legno; prodotti tipici piemontesi, siciliani, calabresi; bancarelle di contadini ed apicoltori; frutta e verdura; tanto vestiario e giocattoli; l`immancabile venditore del mirabolante pelaverdure del momento; le solite sfilate illegali di borse e accessori contraffatti; il solito assortimento d`incensi nauseanti; il ragazzo che prepara soffici nuvole di zucchero filato; il banco di carne alla griglia, panini, pizzette, ciambelle e tutte le golosita` che conosciamo.
Camminavo da sola, mentre attorno a me la gente era tantissima.
Nell`aria l`aroma era quello della festa: l`odore del fritto mischiato a quello del dolce, dell`allegria e delle risate dei bambini sulle giostre.
Il freddo mi mordeva le mani, nonostante fossero coperte da morbidi guanti grigi. Solo ogni tanto mi ricordavo della sua morsa, ma tornavo subito a distrarmi con quello che c`era intorno a me.
In realta`, mi distraeva il tumulto di pensieri che continuavano ad accavallarsi dentro di me.
Chissa`, forse la sensazione e` comune a molti, ma le fiere e le feste di quartiere evocano in me una malinconia che e` piu` tristezza che allegria.
Ogni trenta o quaranta metri, ecco il venditore di palloncini. Tanti palloni colorati, tutti raggruppati come un leggero mazzo di fiori che - seppur desiderosi di volare su nel cielo - vengono tenuti fermi li` da un peso di metallo.
Attorno a quel mazzo di fiori ripieni d`aria, qualche bambino che col volto rigato da un doloroso pianto, indica col ditino il palloncino che desidera avere con tutto il suo cuoricino.
Scorgo a poca distanza da me una delle presenze piu` tristi a queste fiere: i pony.
Costretti a stare legati ad un albero per ore, al freddo, solo per dare un po` di spettacolo e posare, volenti o nolenti, in centinaia di foto in compagnia di estranei.
Non mi vedevo, ma immaginavo il mio volto. Dentro di me sentivo farsi forte quella tristezza particolare che percepisco proprio alle fiere.
Due gruppi di pensionati del quartiere si erano travestiti da Babbo Natale e - prima un gruppo e poi l`altro - si sono esibiti in balletti dalle mosse cosi` non sincronizzate da essere dolcemente buffi.
Alcuni immortalavano la danza scattando foto o registrando un video col telefonino, facendomi venire la curiosita` di sapere che fine faranno sia video che foto di pensionati travestiti da Babbo Natale, in un quartiere qualunque di Torino.
Ogni tanto arrivava un`appetitosa scia di profumo di cose buone. C`era infatti un grosso banco con addirittura installato un forno a legna in cui venivano fatte cuocere pizza e farinata.
Tutto sembrava progettato e studiato per far divertire, ridere, sorridere, mangiare, comprare e comprare ancora.
Eppure, bastava scostare la tendina luccicante del divertimento per rendersi conto che e` tutto come un palcoscenico.
Mi sono avvicinata ad un banco di alimentari tradizionali della Calabria e ho sentito il venditore - un signore anziano con un forte accento della sua regione - che, alle rimostranze forse un po` esagerate di una signora, giustificava l`aumento di qualche centesimo su un etto di provola silana.
La provola era cara; le pentole di terracotta erano esose; i vasetti di sardella del tutto inavvicinabili.
"Signora, io non ci guadagno di piu`. Oramai e` aumentato tutto e non si sa quanto ancora resisteremo."
La signora delle rimostranze, da polemica che era, improvvisamente annuiva comprensiva e quasi mortificata per la lamentela fatta.
Un signore, qualche banco piu` in la`, con un microfono era impegnato in quello che doveva essere un discorso coinvolgente mirato alla vendita di giocattoli ma che invece si era trasformato tristemente in un soliloquio.
La gente passava senza nemmeno voltarsi, eccetto qualche curioso e annoiato.
Le sue parole promettevano mille sconti, ribassi mai visti prima e gli affari piu` grandi della vostra vita! Ma lui era li`, da solo in mezzo alla gente, mentre parlava senza essere ascoltato. Anzi, la sua voce si confondeva fino a perdersi nelle note troppo alte di musica qua e la`.
Un altro signore, intento a convincere uno smunto gruppetto di clienti intirizziti dal freddo e con la noia dipinta sul volto, mostrava le sconvolgenti proprieta` di un panno spugna che sembrava essere imbevuto di non so che magia.
Quel pelaverdure mirabolante; quei giochi col 200% di sconto rispetto "ai prezzi che trovate in giro"; quel panno spugna miracoloso; quel libro di yoga terapeutico che promette di cambiarti la vita; la paccottiglia finto-tribale, con venature New Age al profumo di Nag Champa; la bistecchiera con una durata garantita di un secolo; le solite quantita`di oggettini dozzinali di produzione cinese che oramai sono compagni, spesso impostici, del nostro quotidiano.
Tutto questo, a fine giornata, che fine fa? Che fine fanno le promesse che hanno accompagnato, a volte con insistenza, la vendita di questi oggetti?
Qualcuno scoprira` davvero un vantaggio con quel panno spugna?
Qualcuno sara` davvero per sempre soddisfatto di quella bistecchiera tanto da ricordare, negli anni a venire, quel fortunato acquisto?
Qualcuno riuscira` a tramandare ai posteri l`ennesimo orologio da parete Made in China, senza rischiare di vederlo smettere di funzionare dopo una settimana?
E qualcuno si ricordera` di quei pony e si chiedera` mai e per davvero che fine faranno e nelle mani di chi saranno destinati?
Respiro profondamente. Col volto ormai infreddolito, cerco riparo e sollievo entrando in un piccolo ed accogliente bar dove chiedo un caffe`.
Passando dal freddo al caldo, le lenti dei miei occhiali reagiscono appannandosi.
Sorrido imbarazzata alla mia temporanea cecita` mentre ordino il mio caffe`. Il barista sorride.
Al mio fianco, una lunga tavolata di avventori sorridenti e intenti a gustarsi fumanti cioccolate calde.
Dopo il mio caffe`, ritorno nel freddo.
Il cielo ormai e` blu scuro e il sole e` scomparso da un pezzo.
La fiera inizia lentamente a disgregarsi. E` il trucco che scivola via dal volto di un artista dopo tanto lavoro.
Piano piano, mi riavvio verso casa perdendomi nell`oscurita` di un vicolo.
1 commento:
Stupendo racconto. Mi permetta di aggiungere questo haiku
" Languore d'inverno :
nel mondo di un solo colore
il suono del vento "
di Matsuo Basho
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