(Alcuni piatti che ci sono stati serviti al tempio di 光明 Koomyoo, a Kamakura. Tutte le immagini di questo articoletto, tranne la locandina del film, sono opera mia.)I mille impegni che in questo periodo stanno quotidianamente reclamando la mia attenzione non mi danno tutto il tempo che vorrei per poter aggiornare il mio adorato blog.
I miei studi di giapponese ed un imminente esame di psicologia mi stanno tenendo particolarmente occupata, tanto da aver iniziato - mio malgrado - un ciclo vizioso di nottate trascorse a studiare, sottolineare, riassumere, ripetere, ecc., con conseguenti mattinate in cui mi alzo in preda ad un senso di stordimento non facile da mandar via.
Inoltre, da quando mia cognata e' arrivata, sto cercando di portarla a visitare quanti piu' posti possibile, nel tentativo d'infonderle un briciolo di quell'amore per il Giappone nel quale sono oramai completamente immersa.
Non sempre andiamo a zonzo per il Kanagawa o per Tokyo, ma ogni tanto rimaniamo in casa a guardarci vecchi film e cartoni animati giapponesi, oppure a sfogliare libri dedicati al Periodo Edo (in mia compagnia, non potrebbe essere altrimenti).
E devo dire che i miei sforzi stanno dando i loro primi frutti: Titti ha persino iniziato ad appassionarsi ai vecchi film giapponesi, cominciando persino a canticchiare la colonna sonora de
日本一の若大将 Nippon ichi no wakadaishoo, nonche' uno dei miei film preferiti!

Quando ci mettiamo comode sul divano del salotto ad ammirare vecchi film degli anni Cinquanta e Sessanta, naturalmente devo tradurre per Titti e spiegarle che cosa sta succedendo, ma ho notato che, proprio come me, la piccola Titti ha sviluppato una sua affascinante curiosita' che la incoraggia ad osservare tutti quei dettagli apparentemente insignificanti, ma che invece ci parlano apertamente di un'epoca molto diversa da quella in cui siamo nate e cresciute noi.
Basta osservare le pettinature, i vestiti, gli arredamenti delle case e dei locali, le automobili e tanto ancora per poter iniziare a catturare un briciolo di quell'atmosfera
retro che sa far sognare e tornare indietro nel tempo, senza bisogno di complicati marchingegni.
Qualche tempo fa, Kyoko e Fusae mi hanno invitata ad andare con loro ad assaggiare la
精進料理 shoojin-ryoori, ossia la cucina tradizionale e vegetariana buddista, nell'antica citta' di Kamakura.
E' inutile dire che ho immediatamente accettato l'invito senza bisogno di farmelo ripetere due volte!
Dopo l'arrivo di Titti, Kyoko e Fusae hanno molto gentilmente invitato anche lei e cosi' venerdi', approfittando di una splendida giornata di sole brillante e di venticello leggero e che profumava di foglie d'acero, Titti ed io ci siamo avviate verso Yamato dove, alle dieci in punto del mattino, ci siamo trovate con Kyoko e Fusae.
In poco meno di un'ora, siamo arrivate al cospetto di uno dei templi buddisti piu' antichi e piu' maestosi del vecchio Kanagawa feudale: il
光明寺 Koomyooji, ossia il Tempio della Luce Splendente.
Ecco qui alcune immagini dell'imponente ed antichissimo edificio:




Questo maestoso e solenne tempio vanta una storia davvero molto antica e che risale alle prima meta' del 1200!
Il
Koomyooji gode, da sempre, di una posizione di quasi assoluto privilegio tra i templi del Kanagawa poiche' ha rappresentato per secoli un importante punto di riferimento spirituale per i
daimyoo (i signori feudali dell'antico Giappone) e per tante illustri famiglie di samurai.
E come capita quasi sempre, molti grandi templi sono costituiti non solo da un unico edificio, ma da un insieme di vari edifici, ognuno adibito ad una determinata funzione.
Proprio a sininistra dell'
hondoo 本堂 (edificio principale di un tempio buddista; l'
hondoo e' quell'edificio dal tetto spiovente verde che appare nelle foto qui sopra) c'e' un altro edificio che ospita la mensa dei monaci e le stanze in cui ricevere ospiti esterni, venuti ad assaggiare la
shoojin-ryoori.
Ecco qui l'edificio dove siamo state accolte noi:

Dopo aver lasciato le nostre scarpe in un ordinatissimo genkan adornato soltanto da un mobile semplice ed una poesia scritta in grossi kanji neri sapientemente tracciati da una mano esperta, una signora ci ha fatto strada, conducendoci attraverso uno splendido labirinto di stretti balconi di legno esterni che portano ad una delle sale da pranzo.
Da uno di questi balconi esterni, ci si e' profilata davanti un'affascinante pagoda immersa nel verde e che s'affacciava - con elegante solennita' - in un laghetto. Eccola:

Un'impresa di pulizia stava mettendo un po' in ordine il grande giardino del tempio perche', proprio il giorno prima, c'era stato un ciclone che, fortunatamente pero', non ha causato danni seri qui nel Kanagawa.
Dopo aver felicemente rincorso questo magnifico paesaggio che sembrava racchiudere in se' un mondo segreto e gelosamente custodito, siamo arrivate davanti ad una sottilissima porta scorrevole; l'abbiamo aperta e ... siamo subito state abbracciate da un meraviglioso profumo di un incenso paradisiaco! Quell'effluvio mistico mi ha stregata dal primo momento, e non sono riuscita piu' a dimenticarmelo!
Siamo entrate in questa stanza tradizionale, abbellita da fragranti tatami e da tavolini bassi gia' pronti per essere riempiti di piccole e deliziose squisitezze.
E per timore che Titti potesse trovarsi a disagio a mangiare seduta sul tatami, i monaci ci hanno portato dei piccoli sgabelli su cui sederci durante il pasto. Avrei preferito sedermi su quel profumato tatami, ma sapevo che Titti avrebbe avuto difficolta' a star comoda e cosi' abbiamo pensato di accettare volentieri l'idea dei monaci e di sederci tutte e quante su quegli sgabelli bassi.
Dopo esserci accomodate in quella stanza cosi' profumata, cosi' luminosa e dalle cui finestre di bambu' e carta di riso filtravano dei delicati raggi di un sole d'ottobre, ho sorseggiato del te' verde di eccellente qualita' mentre, con aria tra il beato e l'estasiato, ascoltavo il cinguettare di un gruppo di passerotti i quali, dopo essersi appoggiati sopra un ramo di un albero vicino alla finestra, sembravano riposarsi e godere anche loro della pace che regnava al
Koomyooji.
Nel giro di pochi minuti e' arrivata una signora che, con grandissimo garbo, ha portato ad ognuna di noi le prime meraviglie di questo pasto che - gia' sapevo - sarebbe stato indimenticabile.
Sui nostri vassoi rossi laccati, ecco delle splendide scodelle, anch'esse rosse e laccate:

Da sinistra verso destra, in senso orario:
kuro-mame (fagioli neri)
del bambu' cotto in salsa di soia e zucchero
castagne bollite
goma-doofu o tofu di sesamo, con una punta di wasabi. Una vera delizia! Preparato con il sesamo macinato a mano dai monaci del tempio!
Involtini di
kanpyoo (una sorta di zucca essiccata) ripieni di cetrioli
Julienne finissima di carote e
daikonHitashi* di una verdura giapponese di nome
komatsuna, con
aburaageSalsa di soia

*Gli
hitashi 浸し sono piatti di verdure fatte cuocere in umido in salsa di soia. Le verdure cotte con questo metodo sono particolarmente gustose poiche' mantengono la loro croccantezza e freschezza, assorbendo al contempo il sapore intenso della salsa di soia.
La
shoojin-ryoori e' una cucina antica e dalle origini cinesi; e' una cucina che aderisce fedelmente ai precetti del buddismo e che ne riflette le virtu'; per questo motivo, nella
shoojin-ryoori non si fa uso ne' di carne, ne' di pesce, ne' di latticini. Insomma, nessun prodotto di origine animale compare nei piatti
shoojin.
Direi che la
shoojin-ryoori non solo e' una cucina perfettamente vegetariana, ma squisitamente vegana!
Qualche tempo fa, scrissi brevemente qualcosa a proposito di quest'antica cucina buddista; ricordate? Ecco
qua e
qua.
Tutti i piatti che ci sono stati serviti erano stati preparati, con la massima cura, dai nuovi monaci i quali, essendo appena entrati a far parte dell'ordine religioso, stanno frequentando un intenso periodo di noviziato. Tra i vari compiti che spettano i nuovi monaci, c'e' anche quello della cucina.
Dopo poco, ci e' stato portato questo trionfo di forme, colori e sapori; il tutto, naturalmente, creato nel piu' totale rispetto delle stagioni e dei doni che ognuna di essa ha da offrire:

Un'aggraziata ed elegante combinazione di verdure e tofu in umido: carote,
komatsuna tagliata finemente, una piccola patate dolce, una melanzanina accuratamente sbucciata, del tofu fritto ripieno di alga
konbu.
Il tutto squisitamente adornato da una colorata fogliolina d'acero fatta di
fu (crostini di pane di grano glutinato).
Queste divine delizie sono state seguite da un tempura quasi etereo di verdure (zucca, funghi, shishitoo o peperoncino verde); da una sostanziosa zuppa di miso contenente
daikon, porro,
konnyaku, funghi
shiitake; uno squisitissimo
takikomi-gohan (riso al vapore condito con salsa di soia,
sake e verdure); alcuni tsukemono, tra cui uno strabiliante
takuan prodotto artigianalmente dai monaci:

Il nostro favoloso ed indimenticabile pasto
shoojin e' stato chiuso alla perfezione con una semplice combinazione di dessert, il tutto - anche stavolta - preparato dai bravi monaci del monastero:

Del dolcissimo melone di Hokkaidoo, qualche prugna, ed un delicato
manjuu.
Il senso di pace e di assoluta serenita' che ho provato in quel tempio mentre assaporavo ogni singolo boccone e' molto difficile da tradurre in semplici parole. Intenso e' stato il senso di gratitudine che mi ha pervasa dalla testa ai piedi e che mi ha fatto ricordare la strabiliante bellezze delle piccole cose e delle semplicita' che ci puo' essere nel cinguettio di un passerotto, in un bel piatto a base d'ingredienti modesti ma preparati con cura, in una tazza di te' verde calda, in una piacevole conversazione con persone a noi care, in un respiro che riesce a catturare una fragrante nota di un incenso pregiato.
La', in quella stanza, ho percepito una punta di quell'importanza che dovrebbe spingerci a ricercare la semplicita', preferendola al finto, all'arzigogolato, all'ipocrita e al superficiale.
Prima di andare via, come e' mia consuetudine fare ogniqualvolta mi lascio alle spalle un posto caro, ho salutato in cuor mio quell'incantevole angolo di vecchio Kanagawa ancora immerso nel verde, nei sutra recitati ritmicamente, e nelle campana sacra i cui rintocchi ci riportano in un'epoca lontana.
Prima di richiudere quella sottilissima porta scorrevole, Titti ha scattato una foto di quella stanza che ci ha accolti con cosi' tanta pace e serenita' e in cui abbiamo assaporato delle squisitezze - e' proprio il caso di dirlo - divine.

Ma il ricordo di quell'effluvio d'incenso che ci aveva inizialmente accolte non mi ha abbandonata, e... (domani ci sara' il seguito).
Alcuni giorni fa ho ricevuto uno splendido premio da una lettrice di Biancorosso, Mref, e che ringrazio di cuore! Accetto con grande onore il tuo premio cara Mref, e prossimamente lo distribuiro' ad alcuni dei miei blog preferiti!
Grazie di cuore!