Era una giunchiglia. Attorno a lei c'erano altre piantine, ma lei era l'unico fiore in quella parte di giardino.
Ho osservato la giunchiglia per alcuni minuti senza riuscire a distogliere lo sguardo; era quasi come se mi avesse un po' ipnotizzata. I raggi di sole del primo pomeriggio le avevano regalato un'aura di delicata magia, accentuandone i tenui colori.
La giunchiglia solitaria, pero', aveva un'aria stanca e fragile. Cosi' ho pensato di prendere la macchina fotografica e di andare in giardino a far compagnia a quel fiore cosi' solo.
Mi sono avvicinata alla giunchiglia e, quasi temendo di disturbarla col rumore dei miei passi su quella terra gia' un po' secca, ho cercato con grande delicatezza di trovare la posizione giusta per scattare una fotografia che immortalasse un briciolo della sua bellezza.
Un dono improvviso della terra, nato da un seme che - chissa' - forse e' stato accompagnato dal vento.
Oramai i fiori di ciliegio stanno sempre piu' adornando le strade del bel Giappone, e i loro delicati colori mi fanno nuovamente apprezzare il valore puro della vita. Lo so, forse vi sembrera' un'esagerazione, ma quando mi ritrovo ad ammirare un fiore non riesco a non sentirmi felice.
Ieri, dopo essermi preparata per diverso tempo, ho dato un esame per un corso intitolato Advanced Expository Writing, un lungo ed appassionante capitolo del mio percorso accademico.
Mentre m'incamminavo verso l'universita', da lontano ho subito intravisto l'inconfondibile nuvola rosa...quei poetici gruppi di ciliegi che abbelliscono con grazia sempre struggente i viali del corso.
I ciliegi sono davvero alberi particolari: ogni anno, sembrano fiorire quasi all'improvviso. E' come se da un giorno all'altro una mano invisibile desse loro tante tenere pennellate di una tempera rosa quasi bianca. E ieri, infatti, mi hanno nuovamente colta di sorpresa: fino a pochi giorni fa quei rami erano ancora spogli ed erano ancora imbevuti di quell'aria invernale un po' malinconica, mentre ieri quei meravigliosi petali rosa sembravano moltiplicarsi col passare dei secondi e dei minuti.
In questi giorni dovro' assolutamente tentare di catturare un po' di quel fragile e fuggevole splendore attraverso qualche fotografia.
All'universita' ho visto un ragazzo che era andato a dare un esame di filosofia, e che al polso si era messo un お守り omamori viola. Gli omamori sono amuleti shintoisti. Ecco alcuni degli omamori che acquistai la notte del 31 dicembre: qua.
L'ho trovata un'idea molto carina. Spero che l'omamori gli abbia portato fortuna.
Ogni mercoledi' ora mi ritrovo con Sakura. Insieme andiamo a passeggiare, a curiosare in libreria, a sorseggiare caffe' neri fumanti, a guardare le vetrine dei negozi, e a chiacchierare di tante cose.
Sto bene in sua compagnia. E' una persona limpida e onesta. Non sono sempre brava a capire di che pasta siano fatte le persone che mi ritrovo davanti, pero' spesso quando c'e' bonta' nel cuore e il sincero desiderio di fare amicizia allora me ne accorgo.
La settimana scorsa Sakura mi ha portata da 光輪 Koorin, la sua pasticceria giapponese tradizionale preferita. E' da quando era bambina che va li' ad ammirare, con occhi sognanti, quel bancone di vetro colmo di innumerevoli piccole opere d'arte fatte di zucchero, farina, marmellata di azuki e di pasta di riso modellata in mille modi diversi.
C'era una casa di legno scuro, costruita ancora alla vecchia maniera. Era una di quelle case dalla cui finestra ci si aspettava sempre, da un momento all'altro, di udire le note leggere di uno shamisen.
Vicino alla porta di quella casa c'era un grosso pezzo di legno su cui qualche persona molto abile aveva scolpito pazientemente i complessi kanji che componevano il nome della famiglia che li' risiedeva.
Ora quella casa non c'e' piu'. Esiste solo piu' nel mio ricordo. Su quel terreno, a parte qualche cartaccia, c'e' il nulla.
E da settimane, ormai, anche la vecchia bottiglieria Hasegawa che c'e' proprio davanti casa nostra sta ormai andando incontro ad un declino forse inevitabile.
I proprietari della bottiglieria, oltre a vendere liquori, bibite e alcuni semplici alimentari, gestivano anche una piccola tintoria ospitata direttamente nel retro del negozio.
Quasi ogni sera, prima di cena, mio marito attraversava la strada e andava un attimo da Hasegawa a prendere una bottiglia gelata di birra Sapporo o Asahi.
Ma ora anche la bottiglieria Hasegawa sta per diventare un ricordo. Stamattina sono arrivati nuovi operai che, nel giro di poco, hanno iniziato a spaccare muri e a scardinare porte e saracinesche.
Cosi' ho voluto immortalare quello che era rimasto