
Questo maialino che vedete nella foto e' uno di quegli oggetti che sa quasi sempre regalare ai giapponesi un sorriso e la dolcezza di un ricordo.
Questo simpatico animaletto di ceramica si chiama 蚊取り豚 katoributa ed e' uno dei simboli indiscussi
Se ricordate, un po' di tempo fa in questo articoletto vi parlai del 蚊取り線香 katorisenkoo, ossia il tradizionale incenso / zampirone giapponese, nonche' irrinunciabile ed efficace metodo scaccia-zanzare.
Per bruciare il katorisenkoo e' necessario posizionare una di queste spirali verdi sopra una sorta di piedistallo oppure si puo' chiedere aiuto al tradizionalissimo maialino che accompagna - da generazioni - i giapponesi e le loro estati.
Oramai in commercio si trovano tante varianti di questi amati maialini brucia-incenso, ma il katoributa per eccellenza e' proprio come quello che vedete nell'immagine, ossia tutto bianco e con qualche veloce spennellata di verde scuro sul musetto e sulla schiena.






Ma quella parte di congelatore dove solitamente i deliziosi Garigari-kun se ne stanno buoni buoni in attesa di clienti era inaspettatamente ( o forse no) deserta!
Dopo aver accennato una leggera smorfia di disappunto ed essermi velocemente guardata intorno alla ricerca di altri ghiaccioli, mi sono resa conto che il reparto gelati del supermercato era stato letteralmente preso d'assalto. Nel cestello del congelatore erano rimasti alcuni cornetti al cioccolato e panna, qualche coppetta di gelato al matcha, dei biscotti gelato alla vaniglia, e dei classici ghiaccioli alla marmellata di fagioli azuki.
L'estate scorsa avevo assaggiato uno di questi giapponesissimi ghiaccioli a casa dei genitori di Sakura, e mi era piaciuto molto perche' non era eccessivamente dolce e poi naturalmente perche' aveva il caratteristico sapore
E cosi' ne ho acquistato uno, accompagnato da una super-mega raccolta di fumetti


Cosi' ieri pomeriggio ci siamo fatte compagnia, e le ore sono volate tra una chiacchiera e l'altra, tra un caffe' e qualche biscotto, e tra una sakuranbo e l'altra.
Le サクランボ sakuranbo -ossia le ciliegie giapponesi - che mi ha portato Akiko sono queste:


Lunedi' mattina, invece, sono andata con Sakura a fare una passeggiata. L'aria era frescolina grazie ad un temporale che sembrava aver voluto fare un repulisti generale della citta'.
Sakura voleva portarmi in un posto che sicuramente mi sarebbe piaciuto, e cosi' ci siamo incamminate su per una strada costeggiata da boschetti di bambu'.
Da una collinetta s'intravedeva a malapena un'insegna sbiadita e corrosa da una spietata ruggine. L'insegna ci segnalava che eravamo arrivati ad una bottega d'antiquariato giapponese.
L'edificio che ospita la bottega, pero', era tutto sigillato, e l'interno completamente al buio.
Il curioso ed antico edificio era circondato da statue di legno e decine e decine di vasi dalle forme piu' disparate. Alcuni di questi vasi erano colmi d'acqua, mentre altri avevano dato - forse loro malgrado - ospitalita' a piantine i cui semi erano stati trasportati da chissa' dove, magari attraverso uno sbuffo di vento.
Vicino alla porta d'ingresso, un paio di ciabatte blu di gomma. Attaccato alla porta, invece, un messaggio scritto a biro con una calligrafia veloce ed impaziente ci diceva che avremmo dovuto usare la porta d'ingresso posteriore
Dopo esserci scambiate uno sguardo interrogativo, Sakura ed io ci siamo avvicinate al vetro della porta principale e strizzando un po' gli occhi abbiamo cercato di penetrare l'oscurita' in cui era avvolto l'interno della bottega.
Non si vedeva molto, ma quel poco che abbiamo visto e' bastato ad incuriosirci tanto da non voler andare subito via: pile e pile di vecchie scatole accatastate l'un sull'altra; statue di legno; antiche credenze colme di vasi e scodelle; un pianoforte coperto solo da una parte da un telo bianco; koma-inu di marmo; e poi ancora decine e decine di scatole di legno, tutte marchiate con kanji neri.
La curiosita' era troppa e dovevamo per forza trovare il proprietario. Abbiamo cosi' seguito il consiglio indicato sul foglietto appiccicato alla porta, e ci siamo ritrovate davanti noad un'altra porticina grigia vicino cui c'era un campanello non funzionante ed alcuni campanellini di metallo arrugginiti.
Abbiamo suonato il campanello non funzionante, abbiamo suonato le campane arrugginite, abbiamo bussato. Ma niente.
Proprio dirimpetto alla bottega c'e' una vecchia casa giapponese anch'essa completamente circondata dagli stessi vasi che invece adornano in maniera stravagante l'edificio del negozio. Alcune veloci congetture ci hanno portate alla conclusione che - con molte probabilita' - la bottega ed il negozio appartengono alla stessa persona.
Ci siamo avvicinate alla casa sperando di trovare qualcuno a cui chiedere maggiori informazioni sugli orari della bottega. I tanti vasi arrugginiti e le tante lastre di legno buttate un po' qua e un po' la' mi hanno inizialmente fatto credere si trattasse di una casa abbandonata o comunque chiusa da molto tempo, ma mi sbagliavo. Sull'engawa (la veranda delle case tradizionali giapponesi) era stesa della biancheria, e questo ci ha incoraggiate a bussare e a dire ad alta voce il consueto ごめんください! Gomen kudasai! E' permesso?
Pero' nessuna risposta.
Ci siamo quindi voltate con l'intenzione di andar via quando un rumore proveniente dalla casa stessa ha reso tutta la situazione ancora piu' misteriosa.
Sakura ed io, forse per allontanare un po' la paura, ci scambiavamo battute scherzose e dalle nostre chiacchiere continuava a saltar fuori la parola 幽霊 yuurei, ossia spirito o spettro.
Con addosso un po' d'inquietudine e un po' di delusione per non essere riuscite ad esplorare i misteri della bottega, ce ne siamo andate.
Alle nostre spalle la collinetta, la bottega e la casa continuavano ad esistere nel loro silenzio.
Alla storia manca un pezzo che vi raccontero' pero' fra qualche giorno.
Ora vado a vedere a che punto e' il katorisenkoo, e intanto ne accendo uno virtuale anche per il blog.
Buona domenica.