Quando l'aria si fa fredda, ecco che ritorna la voglia di ramen.
Oramai la calda ed afosa estate giapponese e' solo piu' un ricordo, e i primi assaggi autunnali ci hanno fatto riscoprire morbide calze e una coperta comoda ed imbottita per la notte.
Sebbene la voglia di ramen non sparisca mai del tutto, con l'abbassamento delle temperature si fa pero' piu' intensa.
Dei ramen ho parlato tanto qui sul mio blog, e basta infatti cliccare sull'etichetta "ramen" che trovate al fondo di questo articoletto per poter visualizzare tutto cio' che ho scritto in passato a proposito di questa specialita' giapponese di origine cinese.
Sui ramen si potrebbero scrivere centinaia di articoli e addirittura un libro, ma anziche' proporvi cucchiaiate di canoniche spiegazioni enciclopediche, preferisco lasciar parlare l'esperienza e le foto, e magari qualche mia descrizione di posti e persone.
E' importante, pero', ricordarvi che la maggior parte dei ramen shoppu sono attivita' che dimostrano grande esperienza ed orgoglio, ed e' per questo che non troverete mai una scodella di ramen uguale ad un'altra, a meno che non prepariate quelli secchi...ma per quanto anche i ramen secchi siano gustosi, di certo non reggono il paragone. D'altronde, non potrebbe essere altrimenti: sarebbe un po' come paragonare una buona pizza sapientemente preparata e appena sfornata con una pizzetta fresca di....congelatore! Proprio non sono la stessa cosa.
Ricordo che quando abitavamo negli Stati Uniti, venni a conoscenza dei ramen grazie alla loro versione istantanea da pochi centesimi la confezione, reperibili in tutti i supermercati americani....anche quello piu' sgangherato. Mi piaciucchiavano, ma non erano di certo nella lista dei miei cibi preferiti. Anzi, mi chiedevo cosa ci fosse di speciale in quelle mattonelle di spaghettini fritti e secchi che andavano fatti bollire e poi conditi con quelle misteriose polverine salate e marroncine. Mi chiedevo se in quel lontano Giappone fossero davvero cosi' strambi da andar matti per questa robetta qui.
Ma un giorno....guardai un leggendario film intitolato タンポポ Tanpopo* dove, in breve, i ramen hanno un posto d'onore nella sceneggiatura. Non vi racconto la trama perche' vorrei vedeste il film, e quindi per non rovinarvi la sorpresa preferisco limitarmi a dire che dopo aver visto questo splendido capolavoro cinematografico, mi si aprirono...ma che dico...mi si spalancarono le porte del mondo dei veri ramen!
Se fino a quel momento credetti di sapere cosa fossero i ramen, dopo il film dovetti rendermi conto che i veri ramen avevano (e hanno) ben poco a che spartire con le mattonelle secche.
Per placare l'improvvisa voglia di ramen nata durante la visione del film, mi dovetti accontentare di una mattonella di ramen secchi marca Maruchan al pollo, pregustando pero' la ricerca di un ramen shoppu nella nostra citta'.
Nella citta' californiana in cui abitavamo, c'era una grande presenza di giapponesi e di conseguenza un numero non indifferente di ristoranti e negozi (c'era persino Mitsuwa, un grosso supermercato che trattava solo ed esclusivamente articoli nipponici!).
Nonostante cio', i ristoranti giapponesi erano prevalentemente locali specializzati in sushi e teppanyaki, ma di ramen shoppu ce n'erano ben pochi.
Uno di questi, l'Otemoyan Noodle House, era pero' una piccola gemma, un pezzo di orgoglio ramenesco giapponese...fuori dal Giappone.
Dico era perche', purtroppo, l'Otemoyan House ha chiuso i battenti gia' un paio d'anni fa, e l'ultima volta in cui sono passata davanti quel locale, ho visto con grande tristezza che era stato rimpiazzato da una copisteria.
Grazie all'Otemoyan House, mio marito ed io abbiamo avuto il primo assaggio di veri ramen, e l'esperienza fu a dir poco elettrizzante.
Certo, allora non sospettavamo minimamente del fatto che saremmo venuti ad abitare nientepopodimenoche' in Giappone, e che quindi avremmo fatto grandi grandissime scorpacciate di ramen, ma l'Otemoyan House rappresento' per noi il vero inizio a quest'avventura culinaria nel mondo dei ramen.
Come gia' ho scritto in precedenza nei miei articoletti, i ramen shoppu sono ovunque qui in Giappone. I ramen shoppu sono tanti quanti sono i bar in Italia, anzi...di piu'! Ci sono le catene che tentano di standardizzare i sapori e la presentazione dei piatti, uniformando prezzi e la parte estetica dei locali stessi. Le catene offrono un buon pasto a poco prezzo ma...purtroppo sono poco originali e difficilmente si rimarra' colpiti dal sapore del brodo oppure dalla consistenza dei ramen. Le catene puntano alla quantita' e non tanto alla qualita', e quindi sebbene offrano pasti che saziano e che non prosciugano il portafoglio, difficilmente vi regaleranno esperienze memorabili.
C'e' una catena, ad esempio, che vanta i ramen a 299 yen la scodella (quello e' il prezzo di partenza, ma si puo' arrivare tranquillamente oltre se non ci si accontenta dei ramen semplici e di base) che equivalgono, all'incirca, a 1,93 euro. Per 299 yen vi portano uno scodellone traboccante di ramen in brodo, adornati da mezzo uovo sodo, una fetta di maiale arrosto, spinaci lessi e qualche strisciolina di めんま menma, ossia bambu' fermentato.
I ramen di questa catena sono buoni, per carita', e vanno benissimo se si ha fame e se si hanno solo pochi spiccioli da spendere, ma non colpiscono. Saziano, ma non lasciano alcun'impronta.
Per rimanere veramente colpiti bisogna andare nei ramen shoppu a conduzione famigliare, quelli che sono in attivita' da chissa' quante generazioni e che nel pentolone del brodo fanno bollire non solo ingredienti freschissimi e di prima qualita', ma anche un bouquet garni composto da fierezza e vecchie tradizioni.
E' in questi vecchi ramen shoppu dove si trova la maestria nel saper preparare questo piatto dall'aria cosi' umile e senza pretese che, pero', richiede grande bravura.

Quindi, i cinesi dicono assolutamente che i ramen sono un pastrocchio giapponese che tenta di scimmiottare i loro piatti, mentre i giapponesi considerano i ramen una specialita' del vecchio Regno di Mezzo tant'e' che, generalmente, la parola ramen viene scritta in katakana ラーメン, anche se al giorno d'oggi e' comunissimo trovarla scritta in hiragana, soprattutto cosi':
らぁめん
らーめん
Sull'insegna di qualche vecchissimo ristorante si trova la parola ramen scritta addirittura interamente in kanji, oppure con solo la parola men trascritta in kanji:
老麺
らー麺 (cosi' la troverete scritta sull'insegna del ramen shoppu di cui vi parlero' oggi)
I giapponesi considerano i ramen una specialita' cinese tant'e' vero che questi vengono sempre serviti in scodelle dallo stile molto cinese in quanto a decorazioni, colore, forma ecc.
Le mie due scodelle da ramen che vedete in alto, infatti, hanno elementi decorativi cinesi quali il drago, il pavone oppure il bellissimo carattere cinese

Pertanto, non troverete mai i ramen nelle delicate e piccole scodelle laccate da zuppa di miso oppure in altro vasellame tipico della cucina tradizionale giapponese. No, i ramen sono sempre in scodelloni grandi perche' sono un piatto unico che deve saziare e subito, senza ricorrere ad altri piatti e piattini.
Domenica, dopo quasi due giorni di una terribile emicrania che mi ha tenuta a casa, sono riuscita finalmente ad uscire per prendere una boccata d'aria assieme a mio marito. Avevamo fame, e l'aria fredda ci ha fatto venire voglia di ramen. Ci siamo cosi' messi alla ricerca di un ramen shoppu dove non fossimo mai stati prima, e strada facendo ci siamo ricordati di un microscopico locale nascosto in un'addormentata viuzza della sileziosa e quasi grigia cittadina di Hon Atsugi.
Eravamo passati davanti quel locale alcune settimane prima, ed eravamo rimasti colpiti dal numero di persone che, pazientemente, aspettavano in fila il proprio turno.
Non e' tanto il battage pubblicitario dei ramen shoppu a convincere i potenziali clienti, quanto il passaparola e le file di persone in attesa di un posticino su uno dei piccoli sgabelli di legno del ristorante. In zone poco famose e poco movimentate, poi, la presenza di cosi' tante persone in fila davanti ad un ramen shoppu significa una cosa sola: in quel pentolone bolle un brodo da sogno e in quelle scodelle viene versato un pezzo di paradiso che difficilmente si dimentichera'.
Il piccolo ramen shoppu nell'anonima viuzza della grigia ed addormentata Hon Atsugi si chiama 本丸亭 honmaru-tei. Eccolo qui:
Noi abbiamo scattato questa foto poco dopo essere usciti dal locale, e come vedete fuori non c'era gia' piu' nessuno perche' stavano per chiudere, infatti il のれん noren bianco (quella tendina che viene sempre esposta fuori dai locali giapponesi) era gia' stato ritirato. Fino ad una decina di minuti prima, pero', il marciapiede era pieno di persone in un'ordinata fila indiana.
La specialita' di Honmaru-tei sono gli 塩らーめん shio-raamen, ossia ramen al brodo di sale. Il nome, per quanto possa spaventare anche i non ipertesi, in realta' si chiama cosi' perche' non contiene molti condimenti, e soprattutto non contiene salsa di soia, ed e' per questo che il brodo degli shio-ramen in genere e' molto chiaro.
Tutto il menu' di Honmaru-tei e' composto da alcuni variazioni di shio-ramen, gyooza brasati e gyooza bolliti. Purtroppo, pero', quando siamo arrivati noi avevano finito tutti i gyooza!
Ecco i miei honmaru-tei shio-ramen:
Ho poi scoperto che l'erbetta in questione sono foglie di crisantemo giallo!
Le foglioline di crisantemo giallo erano presenti anche nei ramen di mio marito, anzi...erano presenti in tutti i ramen del menu' perche' e' proprio grazie al profumo e al sapore di quest'erbetta cosi' insolita che Honmaru-tei deve il suo successo e la sua popolarita'.
E' proprio l'aggiunta del crisantemo giallo a rendere il brodo cosi' aromatico e cosi' diverso da qualunque altro brodo che abbiamo mai assaggiato!
Ecco qui un crisantemo giallo con le sue profumatissime foglioline commestibili:
