(Foto a sinistra: vista dal balcone di casa mia)Vi scrivo da un Kanagawa luminoso ed abbracciato da un sole caldo che ha il sapore ed il profumo dell'estate.
La foto che vedete qui a sinistra e' cio' che vedo dal balcone della camera da letto, e siccome oggi il tempo e' splendido ho voluto scattare questa fotografia per far si' che possiate anche voi ammirare un pezzo del panorama giapponese che mi accompagna quotidianamente.
Il mio e' un tipico quartiere giapponese composto da tante casette vicinissime le une alle altre, separate solo da vicoletti e da stradine strette.
Le temperature di oggi mi sembravano inimmaginabili fino a ieri quando, quasi improvvisamente, siamo stati colti da un vento fortissimo ed una pioggia altrettanto violenta. Il vento era cosi' impetuoso che ho pensato stesse per sradicare rovinosamente alberi e pali della luce. Fortunatamente, pero', nessuno dei miei funesti pronostici si e' rivelato azzeccato.
Qualcuno nel quartiere sta ascoltando a tutto volume vecchie canzoni giapponesi, vecchi e nostalgici successi musicali del Periodo Shoowa, e sebbene in genere questo tipo di condivisioni sonore forzate m'infastidiscano abbastanza, questa volta ascolto con piacere questi polverosi brani alle cui note sono appesi chissa' quanti ricordi di generazioni passate. Ricordi piacevoli e che commuovono, che fanno battere forte il cuore o che regalano un sorriso accompagnato da uno sguardo rivolto verso l'infinito, verso un punto non preciso perche' e' quello lo sguardo della rievocazione.
Ma chissa', forse ingabbiati in queste sbiadite melodie vi sono anche quei ricordi che si preferirebbe non conservare e che, ritornando a galla, abbuiano un volto sereno di chi sperava soltanto di rammentare magari una persona cara o un luogo amato.
Il ritorno del sole e dei suoi raggi caldi mi fa ritrovare un po' di quell'entusiasmo culinario che mi e' indispensabile se desidero cucinare veramente con il cuore e non solo con le mani. Non avendo dimenticato lo stufato piccante coreano di tofu di cui vi parlai
qui, mi sono procurata gli ingredienti necessari per la ricetta in questione, tutti ingredienti facilmente reperibili in un qualunque supermercato.
Due di questi, pero', essendo fondamentali per la cucina coreana, sono dovuta andare a cercarmeli da Yamaya, splendida catena di forniti supermercati di prodotti d'importazione.
Eccoli qui:

Il barattolo e' un prodotto chiamato
コチュジャン Kochujang (i puristi e conoscitori dell'
Hangugeo 韓國語 perdoneranno la mia grafia forse poco corretta)
ossia una pasta di peperoncini piccanti coreani tritati e mischiati con sale, aglio, cipollotti verdi e un po' di farina di grano usata per addensare il tutto.
Questo
kochujang, da quanto ho capito, e' molto utilizzato nella cucina coreana come base per zuppe ed intingoli vari. Pare, inoltre, vi siano numerose versioni di questo condimento, un po' come accade per il miso.
Dietro il barattolo c'e' l'etichetta in giapponese su cui, e' interessante notare, il prodotto viene descritto come
唐辛子みそ toogarashi-miso, ossia miso di peperoncino piccante anche se di vero miso non c'e' assolutamente traccia. Suppongo, quindi, che in questo caso la parola
miso prenda il significato di pasta / poltiglia.
Nella bustina, invece, c'e' del peperoncino coreano in polvere, altro ingrediente cardine di questa cucina asiatica. Sul pacchetto c'e' scritto, in giapponese:
韓国産唐辛子 Kankokusan toogarashi, ossia peperoncino coreano.
Faro' sicuramente qualche foto al mio stufato di tofu sperando che, ovviamente, il risultato sia soddisfacente.
A proposito di spezie, ieri sera ho riscoperto un libro un po' polveroso e dalle pagine ingiallite, acquistato per davvero pochi yen in uno di quei negozietti di cianfrusagliucole dove si puo' avere la fortuna di scovare piccole gemme insolite e curiose.
Eccolo qua:

Il libro s'intitola
「料理食べもの」ものしり雑学 "Ryoori tabemono" monoshiri zatsugaku, scritto dalla signora
河野友美 Koono Tomomi, presidentessa di un centro ricerche che porta il suo nome e il cui scopo e' quello di attuare appunto ricerche in campo alimentare e merceologico.
Il libro e' una raccolta di tecniche e trucchi vari che dovrebbero risolvere una serie di problemi legati alla cucina ed all'esecuzione di ricette.
Alcuni dei temi affrontati:
- il vero segreto dietro la riuscita di un tempura perfetto
- un insolito utilizzo dello zucchero per far rinvenire cibi essiccati
- come migliorare le proprie ricette attraverso l'uso della pentola a pressione (in giapponese chiamata
圧力鍋 atsuryoku-nabe)
- la preparazione casalinga del miso (capitolo degnissimo di nota!)
- l'uso di un goccio d'olio vegetale per migliorare la cottura del riso al vapore
- quali sono gli spaghetti che richiedono sale durante la cottura e quali, invece, non lo richiedono (a tal proposito, vi rimando ad
un mio vecchio articoletto)
- Perche' e' cosa buona e giusta aggiungere dell'acqua sulle uova al tegamino?
Ecc. ecc.
Un libretto davvero interessante e pieno zeppo di consigli utili e tecniche insolite ma da provare sicuramente.
Uno di questi capitoletti ha catturato la mia attenzione proprio ieri sera: l'uso corretto delle spezie occidentali e cinesi. Naturalmente, non bisogna dimenticare che il libro in questione e' rivolto ad un pubblico giapponese e quindi cio' che a noi puo' sembrare scontato per le persone di qui non lo e' affatto.
Grazie al capitolo di questo libro ho imparato cose nuove e a cui non avevo mai prestato la dovuta attenzione. Ad esempio, l'autrice spiega chiaramente la differenza sostanziale che intercorre tra le spezie occidentali (comprese quelle cinesi) e quelle giapponesi:
Koono-sensei sostiene che le spezie occidentali diano il meglio di se' quando sono mischiate, mentre quelle giapponesi sia possibile valorizzarle solo utilizzandole individualmente.
A tal proposito, l'autrice fa un esempio: se mischiamo del pepe macinato con semi di senape tritati otterremo sicuramente un risultato fragrante e che si prestera' a meraviglia per insaporire della carne o altro,
Invece, mischiando del
wasabi con del
sanshoo il risultato non sara' affatto piacevole.
Non ho mai provato a mischiare il wasabi con il
sanshoo per cui non so con certezza quale possa essere il risultato della loro unione, ma immagino un'inevitabile dominazione del wasabi sul
sanshoo.
L'autrice, pero', mi trova in disaccordo su alcune sue teorie secondo cui le spezie occidentali mal si presterebbero a far da primadonna. Non credo proprio. Gli esempi da citare sono numerosi, ma mi basta pensare ad un'umile ma deliziosa pasta al burro a cui, se si aggiunge una macinata di pepe nero, la musica cambia drasticamente passando da un valzer lento ad una polca rapidamente allegra.
Koono-sensei inoltre spiega il motivo per cui la cucina giapponese tradizionale, in realta', sia molto povera di spezie paragonata alle cucine europee o altre cucine asiatiche: l'autrice trova la sua risposta interrogando la storia e accorgendosi che un tempo il Giappone, tutto sommato e tenendo conto di alcune eccezioni, ha sempre goduto di abbondanti raccolti e di invidiabili quantita' di pesce fresco, e questo ha fatto si' che sin dal principio i giapponesi imparassero a maneggiare questi ingredienti con rispetto per il loro sapore naturale, senza quindi il desiderio di alternarne ne' odori ne' gusti.
Effettivamente, esaminando piu' da vicino la cucina tradizionale (ignorando, quindi, tutte le influenze occidentali e non) ci si accorge di come le spezie siano talmente poche da poter essere contate sulle dita di una o due mani.
Nella cucina tradizionale le spezie contemplate sono alcune varieta' di zenzero, il
wasabi, il
sanshoo, lo
shichimi toogarashi, e poco altro.
Curiosando nel mio cestino delle spezie (contenente qualche spezia indigena, italiana, cinese, indiana, ecc.) ho trovato il mio botticino di
sanshoo. Il
sanshoo e' un profumato pepe giapponese verdastro, dal piacevole sapore agrumato. Per tradizione, lo si usa per insaporire l'anguilla alla piastra e servita con del riso al vapore.

Dal mio stracolmo cestino spunta anche un bellissimo barattolino di metallo di
七味唐辛子 shichimi-toogarashi, un delizioso misto composto solitamente da peperoncino frantumato, nori, semi di papavero, semi di sesamo, scorza essiccata di mandarino, zenzero.
Lo
shichimi-togarashi (il nome significa "il peperoncino dai sette sapori") affonda le proprie radini nel Giappone del Periodo Edo in cui moltissimi erano i commercianti di spezie che si dedicavano alla preparazione di fantasiose e creative miscele di
toogarashi.

Al discorso sull'abbondanza di materie prime freschissime qui in Giappone, l'autrice aggancia la propria teoria secondo cui in Europa, come in Cina, durante il Medioevo a causa della scarsa disponibilita' d'ingredienti freschi e le varie ondate di pestilenze che decimavano vaste fette di popolazione, l'uso di quante piu' spezie possibili fosse il metodo principe per la conservazione soprattutto di carni e pesci. Le spezie, quindi, grazie alle loro proprieta' disinfettanti e conservanti, si sarebbero impadronite di un posto d'onore nelle tradizioni gastronomiche europee e cinesi diventando ingredienti insostituibili.
Non ritenendomi adeguatamente preparata su temi di storia medioevale non mi sento certamente all'altezza per smentire o confermare quanto espresso da
Koono-sensei; pur tuttavia, direi che il lungo isolamento giapponese dal resto del mondo non ha di certo contribuito all'ampliamento del repertorio di spezie del Sol Levante, e che quindi la presenza di piu' spezie dalle
nostre parti e' stato frutto anche d'importanti scambi commerciali e non solo una conseguenza dovuta alla difficoltosa reperibilita' di ingredienti freschi o dalla necessita' di difendersi da contaminazioni varie.
Questo non significa che la cucina giapponese sarebbe stata migliore se avesse potuto, fin da tempi remoti, includere nel proprio repertorio spezie di vario genere. Ma neanche per idea. Anzi! Senza nulla togliere alle cucine occidentali e cinesi (ognuna delle quali, a mio avviso, degna di nota), la cucina giapponese ha saputo affinare e far propria la complessa arte del saper mettere in risalto i sapori semplici di un cibo, senza ne' mascheramenti ne' trucchi magici. E non e' certo un traguardo trascurabile!
Concludo l'articoletto di oggi con un'altra immagine di casa mia, ma questa volta di un pezzetto assolato del nostro giardino.
Buona settimana a tutti voi che leggete Biancorosso Giappone!