domenica, giugno 01, 2008

Contemplazioni tokyote

Ieri e' stato l'ultimo giorno di maggio.

Finisce maggio, ed in parte inizia a concludersi il capitolo primaverile dell'anno.

Quando inizia giugno, comincio ad intravedere l'estate e tutto cio' che essa si porta appresso:

lunghe giornate di sole cocente
bevande ghiacciate
corroboranti fette d'anguria
coloratissimi uchiwa
sandali
magliette a maniche corte
crema per il sole nella borsetta
capelli perennemente legati a coda di cavallo
l'odore dell'asfalto rovente
volti accaldati
l'aria condizionata nei metro' e nei negozi
sfilate di giapponesi in stupendi yukata

Ma ieri, il tempo e' stato brutto tutto il giorno, quasi come se volesse ricordarci che era ancora maggio per poco, e che l'indomani avremmo voltato pagina per ritrovarci mano nella mano con un giugno pieno di brio.

Ieri stentavo a credere che fosse comunque maggio perche' il freddo, il cielo plumbeo e il vento mi avevano a momenti convinta di essere tornata alle giornate quasi invernali di settembre.

Dal binario della nostra stazione del treno, abbiamo fotografato le risaie che vedete in alto a sinistra.
Nonostante l'inaspettata ondata di freddo e la pioggia incessante, tre contadini, avvolti in impermeabili, lavoravano le terre che circondano le risaie.

Il treno, che dopo pochi minuti e' arrivato, ci ha portati dritti fino a Chigasaki dove, dalla linea Tokaido, abbiamo preso l'espresso per Tokyo.

La pioggia ha continuato imperterrita tutto il giorno, e bastava guardarsi intorno per vedere che non ero l'unica a pensare di essere tornata alla stagione fredda: quasi tutti indossavano giacche, giacconi, impermeabili, maglie ed altri indumenti spessi.

I chioschi di ramen erano piu' affollati del solito: una zuppa calda e saporita e' un infallibile rimedio anti-freddo che non conosce bandiera.

Arrivati alla stazione centrale di Tokyo, siamo scesi e ci siamo gradualmente uniti alla folla che dal binario si dirigeva sveltamente verso l'uscita, diramandosi in piu' gruppi.

La zona del Palazzo Imperiale e' stata la nostra destinazione perche', proprio da quelle parti, si trova un ristorante che ci incuriosiva da tempo.
Purtroppo, una volta arrivati davanti al locale ci siamo accorti che aveva appena chiuso - anche se c'e' veramente da domandarsi come possa un locale, nel cuore di Tokyo, chiudere il sabato pomeriggio. Piccoli interrogativi senza risposta.

Un po' avviliti, abbiamo fatto dietrofront, e siamo ritornati nei pressi della stazione dove abbiamo trovato un piccolo ma accogliente ristorante italiano.
Abbiamo deciso di fermarci li' a pranzare.
Abbiamo cosi' potuto riposarci un attimo, e godere della pace e tranquillita' che regnavano in quella gradevole sala ristorante ben arredata e dalle pareti di un tenue color albicocca.

Poco distante dal nostro tavolo, c'erano due signori giapponesi di mezza eta'; uno era magrissimo, rosso in viso, col naso adunco, i capelli brizzolati e leggermente ondulati, e che indossava abiti di sartoria piuttosto eleganti.
L'altro, invece, aveva una corporatura un po' robusta, capelli grigi tagliati a spazzola, ed indossava, con fare abbastanza rilassato, una camicia a maniche corte, e aveva al collo un porta-badge blu.

Amo osservare persone e luoghi, non tanto per invadenza quanto per il sincero desiderio di scoprire cio' che mi circonda, attraverso i miei occhi, ed attraverso riflessioni mie personali.
Tante volte, basta veramente guardarsi attorno, grattando un po' la superficie di cio' che vediamo per scoprire tante piccole verita' illuminanti.

I due signori conversavano amichevolmente e pasteggiavano con crescente appetito.

A prima vista, o senza una piu' approfondita riflessione, potevano sembrare semplicemente due amici o conoscenti che, seduti comodamente al tavolo di un bel ristorante, si scambiavano chiacchiere ed opinioni fra una quattro stagioni ed una capricciosa.

In un certo senso, lo scambio di opinioni era in corso, ma osservando i due signori, ponendo attenzione soprattutto ai loro gesti, ho capito che i due appartenevano allo stesso ambiente lavorativo; ma non si trattava di due semplici colleghi di lavoro in pausa pranzo: fra i due c'era una distanza ben precisa e scrupolosamente scandita dai ruoli imposti dalle rigide gerarchie esistenti all'interno delle aziende giapponesi.

L'uomo magro sembrava aver parecchio appetito, ma al contempo, non volendo dare l'impressione di essere un ingordo o di non essere particolarmente interessato alle chiacchiere del suo interlocutore, mangiava lentamente e prima di fare il bis o il tris, aspettava che l'altro prendesse l'iniziativa e si servisse, dopodiche' procedeva a riempirsi parcamente e nuovamente il piatto.

Abbastanza frequentemente, il signore magro posava forchetta e coltello, appoggiava le mani sul tavolo, ed abbassando umilmente lo sguardo e piegando il busto in avanti, faceva un inchino all'uomo robusto.
Questi inchini sembravano accadere con una certa frequenza, ma non venivano mai ricambiati.

L'uomo robusto non dava l'idea di essere granche' interessato alla conversazione, e aveva l'aria di essere rilassato e abbastanza assorto nei suoi pensieri.

Dal modo in cui questi due uomini comunicavano, sia a gesti che a parole, si faceva sempre piu' chiaro il loro rapporto di subordinazione gerarchica che vedeva a capo l'uomo robusto e dall'aria assente, e forse un po' insolente.

L'uomo magro appariva abbastanza teso, e chissa', forse anelava ad una tregua, per quanto breve.
Quella tregua e' giunta poco dopo, quando l'uomo robusto si e' alzato per andare alla toilette.

In quel momento, ho visto che l'uomo magro ha cambiato espressione e ha cominciato a rilassarsi, prendendo forse fiato e preparandosi psicologicamente al resto di quell'incontro.
Ha approfittato dell'assenza dell'uomo robusto per sorseggiare con gusto un po' di quel vino rimasto, fino a quel momento, indisturbato nel bicchiere.
Questa tregua gli ha dato l'opportunita' persino di asciugarsi un po' la fronte imperlata di sudore, e di fare una veloce telefonata a qualcuno.

Ma l'uomo robusto e' tornato dopo un breve lasso di tempo, e tutto ha ripreso ad essere come prima: gli inchini frequenti da seduto dell'uomo magro, lo sguardo assente del suo interlocutore, e le doverose attese fra un bis ed un tris.

Dopo aver terminato il nostro piacevole pasto, siamo ritornati per le strade della grigia e piovosa Tokyo di ieri, vagando senza una meta precisa.
Quasi senza pensare, siamo entrati nel grande edificio Marunouchi, antistante la stazione centrale di Tokyo.

Quest'edificio e' abbastanza alto, e al suo interno ospita boutique e ristoranti di alta classe.
Su ogni piano ci si trova in un nuovo paradiso dello shopping costoso e sofisticato.

Al terzultimo piano, abbiamo deciso di fermarci per un caffe' in un elegante caffetteria con vista sul corso principale che collega la grande stazione all'ingresso che conduce al Palazzo Imperiale.
Sul menu' di questa raffinata caffetteria, compariva una tipica specialita' della mia citta', Torino, e che e' stata sicuramente una sorpresa tanto inaspettata quanto gradita: il bicerin.
La storica bevanda torinese a base di caffe' espresso caldissimo, cioccolato e panna liquida, appariva su quel lucido menu' di quel raffinato locale tokyota facendomi, per un attimo, battere forte il cuore d'orgoglio per la mia citta'.

E come non potevamo ordinarne almeno uno? Un bicerin e un caffe' macchiato, onegaishimasu.
Entrambe le bevande erano straordinarie e preparate con quel desiderio di perfezione squisitamente nipponico.

Dopo essere arrivati al penultimo piano, abbiamo scoperto un vero labirinto composto da piccole taverne ed esclusivi ristorantini a luci soffuse.
Una lunghissima terrazza faceva il giro di tutto il perimetro del piano, e regalava una vista spettacolare.
Siamo subito andati su questo terrazzo a fare qualche foto. Da li', si vede l'edificio della stazione di Tokyo e i lavori attualmente in corso:

E volgendo lo sguardo in direzione del Palazzo Imperiale:

Da lassu' l'aria sembrava meno umida, e aveva il profumo di Tokyo, un profumo che e' difficile da spiegare.
Tokyo sa di citta' in movimento, di alberi e di fiori, di cemento, di traffico. Sa di pesce alla piastra, di pollo allo spiedo, di ruote del treno che passano sui binari, di gente che va e viene con fretta o con calma.

Da lassu', la grande Tokyo fa battere forte il cuore. Batte il cuore perche' e' una capitale viva, in continuo movimento, in costante rinnovamento, ma che al tempo stesso conserva gelosamente la propria essenza e la propria anima pura e nobile.

Da lassu', guardavo il panorama pensando a dove mi trovavo in quel momento, cioe' nel cuore di questa immensa capitale che sa essere grande tanto da inghiottire chiunque, ma che, al tempo stesso, sa essere deliziosamente provinciale, facendo dimenticare a chi la visita di trovarsi fra le braccia di questa sconfinata metropoli.

Maggio non poteva concludersi in modo migliore.

E giugno non poteva iniziare in modo piu' giapponese, cioe' con il ritmico canto dei minmin-zemi, iniziato un paio d'ore fa.

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Hanno parecchio incuriosito anche me quei due personaggi molto distinti sicuramente penso anche io che fosse un incontro di lavoro molto formale magari uno dei due doveva essere assunto o ottenere un finanziamento (scusa la mia mente vola!!) oggi son stanchissima io h o inaugurato il primo giugno con la sagra delle ciliegie che non m ha delusa anzi.
Mamma che edificio imponente avete visitato è sempre bello andar a Tokio vero? Caspita sbaglio o in uno dei caffè ho visto un cuoricino bianco? beh devo dire che i Giapponesi con l'arte hanno molto a che fare davvero impeccabili. Buona domenica

Anonimo ha detto...

...E fa battere forte il cuore leggere le tue parole.
Grazie di farci partecipi di questa magia.
Stefania.

Claudia ha detto...

Mari,quando leggo il tuo blog ho sempre gli occhi lucidi!
Anche qui stamattina il tempo è uggioso, e ti leggo sorseggiando un tazzone di nescafè.
Un abbraccio^^

Hobbit84 ha detto...

la settimana scorsa ho,per caso, scoperto questa piccola meraviglia che è il tuo blog, e da allora ho trascorso le giornate a leggermelo tutto, dal primo all'ultimo post.Grazie, perchè mi hai permesso di viaggiare e di conoscere un po' in più questo meraviglioso paese che da sempre mi affascina tanto. Grazie, perchè mi hai regalato tante emozioni bellissime. Grazie, perchè le tue riflessioni e i tuoi racconti, le tue descrizioni mi hanno fatto scoprire piccole e grandi cose così distanti ma che le tue parole fanno sentire qui, dietro l'angolo. Questa settimana ho fatto un viaggio da sogno in Giappone, grazie al tuo blog.

Nana ha detto...

ciao!non è la prima volta che passo qui, ma prima di lasciare un commento ho letto quasi tutti i vostri post...

mi piace moltissimo il vostro blog..
il Giappone è la mia passione...e un giorno lo girerò e potrò respirare la sua aria immersa nei suoi paesaggi e usanze...

per adesso mi accontento di respirarlo attraverso blog come il vostro, musica giapponese e amici che lo adorano come me...

continuate così...e se non vi dispiace tornerei volentieri a trovarvi^^

grazie per questo scorcio di vita giapponese...

Mata ne.

Unknown ha detto...

Ciao, mi piace il tuo blog e questo ultimo post è proprio bello(anche se è lungo); condivido molti pensieri (sebbene non sia mai stato in Giappone) e spero di vivere come te questi momenti....quanto vorrei sentire l'odore di Tokyo! le tue parole lo descrivono benissimo, ma vorrei davvero sentirlo.

Francesco

Anonimo ha detto...

Ti ringrazio, perche' le tue parole mi fanno viaggiare nel tempo e nello spazio, quando leggo il tuo blog mi sembra di tornare a casa... Grazie per amare tanto il giappone.
Grazie per farmi sentire orgogliosa di essere giapponese.

Tomatina

Anonimo ha detto...

Ho sempre immaginato così Tokio, non ci sono mai stata ma sno sempre stata convinta che fosse sospesa tra modernità sfrenata e tradizione, provincialismo e amore per il passato :)