mercoledì, maggio 27, 2009

Zaru soba, surippa e varie

(La mia zaru soba di oggi)

Quella piacevole primavera profumata e dall'aria ne' troppo calda ne' troppo fredda sta lentamente diventando un ricordo, ahime'. La terribile estate giapponese avanza inesorabilmente verso di noi promettendo interminabili giornate afose e all'insegna di quella pigrizia che anziche' rilassare, mette di cattivo umore.

Con l'arrivo del caldo inizio anch'io, come tutti, a virare in direzione di cibi freschi e leggeri.
Uno dei miei cibi giapponesi preferiti in assoluto e' la soba, in particolar modo la zaru soba che viene servita fredda.

La zaru soba e' veramente uno dei tanti trucchetti che i giapponesi adottano ogni anno per combattere la noiosa afa spossante dell'estate. La sensazione di sollievo non tarda ad arrivare: gia' dal primo boccone ci si sente decisamente meglio!

So di avervi parlato gia' in passato della soba, come ad esempio qui. Ricordate?

Questa volta, pero', ho preso una scorciatoia incoraggiata dalle prime avvisaglie della pigrizia di cui sopra, e dalla curiosita' destatami da un prodotto trovato di recente da なかや Nakaya, uno splendido supermercato di zona, di quelli vecchia scuola e che vendono ben poco di occidentale.
Questo e' il prodotto:
Sul pacchetto c'e' scritto そばつゆ soba-tsuyu, ovvero la salsina in cui intingere la soba. Sono quindi bustine di questa salsina in polvere e da far sciogliere in acqua calda. I motivi per cui sono stata attratta da questa confezione sono due: il primo e' perche' si tratta di un prodotto in commercio da davvero tanto tempo (e questo gli conferisce un'aura di rispetto), e poi perche' in un angolo del pacchetto appare un marchio con su scritto 江戸前の味 Edo-mae no aji, ossia il sapore tradizionale tokyota. Con il termine 江戸前 Edo-mae in genere s'intendono tutti quei piatti preparati alla maniera tradizionale di Tokyo, seguendo ancora le vecchie ricette e stili del Periodo Edo.

E la soba e' uno dei piccoli gioielli gastronomici che ci arrivano dritti dritti, e pressoche' inalterati, dal Periodo Edo.

Oggi ho utilizzato una soba originaria della Prefettura di Yamagata, accompagnata dalla soba-tsuyu, del porro affettato finemente, una spolveratina di alga nori a striscioline ed una punta di wasabi.

Al posto del porro si puo' usare anche dell'erba cipollina.
E siccome ogni tanto mi diletto ad acquistare vari accessori per la cucina che spesso finiscono non si sa come nel mio dimenticatoio per poi venir riscoperti e rispolverati tempo dopo, ecco il mio colino di bambu' per spaghettini giapponesi. Questo in particolare e' utile per scolare la soba perche' permette di raccoglierla per bene senza dover buttare via l'acqua di cottura.
L'acqua di cottura della soba generalmente non si butta, ma viene servita in una teiera apposita, assieme alla soba cotta. A fine pasto, si versa un po' di quest'acqua nella soba-tsuyu rimanente e si ottiene cosi' un delizioso brodino da sorseggiare con calma.
Ma pare che l'acqua di cottura della soba sia ottima da usare persino per innaffiare le piante!

Rimanendo sempre in tema estivo, l'altro ieri ho acquistato un nuovo paio di surippa, ossia di ciabatte per la casa.
Ormai credo sappiate gia' che nelle case giapponesi non si entra con le scarpe (queste vengono lasciate nel genkan, una specie d'ingresso posizionato ad un livello inferiore rispetto al resto della casa), ma si puo' camminare scalzi - indossando magari dei calzini di cotone - oppure usando le surippa.

In genere, nelle case giapponesi ogni membro della famiglia ha un proprio paio di surippa. Inoltre, si hanno sempre uno o due paia di surippa in piu' per gli ospiti. Oltre alle surippa per casa, vi sono anche quelle da utilizzare in bagno e sul balcone.

Le surippa giapponesi (il nome deriva dall'inglese slipper, ciabatta o pantofola appunto) sono un po' diverse dalle ciabatte nostrane poiche' le prime sono molto piu' delicate dato che sono fatte con del materiale sottile (stoffa e sottilissimi strati di gomma, cuoio o cuoio sintetico). La scelta di materiali cosi' non riflette la scarsa qualita' delle surippa, ma il loro scopo principale: quello di non rovinare i delicati pavimenti delle case giapponesi.
Naturalmente le surippa non durerebbero mezzo secondo se utilizzate per camminare fuori.

Generalmente cambio le mie surippa ad ogni inizio di stagione. Al supermercato di zona ho trovato delle belle 畳スリッパ tatami-surippa, ideali per l'estate! Ecco le mie, adornate da immagini di 手まり temari, ossia della palla da gioco tradizionale giapponese:
Di solito le surippa estive hanno l'interno fatto di tatami perche' mantiene il piede piu' fresco e comodo.

Domenica, durante un rilassante giro in auto assieme a mio marito, siamo capitati in modo del tutto casuale nella meravigliosa Enoshima di cui vi parlai qui.
Dopo aver parcheggiato l'auto in un posto vicino al mare, abbiamo fatto una lunga passeggiata sul molo da cui si puo' ammirare l'antica isola:
L'aria era fresca e profumava di mare, di natura e di tranquillita'. Il canto dei gabbiani regalava quelle piacevoli note che fanno da vera ed insostituibile colonna sonora marittima.
Sul molo alcune persone erano intente a pescare, mentre altre utilizzavano la pesca forse come pretesto per passare un po' di tempo con la propria famiglia o magari in solitudine ad osservare l'orizzonte.
Il vociare allegro di alcuni bambini si mescolava in perfetta armonia con quel canto dei gabbiani che, assieme al calmante suono dell'acqua che va a sbattere contro gli scogli, mi ha fatta sorridere pensando all'autentica bellezza delle piccole cose.
Quelle piccole cose che magari troppo spesso dimentichiamo e trascuriamo, abbagliati forse dal fascino dell'effimero.
La bellezza, per esempio, di un sole del tardo pomeriggio che vanitosamente si specchia nel mare del Giappone, ad Enoshima.
Per concludere, vorrei condividere con voi un'idea che ho avuto. Ancora non ho in progetto nessun viaggio in Italia, pero' la prossima volta che ritorno mi piacerebbe poter organizzare, se vi fa piacere, un piccolo incontro con le persone che leggono questo blog. Che ne pensate? Chi di voi parteciperebbe volentieri, tempo permettendo naturalmente?

martedì, maggio 26, 2009

Un po' d'Italia...in Giappone

Da che ricordi, ho sempre creduto che dopo una giornata (o un periodo) tempestoso arrivasse puntualmente un po' di sole a rinfrancare lo spirito e a ridare quel tanto di ottimismo che basta per non ricadere a terra.

E anche stavolta non mi sbagliavo.

Giorni fa, in seguito ad un problema di salute che mi ha spaventata moltissimo e di cui preferirei non parlare per il momento, sono passata nel giro di brevissimo tempo da uno stato di disperazione ed angoscia ad uno di sollievo e leggerezza. E' non e' stata una leggerezza qualunque, ma quella sensazione di rinascita che pur ridandoti benessere e tranquillita', ti costringe a fermarti a pensare; ti costringe a sederti e a riflettere sui tuoi ritmi e sulle tue abitudini, chiedendoti di rivederne qualcuna e sollecitandoti a darti una ridimensionata.

Ci si rende conto all'instante di quanto poco in realta' ci conosciamo, ma ci si rende anche conto che in fondo il corpo e' il nostro miglior alleato perche' ci avverte quando qualcosa non va.

Con questi avvertimenti ben impressi nella mente, mi sono rialzata, ho respirato profondamente e ho ripreso la mia vita dal punto in cui l'avevo lasciata. Questa volta, pero', con un maggior senso di gratitudine verso Qualcuno o Qualcosa per la vita che mi e' stata data, e con la forte consapevolezza che nulla mi e' dovuto.

E sabato e' stata la giornata raggio di sole che mi ha aiutata a chiudere la parentesi buia dei giorni scorsi e a riprendere la mia vita con l'entusiasmo e la curiosita' di sempre.

La settimana scorsa eravamo stati invitati dal nostro amico Dino - primo pizzaiolo alla mitica pizzeria Tonino di Tokyo - ad un party privato che si sarebbe tenuto nei locali del ristorante, sabato sera. La serata era stata organizzata in occasione della cerimonia ufficiale di consegna del prestigioso marchio dell'AVPN (Associazione Vera Pizza Napoletana) alla pizzeria Tonino, ma e' stato contemporaneamente anche un modo, da parte dei gestori del ristorante, d'introdurre e quindi affiancare un nuovo menu' di alta cucina al menu' tradizionale (primi, secondi, pizze, ecc.).

Ecco una foto scattata sabato sera. Qui vedete uno degli apprendisti pizzaioli giapponesi all'opera:
Noi ospiti siamo stati, infatti, deliziati da vassoi su vassoi di meravigliose squisitezze tra cui filetti di branzino alla griglia con pate' di pomodori e carote, fagottini di pasta fritta con asparagi e con ripieno ai frutti di mare, carne di manzo alla tartara, mezzi paccheri con ripieno ai broccoli, e dei divinissimi baba' artigianali. Naturalmente, oltre tutte queste bonta', non mancavano le deliziose pizze che venivano preparate e sfornate ad una velocita' quasi incredibile!
Ci si poteva servire di tutti i cibi e di tutte le bevande a volonta' e...gratuitamente! Non a caso, infatti, c'era il pienone! Tutti noi che abbiamo ricevuto il preziosissimo invito non ci siamo di certo lasciati scappare questa golosa opportunita'!

A meta' serata c'e' stata una video-conferenza in diretta con la Pizzeria Tonino di Bologna (nelle foto, vedete che c'e' un televisore acceso? Ebbene, eravamo in diretta proprio con la pizzeria bolognese!). Tra l'altro, se c'e' qualche bolognese fra i lettori del blog, vi consiglio di andare a dare un'occhiata alla Pizzeria Tonino della vostra citta'. Ecco qui il link.
E naturalmente se siete a Tokyo, allora scendete alla stazione di 下高井戸 Shimotakaido sulla Keio Line. La pizzeria e' a neanche cinquanta metri dalla stazione.

Ecco ancora qualche foto della serata.
Qui era ancora in corso la diretta con Bologna e la premiazione da parte dell'AVPN:
Il bravissimo apprendista pizzaiolo all'opera:
Uno degli apprendisti (a sinistra) e il mitico Dino alle prese con le pizze:
Ancora pizze in cottura:
E questo e' il bancone dei pizzaioli con tutti gli ingredienti necessari, e in fondo un vassoio su cui erano gia' pronti i piatti per le pizze. La gente era li' che guardava, ma soprattutto aspettava che arrivassero le agognate e profumatissime pizze! Noi non stavano aspettando perche'...stavamo gia' tranquillamente degustando!
Alcuni dei tanti vassoi dei fagottini di pasta fritta con asparagi e ripieno di frutti di mare (solo a rammentarli mi viene l'acquolina in bocca):

Ecco l'angolo delle bevande con vini italiani (sia rossi che bianchi) a volonta', acqua frizzante e naturale, birra Moretti, succhi di frutta e bibite assortite. Scusate la foto un po' mossa.
Ed ecco due brevissimi video della premiazione girati da mio marito. Nel primo, ad un certo punto, in sottofondo si sente mio marito che esordisce con un allegro "Alright!"



A fine serata, prima di andare via, ad ognuno di noi e' stato consegnato un elegante sacchetto contenente una bottiglia di vino rosso italiano. Ecco qui le nostre bottiglie:

Una serata splendida non solo per le squisitezze gustate, ma anche per l'atmosfera accogliente e piacevole che ci ha accolti. E' stato bello venire a contatto con altri italiani lontani da casa con cui scambiare due parole. Per esempio, abbiamo fatto amicizia con un certo Peppe, il pizzaiolo del Pizzorante Spaccanapoli nel grattacielo Sumitomo di Shinjuku. Questo Peppe, a quanto pare, e' un personaggio abbastanza noto nell'ambiente pizzaro. Mio marito l'ha persino trovato su Youtube! Guardate qui e poi qui.
Davvero simpatico questo Peppe! Mi ha detto di essere qua in Giappone da due anni e mezzo e mi ha parlato un po' di come si trova a lavorare qui e della sua vita cosi' giapponese eppure cosi' professionalmente legata all'Italia.

Abbiamo fatto amicizia anche con il signor Luca B. mio corregionale! Infatti, il signor Luca e' piemontese come la sottoscritta, ed e' originario della citta' di Canelli, nonche' una delle capitali mondiali del vino nel mondo! Il signor Luca lavora come chef al ristorante italiano La bisboccia di Shibuya, Tokyo.

Durante la serata ho fatto caso ad un curioso fenomeno di cui non potevo non parlare qui sul blog: siccome la maggior parte degli ospiti erano persone in qualche modo legate all'ambito della ristorazione, molti di loro si sono ritrovati a parlare di lavoro e a scambiarsi consigli su vari aspetti della loro professione. E fin qui nulla di strano. Senonche' ho notato che, via via, quasi tutti hanno iniziato a scambiarsi i propri biglietti da visita.
Certo, lo scambio dei biglietti da visita non e' nulla di nuovo, ma mi ha sorpresa notare come questo scambio sia avvenuto tra italiani ma secondo le ferree regole giapponesi!!

Qui in Giappone lo scambio del biglietto da visita e' un momento fondamentale nei rapporti interpersonali, soprattutto quelli di natura professionale. E' un momento, pero', governato da rigidissime regole di galateo che scandiscono e determinano quasi ogni singolo movimento atto a non offendere l'altra persona e a mostrare sempre il massimo rispetto (indipendentemente dalla propria sincera opinione personale! Ma d'altronde i concetti di 本音 honne e 建前 tatemae sono temi perennemente ricorrenti).

Alcune di queste inflessibili regole obbligano, per esempio, chi riceve un biglietto da visita ad inchinarsi e al tempo stesso a prenderlo con entrambe le mani. Il biglietto, inoltre, non andra' assolutamente infilato magari nella tasca posteriore dei pantaloni o distrattamente in borsetta (o peggio ancora, abbandonato da qualche parte o buttato nell'immondizia, ecc.) ma ad esso bisognera' dedicare un po' d'attenzione per poterlo leggere (o se non altro dare l'impressione di essere interessati anche se in realta' ci si sente del tutto indifferenti) prima di riporlo nel taschino della giacca o in un apposito porta-biglietti da visita da tenere sempre con se'.

Le regole che stabiliscono il galateo dei biglietti da visita sono molte di piu' e quelle da me brevemente descritte non sono che un esempio.
A queste regole ci si abitua in fretta abitando qui in Giappone perche' sono regole che, in fondo, scandiscono anche altri momenti come ad esempio lo scambio di regali o d'inviti.

Mi ha fatto quindi un certo effetto vedere questi italiani che, essendosi probabilmente abituati cosi' tanto alle regole giapponesi del gioco, si sono comportati in modo cosi' consono al contesto in cui si trovano dimostrando non solo il fatto di essersi realmente integrati in questa realta' che li ospita, ma anche di avere rispetto per la cultura del Giappone, una cultura che si puo' criticare finche' si vuole ma che ha regole ben precise a cui solo chi vi si attiene con serieta' e' il vero benvenuto.

Il fenomeno, comunque sia, mi e' apparso curioso proprio perche' e' avvenuto tra italiani e non tra giapponesi o giapponesi ed italiani. Questo dimostra veramente quanto, volenti o nolenti che siamo, la cultura del Paese di residenza ci cambi. Ovviamente il cambiamento non deve sempre e per forza essere negativo, anzi! Si tratta di un cambiamento finalizzato in fondo all'arricchimento della propria sensibilita' e del proprio modo di affrontare la vita. E' un cambiamento che non porta all'obnubilazione delle proprie origini e della propria identita', ma al contrario ne accentua i lati migliori.

Sono anni, ormai, che faccio parte del folto numero d'italiani residenti all'estero, ed e' da molto tempo che faccio proprio caso ad un'altra caratteristica che penso ci contraddistingua e a cui vorrei dedicare, in futuro, qualche riflessione: un forte patriottismo.
E' strabiliante come molti di noi abbiano dovuto ritrovarsi dall'altra parte del globo per imparare ad apprezzare realmente non solo il proprio Paese, ma la sua storia, le sue tradizioni e la sua lingua. E' un fenomeno che avrebbe tutte le carte in regola per qualificarsi come un autentico ed ironico scherzo del destino, ma che in fondo non ha nulla di crudele. Tutt'altro! E' proprio grazie a quest'ardente spirito d'italianita' che molti nostri connazionali lavorano con passione e riescono a portare in tanti Paesi opere e prodotti di cui andare grandemente fieri.

Mi basta davvero osservare ed ammirare il grande lavoro di passione (perche' si tratta soprattutto di passione!) svolto dagli amici della Pizzeria Tonino (o della cara e coraggiosa Niki!). E' un lavoro duro e che richiede non solo grande esperienza, ma un'infinita dose di buona volonta' e pazienza. Richiede l'utilizzo di materie prime di altissima qualita' che pero' hanno costi spesso proibitivi. Pur tuttavia, ogni giorno fanno il possibile affinche' cio' che creano non solo rispecchi i veri canoni della tradizione gastronomica italiana, ma fanno si' che il loro duro lavoro contribuisca in maniera sempre positiva all'immagine degli Italiani nel mondo.

lunedì, maggio 18, 2009

Miscellanea di pensieri e raggi di sole

(Foto a sinistra: vista dal balcone di casa mia)

Vi scrivo da un Kanagawa luminoso ed abbracciato da un sole caldo che ha il sapore ed il profumo dell'estate.

La foto che vedete qui a sinistra e' cio' che vedo dal balcone della camera da letto, e siccome oggi il tempo e' splendido ho voluto scattare questa fotografia per far si' che possiate anche voi ammirare un pezzo del panorama giapponese che mi accompagna quotidianamente.

Il mio e' un tipico quartiere giapponese composto da tante casette vicinissime le une alle altre, separate solo da vicoletti e da stradine strette.

Le temperature di oggi mi sembravano inimmaginabili fino a ieri quando, quasi improvvisamente, siamo stati colti da un vento fortissimo ed una pioggia altrettanto violenta. Il vento era cosi' impetuoso che ho pensato stesse per sradicare rovinosamente alberi e pali della luce. Fortunatamente, pero', nessuno dei miei funesti pronostici si e' rivelato azzeccato.

Qualcuno nel quartiere sta ascoltando a tutto volume vecchie canzoni giapponesi, vecchi e nostalgici successi musicali del Periodo Shoowa, e sebbene in genere questo tipo di condivisioni sonore forzate m'infastidiscano abbastanza, questa volta ascolto con piacere questi polverosi brani alle cui note sono appesi chissa' quanti ricordi di generazioni passate. Ricordi piacevoli e che commuovono, che fanno battere forte il cuore o che regalano un sorriso accompagnato da uno sguardo rivolto verso l'infinito, verso un punto non preciso perche' e' quello lo sguardo della rievocazione.
Ma chissa', forse ingabbiati in queste sbiadite melodie vi sono anche quei ricordi che si preferirebbe non conservare e che, ritornando a galla, abbuiano un volto sereno di chi sperava soltanto di rammentare magari una persona cara o un luogo amato.

Il ritorno del sole e dei suoi raggi caldi mi fa ritrovare un po' di quell'entusiasmo culinario che mi e' indispensabile se desidero cucinare veramente con il cuore e non solo con le mani. Non avendo dimenticato lo stufato piccante coreano di tofu di cui vi parlai qui, mi sono procurata gli ingredienti necessari per la ricetta in questione, tutti ingredienti facilmente reperibili in un qualunque supermercato.
Due di questi, pero', essendo fondamentali per la cucina coreana, sono dovuta andare a cercarmeli da Yamaya, splendida catena di forniti supermercati di prodotti d'importazione.
Eccoli qui:
Il barattolo e' un prodotto chiamato コチュジャン Kochujang (i puristi e conoscitori dell'Hangugeo 韓國語 perdoneranno la mia grafia forse poco corretta) ossia una pasta di peperoncini piccanti coreani tritati e mischiati con sale, aglio, cipollotti verdi e un po' di farina di grano usata per addensare il tutto.
Questo kochujang, da quanto ho capito, e' molto utilizzato nella cucina coreana come base per zuppe ed intingoli vari. Pare, inoltre, vi siano numerose versioni di questo condimento, un po' come accade per il miso.
Dietro il barattolo c'e' l'etichetta in giapponese su cui, e' interessante notare, il prodotto viene descritto come 唐辛子みそ toogarashi-miso, ossia miso di peperoncino piccante anche se di vero miso non c'e' assolutamente traccia. Suppongo, quindi, che in questo caso la parola miso prenda il significato di pasta / poltiglia.

Nella bustina, invece, c'e' del peperoncino coreano in polvere, altro ingrediente cardine di questa cucina asiatica. Sul pacchetto c'e' scritto, in giapponese: 韓国産唐辛子 Kankokusan toogarashi, ossia peperoncino coreano.

Faro' sicuramente qualche foto al mio stufato di tofu sperando che, ovviamente, il risultato sia soddisfacente.

A proposito di spezie, ieri sera ho riscoperto un libro un po' polveroso e dalle pagine ingiallite, acquistato per davvero pochi yen in uno di quei negozietti di cianfrusagliucole dove si puo' avere la fortuna di scovare piccole gemme insolite e curiose.
Eccolo qua:
Il libro s'intitola 「料理食べもの」ものしり雑学 "Ryoori tabemono" monoshiri zatsugaku, scritto dalla signora 河野友美 Koono Tomomi, presidentessa di un centro ricerche che porta il suo nome e il cui scopo e' quello di attuare appunto ricerche in campo alimentare e merceologico.
Il libro e' una raccolta di tecniche e trucchi vari che dovrebbero risolvere una serie di problemi legati alla cucina ed all'esecuzione di ricette.

Alcuni dei temi affrontati:

- il vero segreto dietro la riuscita di un tempura perfetto
- un insolito utilizzo dello zucchero per far rinvenire cibi essiccati
- come migliorare le proprie ricette attraverso l'uso della pentola a pressione (in giapponese chiamata 圧力鍋 atsuryoku-nabe)
- la preparazione casalinga del miso (capitolo degnissimo di nota!)
- l'uso di un goccio d'olio vegetale per migliorare la cottura del riso al vapore
- quali sono gli spaghetti che richiedono sale durante la cottura e quali, invece, non lo richiedono (a tal proposito, vi rimando ad un mio vecchio articoletto)
- Perche' e' cosa buona e giusta aggiungere dell'acqua sulle uova al tegamino?

Ecc. ecc.

Un libretto davvero interessante e pieno zeppo di consigli utili e tecniche insolite ma da provare sicuramente.

Uno di questi capitoletti ha catturato la mia attenzione proprio ieri sera: l'uso corretto delle spezie occidentali e cinesi. Naturalmente, non bisogna dimenticare che il libro in questione e' rivolto ad un pubblico giapponese e quindi cio' che a noi puo' sembrare scontato per le persone di qui non lo e' affatto.

Grazie al capitolo di questo libro ho imparato cose nuove e a cui non avevo mai prestato la dovuta attenzione. Ad esempio, l'autrice spiega chiaramente la differenza sostanziale che intercorre tra le spezie occidentali (comprese quelle cinesi) e quelle giapponesi: Koono-sensei sostiene che le spezie occidentali diano il meglio di se' quando sono mischiate, mentre quelle giapponesi sia possibile valorizzarle solo utilizzandole individualmente.
A tal proposito, l'autrice fa un esempio: se mischiamo del pepe macinato con semi di senape tritati otterremo sicuramente un risultato fragrante e che si prestera' a meraviglia per insaporire della carne o altro,
Invece, mischiando del wasabi con del sanshoo il risultato non sara' affatto piacevole.

Non ho mai provato a mischiare il wasabi con il sanshoo per cui non so con certezza quale possa essere il risultato della loro unione, ma immagino un'inevitabile dominazione del wasabi sul sanshoo.

L'autrice, pero', mi trova in disaccordo su alcune sue teorie secondo cui le spezie occidentali mal si presterebbero a far da primadonna. Non credo proprio. Gli esempi da citare sono numerosi, ma mi basta pensare ad un'umile ma deliziosa pasta al burro a cui, se si aggiunge una macinata di pepe nero, la musica cambia drasticamente passando da un valzer lento ad una polca rapidamente allegra.

Koono-sensei inoltre spiega il motivo per cui la cucina giapponese tradizionale, in realta', sia molto povera di spezie paragonata alle cucine europee o altre cucine asiatiche: l'autrice trova la sua risposta interrogando la storia e accorgendosi che un tempo il Giappone, tutto sommato e tenendo conto di alcune eccezioni, ha sempre goduto di abbondanti raccolti e di invidiabili quantita' di pesce fresco, e questo ha fatto si' che sin dal principio i giapponesi imparassero a maneggiare questi ingredienti con rispetto per il loro sapore naturale, senza quindi il desiderio di alternarne ne' odori ne' gusti.

Effettivamente, esaminando piu' da vicino la cucina tradizionale (ignorando, quindi, tutte le influenze occidentali e non) ci si accorge di come le spezie siano talmente poche da poter essere contate sulle dita di una o due mani.
Nella cucina tradizionale le spezie contemplate sono alcune varieta' di zenzero, il wasabi, il sanshoo, lo shichimi toogarashi, e poco altro.

Curiosando nel mio cestino delle spezie (contenente qualche spezia indigena, italiana, cinese, indiana, ecc.) ho trovato il mio botticino di sanshoo. Il sanshoo e' un profumato pepe giapponese verdastro, dal piacevole sapore agrumato. Per tradizione, lo si usa per insaporire l'anguilla alla piastra e servita con del riso al vapore.
Dal mio stracolmo cestino spunta anche un bellissimo barattolino di metallo di 七味唐辛子 shichimi-toogarashi, un delizioso misto composto solitamente da peperoncino frantumato, nori, semi di papavero, semi di sesamo, scorza essiccata di mandarino, zenzero.
Lo shichimi-togarashi (il nome significa "il peperoncino dai sette sapori") affonda le proprie radini nel Giappone del Periodo Edo in cui moltissimi erano i commercianti di spezie che si dedicavano alla preparazione di fantasiose e creative miscele di toogarashi.
Al discorso sull'abbondanza di materie prime freschissime qui in Giappone, l'autrice aggancia la propria teoria secondo cui in Europa, come in Cina, durante il Medioevo a causa della scarsa disponibilita' d'ingredienti freschi e le varie ondate di pestilenze che decimavano vaste fette di popolazione, l'uso di quante piu' spezie possibili fosse il metodo principe per la conservazione soprattutto di carni e pesci. Le spezie, quindi, grazie alle loro proprieta' disinfettanti e conservanti, si sarebbero impadronite di un posto d'onore nelle tradizioni gastronomiche europee e cinesi diventando ingredienti insostituibili.

Non ritenendomi adeguatamente preparata su temi di storia medioevale non mi sento certamente all'altezza per smentire o confermare quanto espresso da Koono-sensei; pur tuttavia, direi che il lungo isolamento giapponese dal resto del mondo non ha di certo contribuito all'ampliamento del repertorio di spezie del Sol Levante, e che quindi la presenza di piu' spezie dalle nostre parti e' stato frutto anche d'importanti scambi commerciali e non solo una conseguenza dovuta alla difficoltosa reperibilita' di ingredienti freschi o dalla necessita' di difendersi da contaminazioni varie.

Questo non significa che la cucina giapponese sarebbe stata migliore se avesse potuto, fin da tempi remoti, includere nel proprio repertorio spezie di vario genere. Ma neanche per idea. Anzi! Senza nulla togliere alle cucine occidentali e cinesi (ognuna delle quali, a mio avviso, degna di nota), la cucina giapponese ha saputo affinare e far propria la complessa arte del saper mettere in risalto i sapori semplici di un cibo, senza ne' mascheramenti ne' trucchi magici. E non e' certo un traguardo trascurabile!

Concludo l'articoletto di oggi con un'altra immagine di casa mia, ma questa volta di un pezzetto assolato del nostro giardino.
Buona settimana a tutti voi che leggete Biancorosso Giappone!

venerdì, maggio 15, 2009

Gattini di legno, foglie di te' e varie

Questi due gattini di legno che vedete nella foto a sinistra sono due oggetti un po' particolari e di cui vorrei parlarvi.

Li comprai in un negozietto in un vicoletto un po' nascosto, a Kamakura, questo giorno qui.
Trovai i due felini di legno particolarmente simpatici tant'e' che, una volta ritornata a casa, decisi di dedicar loro un posto d'onore sul davanzale della finestra del mio salotto.

Quasi istintivamente, senza nemmeno pensarci troppo, li posizionai in modo che col musetto fossero rivolti verso l'esterno.

Tempo dopo, poco prima dell'arrivo della mia famiglia per le festivita' natalizie, tornai vicino al davanzale e mi accorsi che i gattini sembravano avere uno sguardo emozionato, come se guardando fuori, aspettassero con ansia qualcuno. Ecco che da allora decisi che questi gattini col musetto rivolto verso l'esterno avrebbero simboleggiato un po' il mio senso di nostalgia per i miei famigliari e per l'Italia.

Infatti, dopo l'arrivo dei miei famigliari, ho girato i gattini verso l'interno. Oramai non stavano piu' aspettando nessuno. Ma dopo la partenza dei miei, ecco che i micetti hanno ripreso a guardar fuori.

Quando mia sorella Annalisa era qui naturalmente i micetti erano girati verso l'interno, per poi rimetterli nella posizione originale una volta riaccompagnata la mia sorellina all'aeroporto.

Mi piace pensare che, grazie ad una loro acutissima vista, riescano a vedere un pezzetto di casa mia.

Qualche settimana fa, in un pomeriggio piovoso e noioso, mi sono casualmente (no, non e' vero) trovata in un'immensa libreria nuova di zecca e che sembrava essere spuntata dal nulla dato che, fino ad un mese o due prima, c'era solo qualche incerto negozio di abbigliamento che evidentemente destava scarso interesse nei passanti.
Il nome della libreria aveva un che di retro-futuristico-nostalgico: City Books.

Naturalmente, esageramente ingorda di libri come sono, non potevo semplicemente rimanere li' impalata a guardare le vetrine e le decine e decine di giapponesi che, come consuetudine, facevano un po' di sano 立ち読み tachiyomi (cioe' lettura in piedi di libri e giornali non ancora acquistati. Fenomeno malvisto in Italia, ma ampiamente tollerato da queste parti). E cosi' sono entrata a fare un giretto di perlustrazione libresco, senza fretta e senza nessun titolo preciso in testa.

Senza nemmeno farlo apposta (no, non e' vero) mi sono ritrovata tra i ricettari e i vari libri per la casa. Nel giro di pochi minuti, avevo gia' addocchiato una decina di volumetti interessanti e che avrebbero senz'altro arricchito la mia piccola libreria personale.

Fortunatamente, pero', mi sono velocemente data una ridimensionata; d'altra parte, ogni giretto in libreria non si puo' tradurre in altre quintalate di volumi da sgobbarsi fino a casa, volumi che poi logicamente si ritroveranno impilati sul mio povero comodino zoppo oppure in un qualche angolo della casa, ad attirar vagonate di polvere.
I miei scaffali, ormai stracolmi e con le mensole incurvate, implorano pieta'.

Ecco alcuni miei libri qui in salotto. Tra questi c'e' l'immancabile nuovo acquisto di cui vi parlero' a breve.
Dopo un inesorabile depennaggio dei titoli che si stavano prepotentemente infilando nel mio cestino degli acquisti, mi sono ritrovata con un solo libro: un umile ricettario dedicato interamente agli onigiri o musubi.
Eccolo qui:
Il titolo e' chiaro e lineare: いつものおむすび Itsumo no omusubi, ossia omusubi per ogni occasione.

E le ricette sono ben cento! Quando parlai ad Akiko di questo ricettario, mi guardo' con aria stupita chiedendosi come potessero esserci cosi' tante ricette per un cibo cosi' semplice come gli onigiri. Eppure questo libro contiene varianti molto creative e che spaziano dai temi piu' tradizionali a quelli occidentaleggianti.

Qualche pagina d'esempio? Molto volentieri!

Un onigiri preparato con del takenoko fatto sobbollire in salsa di soia (scusate la foto un po' scura):

Un coreografico onigiri avvolto in una foglia di shiso e alga nori:
E persino un onigiri all'italiana olive, aglio e salsa di soia (condimento tipico della Penisola):
Insomma, c'e' di che sbizzarrirsi con questo ricettario! Le idee proposte sono davvero tante e tutte molto fantasiose. Magari ogni tanto ne sperimentero' qualcuna, documentando naturalmente il tutto qui sul blog.

Diversi giorni fa, mio marito e' rientrato a casa dal lavoro con una piccola borsa di carta molto graziosa e contenente un regalo ricevuto da un suo collega di lavoro.
La borsa conteneva questa scatola:
La scatola ovviamente era ben infiocchettata con quel nastro arancione prima che le mie manine, guidate da entusiasmo ed irrefrenabile curiosita', lo aprissero con la stessa elettrizzante voracita' con cui i bimbi scartano i regali a Natale.

Lupicia e' il nome di una catena di negozi giapponesi specializzati nella vendita di te' sfuso (ma anche in bustine). La loro storia e' molto recente e risale alla meta' degli anni Novanta. Il nome del loro primo negozio era L'èpicier, cioe' il droghiere. Successivamente aprirono un altro negozio specializzato solo in te' cinesi e giapponesi, dal nome 緑碧茶園 Lu-pi-cha-en un nome cinese che significa "il giardino dei te' verde giada". Come al solito i nomi cinesi sembrano piccole poesie, vero?
E combinazione, quindi, sia il termine francese che quello cinese avevano qualcosa in comune e da loro e' nato il nome Lupicia che, pero', in tutta onesta' non mi piace. Era meglio L'èpicier o 緑碧茶園, ma fa istess.

Di negozi Lupicia ve ne sono moltissimi qui in Giappone e adesso anche negli Stati Uniti, Australia, Corea e Taiwan.
Ce n'e' uno non tanto distante da casa mia, ma non mi ero mai fermata a comprare nulla. Ed ecco che questo regalo arriva proprio al momento giusto dato che questi te' m'incuriosivano da un po'.

I te' sfusi vengono venduti sia in buste da travasare poi in un contenitore proprio, oppure direttamente in bellissimi vasetti di latta. La scatola conteneva tre varieta' di te', tutti nei vasetti di latta.

Cominciamo col primo te': Yume, ossia sogno. Yume e' a base di te' nero, vaniglia e frutta mista. Ecco le mie foto:
Yume pero' contiene anche boccioli di rosa. Il risultato e' un'esplosione di profumi fruttati e floreali! Una vera festa olfattiva!
Ecco Yume da vicino:
C'e' poi Orange Chocolat, a quanto pare un abbinamento vincente non solo in pasticceria, ma anche nel mondo del te'! Mi ha colpita la forte nota cioccolatosa che prevale sull'arancia! Avrei immaginato l'esatto contrario.

E per finire, un te' chiamato Grenade a base di te' nero e guava (pero delle Indie).

La fissazione che i giapponesi hanno con la Francia e con i francesi si riflette anche nelle marche di te' che si trovano in certi supermercati e negozi di alimentari.
Una di queste marche e' Janat. In realta' questa marca non mi aveva mai interessata piu' di tanto, sebbene ne vedessi i numerosi prodotti in negozi di alimentari d'importazione. Poi, dopo aver letto una recensione di un te' Janat sul blog della mia cara amica Kat di Osaka, mi sono incuriosita e alla prima occasione mi sono impossessata di una delle loro miscele, e piu' precisamente la Janat Blend, ossia la miscela della casa.
Un ottimo darjeeling mischiato con petali di rosa e un pizzico di caramello. Davvero delizioso!
Un te' particolarissimo e fragrante e un'azienda che vanta una storia che risale, addirittura, al periodo della Rivoluzione Francese. Un'azienda il cui stemma e' rappresentato da due gattini dorati. Ma guarda che combinazione! Inizio l'articoletto con due gattini e lo concludo con altri due gattini.

Termino l'articoletto di oggi ringraziando tutti coloro che hanno lasciato un commento tra ieri e oggi. Grazie davvero per aver accolto il mio invito a lasciare un messaggio!
Rilancio l'invito a chi ancora non si e' fatto avanti! Forza, fatemi sapere da dove mi leggete e perche' vi piace questo blog. Sono i vostri commenti che m'incoraggiano a scrivere!

Buon fine settimana a tutti voi!

giovedì, maggio 14, 2009

Takenoko gohan e qualche chiacchiera

(A sinistra: il mio pranzo leggero di oggi composto da 竹の子ご飯takenoko gohan e さやえんどうの味噌汁 saya-endoo no miso shiru )

Dopo una notte non insonne ma oniricamente intensa, mi sono svegliata stanca e con addosso una non trascurabile sensazione di rimbambimento generale.

Non avendo lezione e avendo la giornata completamente libera, ho deciso di prendermela con comodo e di smaltire lentamente quel fastidioso senso di rintontimento che mi ha vista vagare per casa assomigliando a qualcuno che, la sera prima, si era scolato una damigiana di vino. E tutto questo, senza aver toccato nemmeno una goccia d'alcol!

Essendo quasi astemia, la sensazione di cui vado cianciando non e' particolarmente piacevole ed e' soprattutto inaspettata.

A pranzo ho avuto pochissimo appetito, ma in compenso avevo voglia di trafficare un po' in cucina. Ma siccome la fame non era molta, ho optato per il classicissimo e semplicissimo binomio giapponese: una scodella di riso ed una di zuppa di miso. Piu' basilare di cosi' non ce n'e'.

C'e' un ingrediente di cui sono diventata smodatamente golosa: 竹の子 takenoko o germogli di bambu'.

I takenoko, pero', sono abissalmente diversi da quella roba blanda che si trova in scatola e che spesso viene spacciata per germogli di bambu' in molti ristoranti cinesi. Tra loro c'e' la stessa differenza che intercorre fra il succo di limone fresco e quello venduto in quei botticini di plastica a forma di limone; oppure la differenza che c'e' fra un buon vino e il Tavernello.
Ecco, ve lo dicevo che la differenza era abissale.

Se li si vuole gustare freschi, la stagione giusta dei takenoko e' l'inizio della primavera, ma al giorno d'oggi si possono acquistare tutto l'anno e non per forza solo in scatola, ma anche surgelati o confezionati sottovuoto.

E i giapponesi, avendo grande predilezione per gli ingredienti freschi e di stagione, non si dimenticano mai di dare risalto a determinati ingredienti in certi periodi dell'anno. Con l'inizio della primavera, infatti, il delicato takenoko inizia timidamente a comparire sui menu' dei ristoranti, nei supermercati e poi sulle tavole dei giapponesi.

Scoraggiata all'idea delle operazioni di spurgamento con la crusca (passaggio fondamentale per la preparazione di takenoko freschi), ho acquistato dei takenoko leggermente bolliti, affettati e conditi con katsuo, salsa di soia e mirin. Una preparazione semplice che pero' racchiude in se' i veri sapori della cucina casalinga giapponese. Ecco qui i deliziosi germogli:
Deliziosi da far piangere, i takenoko che vedete provengono da Kyoto, e in particolar modo da un piccolo stabilimento che produce conserve di verdura preparate ancora alla vecchia maniera.

Ho quindi pensato di preparare un 竹の子ご飯 takenoko gohan, cioe' del riso al vapore cotto con questi sublimi germogli di bambu'.

Avevo ancora una manciata di taccole - in giapponese note col nome di さやえんどう sayaendoo - e quindi ho avuto un'illuminazione: takenoko gohan e zuppa di miso con tofu e taccole. Et voila'!

Ecco qualche taccola a bagno in un po' d'acqua fredda:
E naturalmente il riso. Ecco il mio nanatsuboshi crudo, prima di essere lavato.
Dopo aver accuratamente lavato il riso, l'ho messo nella cuociriso con la giusta quantita' d'acqua. Dopodiche' ho aggiunto due cucchiaini di salsa di soia, uno di mirin e il takenoko tagliato a fettine sottili, ma non troppo.

Un minuto prima della fine della cottura del riso, ho preparato una velocissima zuppa di miso utilizzando le mie collaudatissime dosi: per ogni 250ml d'acqua un cucchiaio di miso. Ogni porzione corrisponde suppergiu' a 250ml di zuppa, quindi un cucchiaio di miso per persona.

A parte ho tagliato a cubetti del tofu fresco ed affettato diagonalmente le taccole precendentemente scottate in acqua bollente per nemmeno un minuto. Questo taglio serve semplicemente ad abbellire il risultato finale. Se desiderate, pero', potete tranquillamente utilizzare le taccole intere.
Se avete gia' utilizzato il miso per preparare la zuppa, allora saprete che non si scioglie tanto facilmente nemmeno in liquidi caldi, e per evitare grumi bisogna rimestare bene e aiutarsi con un cucchiaio per schiacciare bene il miso e far si' che si dissolva in modo omogeneo.

Di recente, poi, ho scoperto che tra gli utensili della cucina tradizionale giapponese esiste un attrezzo chiamato みそこし misokoshi. Ecco il mio:
Si tratta di una specie di colino con un manico verticale che lo rende ideale da mettere direttamente dentro la pentola. Si prende, dunque, la dose necessaria di miso e la si mette nel colino che a sua volta sara' gia' stato posizionato nella pentola. Aiutandosi poi con quel mestolino (ma anche dei semplici saibashi vanno benissimo), si mischia il miso con il brodo, eliminando tutti i grumi. E il gioco e' fatto!
Ecco il mio misokoshi in azione:
Se non avete un misokoshi, provate a sciogliere il miso in un po' di brodo a parte, dopodiche' versate il tutto nella pentola. Prima di comprare il misokoshi mettevo direttamente il miso nel pentolino, e poi mi aiutavo con i saibashi ed un cucchiaio. Anche questo metodo funziona, ma richiede un po' piu' di tempo e pazienza.

Il mio takenoko gohan si e' cotto nel giro di neanche dieci minuti, e per casa c'era un profumo squisito! Facendo molta attenzione a non rompere i delicati germogli, ho versato il riso nella mia scodella e poi, aiutandomi con le bacchette, l'ho guarnito con qualche pezzo di takenoko.
Un pranzo semplice e leggero che pero' ha saputo ricordarmi, ancora una volta, i sapori puliti e genuini della cucina casalinga, quella cucina senza fronzoli e che se ne infischia delle mode.

ごちそうさまでした!
Gochisoosama-deshita!

PS. Invito tutti i lettori silenziosi di Biancorosso Giappone a lasciarmi un commento! Da quale parte del grande globo mi leggete? Che cosa vi piace di questo blog?