martedì, luglio 28, 2009

Aria di festa ad Odawara

(Alcune lanterne della fiera decorate da bambini di una scuola elementare della zona.
Tutt le foto dell'articoletto sono opera mia o di mio marito.)


Siamo ormai giunti alla fine di luglio, questo mese cosi' rovente, cosi' umido, cosi' pesante, ma cosi' squisitamente estivo.

Ma agosto e' dietro l'angolo, e la parentesi estiva e' ancora lontana dalla fine.

In questo periodo sono molti gli お祭り o-matsuri (fiere) che illuminano il Giappone portando con se' allegria, spensieratezza, voglia di musica, sorrisi e deliziosi spuntini da passeggio.

Sabato mattina, accompagnati da un sole cocente e decisamente ostinato a dispensare i suoi raggi intensi, abbiamo preso il rapido per Odawara.
Prima di partire, abbiamo immortalato nuovamente le risaie che, dal binario della nostra piccola stazione, puntualmente ci salutano augurandoci "buon viaggio!" oppure accogliendoci con un "bentornati a casa!".
Dopo circa una quarantina di minuti di viaggio, siamo arrivati proprio ad Odawara, la vecchia citta' nella parte ovest del Kanagawa.

Odawara 小田原 e' una delle piu' famose localita' del Kanagawa, e la sua fama e' accentuata dalla presenza dell'altrettanto noto castello, 小田原城 l'Odawara-joo.
Desideravamo proprio visitare questo castello, ed infatti ci siamo immediatamente incamminati in direzione dell'imponente edificio che, dalla collina, silenziosamente posa il suo sguardo sulla citta' e sull'immensa baia blu di Sagami.

Ma una sorpresa ci attendeva ai piedi del castello: ちょうちん夏まつり Choochin natsu-matsuri, ossia la fiera estiva delle lanterne.
Lungo il fossato che circonda gelosamente il castello, tante lanterne di carta decorate dai bambini di una scuola elementare della zona ci hanno accolto allegramente.
Eccone alcune:
Ed ecco il ponte rosso che permette l'accesso al castello:
...ed una delle lanterne che lo abbellivano:
Il vociare allegro e i profumi della fiera non si sono fatti attendere a lungo.
La fiera:
Un palco con delle ballerine giapponesi che, al suono malinconicamente melodioso dell'ukulele, sfoggiavano i delicati passi di una danza hawaiana. Dietro di loro, sulla lanterna ecco dipinti i kanji di 小田原 Odawara:
Li' quasi ogni cosa ci ricordava la presenza del castello. Al centro della fiera, un'immensa lanterna ci mostrava un'immagine di quell'edificio che, di li' a poco, avremmo ammirato da vicino:
Sebbene in Giappone esistano ancora alcuni di castelli la cui storia si perde e disperde nelle venature dei secoli passati, per il castello di Odawara le cose sono andate un po' diversamente. La storia dell'edificio in se', infatti, risale solo al recentissimo 1960. Il vero castello di Odawara, quello che con ardente orgoglio ricopri' il ruolo d'inespugnabile roccaforte del tardo Hoojoo clan dalla fine del Quattrocento fino verso la meta' dell'Ottocento, subi' la triste sorte a cui tanti altri castelli giapponesi furono destinati: la distruzione. Durante il Periodo Meiji, l'Imperatore dopo essere riuscito ad attuare la disfatta dello Shogunato, ordino' che tutti i castelli feudali presenti in Giappone fossero distrutti senza pieta'. E purtroppo, il castello di Odawara non riusci' a sfuggire al suo triste destino.

Nel 1960, pero', il castello venne ricostruito nello stesso punto in cui un tempo sorgeva quello originale, e cioe' proprio sulla collina che sovrasta la citta' di Odawara.
Ecco alcune immagini che abbiamo scattato dell'imponente castello:


Il castello e' stato ricostruito appositamente per poter ospitare al suo interno un museo in cui sono conservati numerosissimi ed antichissimi oggetti dei Periodo Muromachi ed Edo. Naturalmente, sono rimasta letteralmente incollata davanti alle vetrine che custodivano e proteggevano gelosamente antiche scodelle laccate; intricati お膳 o-zen (piccoli tavolini giapponesi per servire pasti formali. Questo e' un mio articoletto dedicato ad un o-zen che ho acquistato ad una fiera dell'antiquariato); pettini, kanzashi e monili vari (ecco qui le foto di un mio kanzashi acquistato tempo fa); antiche pergamene le cui fragili pagine erano interamente abbellite da aggraziati kanji neri che, insieme, formavano dolci poesie di un tempo che fu.

Purtroppo all'interno era proibitissimo scattare foto, ma all'ultimo piano era possibile affacciarsi dalle finestre del castello per ammirare la citta' di Odawara, le verdi montagne e le tonalita' di blu della vecchia Baia di Sagami:
Il sole giocava a nascondino, e qualche nuvola passeggera stava iniziando a regalarci qualche gocciolina di pioggia di fine luglio.


Dopo aver ammirato per un po' quell'ipnotico paesaggio che profumava di aria pulita, di foglie bagnate e d'incenso, siamo ritornati ai piedi del castello. Non volendo ritornare nel frastuono della fiera, abbiamo imboccato una stradina completamente deserta e che sembrava addentrarsi in un boschetto.
L'aria umida e pesante ed il canto infinito delle cicale facevano da colonna sonora alla nostra passeggiata. Non c'era nessun altro all'infuori di noi. Con la serenita' nel cuore, quelle serenita' che ti fa venire voglia di continuare a camminare anche senza una meta, abbiamo continuato a percorrere lentamente quella stradina che, andando in discesa, sembrava condurre al centro di un universo parallelo.
Intorno a noi solo tanti alberi altissimi, verdi e profumati. Ad un tratto, pero', ho intravisto un vecchio luna park dalle giostre arrugginite e dai colori sbiaditi. Qualche bambino felice correva e sorrideva in quel piccolo angolo di divertimenti che sapevano di antiquato. Non so perche', ma a vedere quel solitario luna park mi e' venuta molta malinconia; una tristezza pero' non necessariamente deprimente, ma solo dolcemente malinconica. Sentire quell'innocente musica da carillon della giostra e vedere quei colori sbiaditi in mezzo a tutto quel verde mi ha provocato una pungente nostalgia per un passato che non ho mai vissuto; per un passato di un Giappone dei primi anni Shoowa e che posso solo immaginare.

La stradina ci ha poi condotti in prossimita' di un sentiero stretto e che portava dentro il giardino di un santuario shintoista di nome 二宮神社 Ninomiya-jinja.
Eccoci giunti all'interno del giardino:
Il santuario:

Le coloratissime carpe del laghetto:
Nei giardini solitari di vecchi santuari e templi io mi sento a casa. La pace e la serenita' che si respirano in questi luoghi sono inenarrabilmente meravigliose.
Mentre passeggiavamo col naso all'insu' intenti ad ammirare ora questo e ora quello, mille o forse duemila erano i dettagli che avrei voluto immortalare per sempre in un'immagine perenne.
Mio marito ed io ci siamo dati il cambio ad usare la macchina fotografica per poter catturare un po' di quella silenziosa magia e di quell'ipnotico silenzio rotto solo dal canto delle cicale.

Un grande vaso di terracotta colmo d'acqua:
Un severo ed irremovibile koma-inu di pietra che fa la guardia al sacro territorio del santuario:

Le sacre 絵馬 ema, ossia le tavolette di legno usate nei santuari shintoisti e su cui si scrivono preghiere e desideri, accompagnate da colorate gru di carta.

Un angolo di una lanterna di pietra, ricoperta in parte da vellutato muschio.
Alla 手水舎 temizuya (chiamate anche choozuya, ovvero vasca di pietra colma d'acqua in cui ci si lava le mani nei santuari, per purificarsi), ci siamo lavati le mani e rinfrescati con quell'acqua limpida e pura.

Il forte desiderio di osservare tutto cio' che mi circondava in quel luogo calmo e che sembrava essersi dimenticato del passare del tempo, era intenso. Con in mano la macchina fotografica, ho cercato di catturare tanti altri dettagli che mi facevano battere il cuore.

Un vecchio e consunto telo blu che svolazzava dal tetto della temizuya:

Un particolare del tetto di legno intagliato della temizuya:
La colonna di pietra del toori ed una lanterna di pietra:
E lasciandoci alle spalle il piccolo santuario immerso nel verde di Odawara, un altro ponticello rosso ha attirato la mia attenzione:
Dalla bella Odawara mi sono portata a casa qualche omiyage, naturalmente. In una piccola ed ordinata bottega gestita da un vecchio signore di nome 小林さん Kobayashi-san, ho acquistato la mia prima bambola こけし kokeshi. Il suo visino sorridente e quel bel fiore tra i capelli mi hanno conquistata a prima vista!
Odawara vanta un discreto artigianato del legno, e grazie all'abilita' di molti artisti del posto non e' affatto difficile ammirare splendide creazioni di legno tra cui le bambole kokeshi, scatoline, vasi, monili vari e tanto altro ancora.

...e due graziosi kanzashi da aggiungere alla mia modestissima collezione:

E chi l'avrebbe mai detto che, proprio ad Odawara, avrei trovato due riferimenti al mio Piemonte?
Mentre stavo ordinando del caffe' alla caffetteria Blenz sul corso principale di Odawara, il cassiere incuriosito dal fatto che gli stessi parlando in giapponese, mi ha chiesto da dove venissi, e quando gli ho detto di essere italiana si e' subito affrettato a dirmi che lui era stato a Torino a sciare! Quando gli ho detto che sono proprio originaria di Torino, era a dir poco estasiato! Mi ha parlato brevemente del suo viaggio nella capitale sabauda e di quanto sia rimasto affascinato dalla mia citta'!

Ma il secondo riferimento e' infinitamente piu' comico! Siamo, infatti, passati davanti ad un negozio dal nome che attinge dalla tradizione culinaria piemontese. Ecco qui:
Bagna cauda!
Li' per li', pensavo si trattasse di un ristorante, anche se mi sembrava davvero incredibile che potesse esserci un ristorante di cucina tradizionale piemontese ad Odawara, ma tutto e' possibile!
Pero' non mi sbagliavo. Avvicinandomi di piu' all'attivita' in questione, ho scoperto con un comico orrore che in realta' si trattava di un salone di bellezza!!! Quindi pieghe, permanenti, tinte, maschere, manicure, pedicure, massaggi, e compagnia bella.
Non riuscendo a trovare il nesso logico fra la bagna cauda e la messa in piega, ho preferito farmi una bella risata e scattare l'immagine che vedete.
Se poi le acciughe, l'aglio e l'olio di oliva siano ingredienti dalle strabilianti proprieta' cosmetiche, questo lo ignoro. Anzi no, bisogna dire che le proprieta' cosmetiche e terapeutiche dell'olio di oliva sono arcinote, ma le acciughe e l'aglio? Chissa', magari questi qui hanno scoperto qualcosa di tremendamente rivoluzionario mentre noi ce ne stiamo qua a ridere!

E notare pure la grafia corretta con cui e' scritto il nome di questo salone di bellezza!

Comunque, se v'incuriosisce la vera ricetta della deliziosa bagna cauda - nonche' uno degli antichi capisaldi della cucina piemontese - guardate qui o qui. E se sapete leggere il piemontese, allora guardate qua.

Prima di andare via, vicino alla stazione abbiamo ammirato per alcuni minuti questo gruppetto di ragazzini che suonavano i tradizionali tamburi taiko. Ecco qui:
Sullo striscione appeso al muro c'e' scritto: 小田原ちょうちん夏まつOdawara choochin natsu-matsuri, ossia la fiera estiva delle lanterne di Odawara.

E per finire, vi voglio regalare un suono giapponese molto tipico dell'estate; chissa', forse e' il suono dell'estate piu' giapponese che ci sia. E' il canto delle cicale, quel canto forte, intenso, e a volte insistente che accompagna quasi incessantemente le lunghe ed afose estati giapponesi.
Ho girato questo brevissimo video dal salotto di casa mia. Nel video vedrete soltanto un pezzetto del giardino di casa, e la casa dei vicini, ma sentirete il forte canto delle cicale, un canto che ci accompagna da settimane ormai.
Qui sul blog potete ascoltare anche il tintinnio del mio fuurin che, accompagnato dal canto dei semi (o minminzemi, un nome che tenta d'imitare il verso di queste cicale), vi regalera' un briciolo di magica estate giapponese.

lunedì, luglio 20, 2009

Sashimi vegetariano e pensieri

(A sinistra: sashimi di konnyaku. Come sempre le foto sono opera mia).

Il meteo aveva previsto la fine della stagione delle piogge e l'inizio della parte clou della torrida estate nipponica...e infatti le cose sono proprio andate cosi'!

Siamo interamente avvolti in una cappa di afa che sembra non finire mai e che fa venire i brividi solo all'idea di dover uscire da casa propria, anche se solo per pochi minuti.

Naturalmente, in condizioni metereologiche come queste viene quasi istintivo ritrovare un po' di benessere attraverso cibi semplici e rinfrescanti.

L'altro ieri, mentre ero al mio supermercato di zona a fare un po' di spesa, ho notato questo pacchetto nel banco frigo, e siccome sono una gran curiosona, non ho resistito:
Sono fettine di konnyaku aromatizzate all'alga nori. Il konnyaku e' tagliato in modo tale da poter essere servito a mo' di sashimi e cioe', proprio come il vero sashimi di pesce, adagiato su di un piatto ed accompagnato da una salsina (quella che vedete nel pacchetto color senape).
Al sashimi di pesce in genere si abbinano della salsa di soia tamari e del wasabi (per chi lo gradisce), mentre per il sashimi di konnyaku la tradizione prevede di solito una salsa di miso ed aceto di riso.

Il konnyaku e' un prodotto alimentare molto particolare e che gode di un ruolo abbastanza importante nella cucina giapponese. E' un alimento pero' che sembra provocare reazioni molto estreme a seconda di chi lo assaggia: ci sono persone che sembrano adorarlo preparato in tutte le salse, ed altre che solo a sentirne pronunciare il nome accennano smorfie poco incoraggianti, accompagnate magari da versi altrettanto poco simpatici.

Il konnyaku, essenzialmente, e' un alimento che si ottiene dall'amido di una pianta che cresce solo in zone subtropicali dell'Asia, come appunto il Giappone e la Cina. Con questo amido viene preparata una sostanza gelatinosa che, a differenza pero' della gelatina di origine animale, assume una consistenza piu' soda e solida.

Di konnyaku ne esistono diverse varieta' in base alla forma e all'ingrediente con cui sono aromatizzate; alcune sono al naturale, altre sono aromatizzate all'alga nori, altre allo yuzu, ecc. Il konnyaku si trova in blocchi, ma si trova anche in fettine versione sashimi, e persino in versione spaghettesca. Gli spaghettini di konnyaku sono noti col nome di しらたき shirataki.
Con il konnyaku vengono preparate anche delle ottime gelatine alla frutta di cui ho parlato diverse volte qui sul blog. Queste gelatine vengono vendute in piccole vaschette monoporzione, e i gusti sono sempre molto invitanti: uva, pesca, arancia, mela, ecc.
Molto tempo fa, suppergiu' all'epoca del Giurassico, dedicai un articoletto alla gelatine di frutta a base di konnyaku dopo averle recentemente scoperte. Ecco qua il preistorico ed impolverato articoletto.

Se volete vedere, invece, un classico blocco di konnyaku in azione, ecco qui l'articoletto dedicato al 豚汁 tonjiru (zuppa di maiale) preparato assieme ad Akiko.

Il konnyaku e' un alleato della linea poiche' ha un contenuto calorico che rasenta se non proprio lo zero, quasi. Quell'intero pacchetto di sashimi di konnyaku ha solo 9 calorie!

Se non avete mai assaggiato il konnyaku, allora magari riusciro' a descrivervelo in modo tale da farvelo immaginare: in realta', la descrizione non e' molto difficile poiche' il konnyaku di per se' non ha alcun sapore, ma tende ad assorbire i sapori dei cibi con cui viene a contatto. In un certo senso, e' un po' come il tofu, anche se il tofu giapponese di qualita' e' tutto meno che insapore.
Cio' che pero' rende il konnyaku un alimento poco incoraggiante, soprattutto per i nostri palati occidentali, e' la sua consistenza gelatinosa, gommosa e scivolosa al tempo stesso. Non e' viscido, ma e' scivoloso!
Immaginate, dunque, di addentare una gelatina soda e senza sapore. Ecco, il konnyaku e' piu' o meno cosi'.

Il sashimi di konnyaku e' un'economicissima alternativa al sashimi di pesce, ed e' anche un'interessante aggiunta al menu' estivo.

Il konnyaku, indipendentemente dalla varieta' utilizzata, va di solito sempre risciacquato bene prima dell'uso.
Aprendo il pacchetto, sono stata accolta da un odore che ricordava molto quello del surimi.
Dopo aver risciacquato bene il sashimi di konnyaku, bastera' semplicemente disporre le fettine su di un bel piatto, accompagnandole magari da una classica salsina servita in questi casi: un condimento a base di miso ed aceto di riso.
E siccome siamo in piena estate giapponese, anche i miei 箸置き hashi-oki (poggiabacchette) riflettono l'importanza dell'uchiwa うちわ (ventaglio giapponese) in questa torrida stagione di aria pesante e rabbiosi raggi di sole.
Forse preferisco il konnyaku nel tonjiru oppure nell'oden che non consumato cosi' freddo e a mo' di sashimi. Comunque, anche cosi' era gradevole e certamente molto rinfrescante!
Pero' gli aficionados del konnyaku ci tengono di solito a precisare quanto sostanziale sia la differenza fra il konnyaku che si trova nei supermercati e quello artigianale. Pare, infatti, che la differenza sia strabiliante! Io non ho mai avuto il piacere di assaggiare il konnyaku artigianale, ma spero di poterne avere presto l'occasione.

Di recente, in televisione ho visto una sorta di televendita in cui venivano decantate le mille proprieta' del konnyaku, soprattutto quando questo alimento e' inserito in una dieta ipocalorica.
A tal proposito, la ditta che si pubblicizzava stava proprio presentando dei nuovi prodotti che dovrebbero far cambiare idea anche ai nemici dell'onnipresente gelatina. C'erano per esempio le confezioni di ramen preparati con il konnyaku; udon al konnyaku; soba al konnyaku e persino la pasta (tipo tagliolini, astutamente conditi con un invitante sughetto di pomodoro) ed una specie di budino!

Ma la mia mente e cuore italici continuavano ostinatamente a reinterpretare queste fettine verdi di konnyaku paragonandole - solo per l'aspetto naturalmente - ad una sorta di gnocchi, magari aromatizzati agli spinaci!

Cambiando discorso e passando serenamente di palo in frasca, volevo mostrarvi le foto di un altro incenso acquistato alcune settimane fa. E' un incenso decisamente fuori stagione e che iniziera' a profumare piu' frequentemente le mie giornate a partire magari da settembre in avanti. Il nome dell'incenso in questione, infatti, e' こうよう ふくろう kooyoo-fukuroo. Kooyoo e' il nome dei colori autunnali delle foglie e fukuroo significa gufo.

La fragranza di quest'incenso cosi' dolcemente autunnale ha un qualcosa di speziato e malinconico al tempo stesso. C'e' la fragranza della cannella, di legni preziosi e di foglie che cadono lentamente dagli alberi e che, prima di accarezzare la terra, volteggiano aggraziatamente ancora alcune volte giocando magari un po' con il vento che pazientemente le fa divertire.
Si', e' decisamente un incenso fuori stagione, ma non importa perche' vorra' dire che alcuni di questi bastoncini mi aiuteranno nelle giornate piu' soffocanti ad illudermi che l'autunno - in fondo in fondo - sia poi solo dietro l'angolo e che arrivera' - chissa' - magari il giorno dopo.

lunedì, luglio 13, 2009

Aroma di caffe' e domenicalita'

(A sinistra: la mia tazza di Arita-yaki contenente dell'ottimo caffe' di Yokohama. Come sempre, tutte le foto sono opera mia.)

Dopo un rilassante sabato trascorso serenamente a passeggio per le strade che abbracciano la baia di Yokohama ed un'altrettanto rilassante domenica passata a passeggiare pigramente per i vicoli del mio quartiere, e poi a casa a leggere e ascoltare musica, eccomi qui con un nuovo articoletto con cui inaugurare questa nuova settimana.

Tra l'altro, secondo le previsioni del tempo, domani dovrebbe ufficialmente terminare la 梅雨 tsuyu o stagione delle piogge. Questa fine marchera' cosi' l'inevitabile inizio della parentesi piu' rovente dell'estate giapponese.

Molto tempo fa, quando ero ancora alle primissime armi con questo mio amato blog, dedicai un articoletto al caffe' preparato alla maniera giapponese. Per chi di voi non l'avesse ancora letto, eccolo qui.

Ero proprio agli inizi, come potete vedere, e le foto un po' scure e mosse dimostrano la mia inesperienza.
Pur tuttavia, rileggo quel mio articoletto con un pizzico di nostalgia nel mio cuore perche' mi ricorda il crescente entusiasmo che nutrivo (e che nutro ancora adesso) per ogni cosa che mi circonda qui in Giappone. Quell'entusiasmo che non ha mai cessato di regalarmi un sorriso di gratitudine ogni volta che mi sveglio la mattina e mi rendo conto di essere qui.

Sabato, assieme a mio marito, ho fatto una lunga passeggiata dalle parti della baia di Yokohama. La temperatura mite e il venticello tiepido e che profumava di mare hanno reso la nostra passeggiata piu' gradevole che mai.

In un grande negozio di alimentari all'interno del World Porters, ho scovato delle meravigliose confezioni di un caffe' prodotto proprio a Yokohama da un'antica e fiera torrefazione del posto, di nome 三本 Mitsumoto. E siccome a maggio e' iniziata l'importante celebrazione del centocinquantesimo anniversario dell'apertura (avvenuta nel 1859) del porto di Yokohama all'occidente, ho pensato di festeggiare anch'io a mio modo acquistando una di queste graziose latte di caffe'.
Le varieta' erano tre, e io ho scelto la loro miscela chiamata Kilimanjaro:
Naturalmente, mi sono istantaneamente invaghita dell'illustrazione che appare sulla confezione. Un vicolo dall'aria cosi' nostalgica e che mi fa pensare ad una scena di tranquilla quotidianita' in una delle tante strade della Yokohama del Periodo Meiji. Chissa', magari a spasso per quelle colorate stradine c'erano anche 夏目漱石 Natsume Sooseki e Lafcadio Hearn.

Il caffe' e' una bevanda occidentale, e come tale e' riuscita a guadagnarsi un posto speciale nel cuore dei giapponesi. Al giorno d'oggi, infatti, in questo Paese abbondano le caffetterie e le torrefazioni, e fortunatamente non solo gli assillanti Starbucks, ma centinaia di altri locali a conduzione propria, oppure appartenenti a catene sia giapponesi che non. Inoltre, qualunque supermercato, anche il piu' piccino, avra' in esposizione sui propri scaffali almeno una o due varieta' di caffe'. Oramai, in moltissimi supermercati si trovano persino il Lavazza o l'Illy!

Non smetto mai di stupirmi nel notare quanto numerose siano le torrefazioni, spesso minuscole e a conduzione famigliare, la cui missione principale e' quella di riuscire a creare la miglior miscela possibile; una miscela da abbinare poi al miglior metodo di preparazione che ne sappia valorizzare le sue preziose note.

Il culto del caffe' e' vivo qui in Giappone, ed un numero sempre crescente di appassionati vi si dedica con grande entusiasmo e fedelta'.

Qui troverete ogni tipo di caffe' che desideriate: dall'autentico espresso all'italiana all'intenso caffe' vietnamita.

Uno dei metodi di preparazione del caffe' piu' frequentemente utilizzati nelle case e' quello della percolazione manuale.
I percolatori sono macchine del caffe' molto diffuse negli Stati Uniti in cui il caffe' viene "innaffiato" da un getto d'acqua calda proveniente dall'alto, attraverso un tubicino collegato ad un serbatoio di plastica incorporato nella macchina stessa.

Sia la percolazione automatica che quella manuale permettono di ottenere il cosiddetto caffe' lungo.

Sebbene anche qui i percolatori automatici siano diffusissimi, il metodo della percolazione manuale lo e' altrettanto e, oserei dire, forse addirittura di piu'. Ho notato quanto la versione manuale sia particolarmente prediletta dai cultori giapponesi del caffe' perche' permette di apportare un'infinita serie di modifiche grazie a cui e' possibile ottenere un caffe' veramente su misura.

Vi mostro, quindi, come si preparare il caffe' secondo questo metodo.

Innanzitutto, serve avere una sorta di filtro apposito. Questi filtri spesso sono fatti di plastica, ma se ne trovano anche di metallo o di ceramica. E' sufficiente posizionare il filtro sopra una tazza oppure sopra una caraffa.

Molto tempo fa acquistai questa caffettiera giapponese di ceramica:
Come vedete, e' composta da un bricco (con il suo coperchietto), ed il filtro da posizionare sopra il bricco. Una volta terminata la preparazione del caffe', e' sufficiente rimuovere il filtro e coprire il bricco con il suo coperchietto.
Aprendo la latta del caffe' Mitsumoto, sono stata accolta a braccia aperte da un aroma tanto delizioso quanto confortante.
Annusando quella latta di caffe', ho chiuso gli occhi e mentre inspiravo profondamente, ho accennato un sorriso sereno.
La fragranza del caffe' e' una di quelle gemme olfattive che mi sa donare un momento di ineguagliabile tranquillita' e pace.

A questo punto, serve un filtro di carta da inserire all'interno del filtro di ceramica (plastica, metallo, ecc.). Questi filtri di carta si trovano in tutti i supermercati, e generalmente vengono venduti in confezioni da cento e passa pezzi l'una.
Nel filtro di carta bisognera' poi versare il caffe'. Le quantita' variano sempre molto in base ai gusti e in base anche all'intensita' della miscela utilizzata.
Per questa miscela di Yokohama, ho usato tre cucchiaini abbondanti di caffe'.

Ora arriva il momento di gloria dell'acqua. L'acqua deve essere bollente! Anche in questo caso le quantita' variano a seconda dei gusti e della miscela. Io ho seguito i consigli indicati sulla latta di caffe', e ho utilizzato circa 300ml d'acqua caldissima.

Di recente, ho visto una trasmissione di cucina alla televisione in cui venivano svelati alcuni trucchi da impiegare durante la preparazione del caffe' secondo questo metodo. Il conduttore diceva che il momento in cui si versa l'acqua e' il piu' delicato, ed e' anche il momento in cui si tende a commettere piu' errori, rovinando cosi' il risultato finale.
Per esempio, consigliava di versare lentamente l'acqua, e di tracciare con essa un immaginario no (questa e' una delle lettere dell'hiragana) per poter innaffiare uniformemente il caffe'.
Dopodiche', bisogna lasciare che il caffe' coli lentamente nel bricco.
E ora non resta che gustarsi questo profumato caffe' che sa di tradizione e che mi riporta alla mente il pacifico paesaggio della baia di Yokohama. Osservare il mare ci fa sentire minuscoli al cospetto dell'universo, ma e' un qualcosa che sa instillare nell'anima un profondo senso di liberta' e pace.
Generalmente, bevo piu' che tutto caffe' espresso all'italiana (il mio prediletto), ma non smetto mai di nutrire grande curiosita' nei confronti di altri tipi di caffe', e questa stessa curiosita' mi ha portata alla scoperta di delizie come appunto il caffe' giapponese, il caffe' vietnamita, il caffe' alla turca, e tanti altri ancora!

Ieri pomeriggio sono andata a fare due passi per il mio quartiere. Avevo alcune commissioni da sbrigare, ma siccome non erano urgenti, ho camminato a passo lento e tranquillo.
Un sole un po' timido ma anche un po' giocherellone si divertiva a sparire e a riapparire, creando giochi di luce e di ombre sull'asfalto.

Mentre passeggiavo, nella mia mente danzavano pensieri dedicati ad una sensazione che mi accompagna da una vita, e che molto probabilmente accompagna anche voi da sempre: la sensazione di domenicalita'.
La domenicalita' ci fa sentire la differenza fra la domenica e tutti gli altri giorni della settimana. E' un insieme d'impressioni e sensazioni che rendono questo giorno davvero diverso da tutti gli altri.

E ho notato quanto la domenicalita', in fondo, non conosca ne' bandiera ne' confini.

Quando abitavo ancora a Torino, la sabauda citta' che mi ha vista nascere, la domenica sapeva di parco del Valentino, Orto Botanico e Borgo Medioevale gremiti di famiglie in cerca di svago; sapeva del mio quartiere assonnato ed impigrito, e tempestato di saracinesche chiuse; sapeva del gelato della bocciofila del mio quartiere; sapeva di pochi mezzi che circolavano per la citta'; sapeva di periferie semi-deserte e di centro storico affollato. Ma sapeva anche di ansia pensando al giorno dopo e all'inizio di una nuova settimana di scuola.

Anche negli Stati Uniti ho sentito la presenza della domenicalita'. La' i grandi negozi sono aperti sette giorni su sette, eppure anche di domenica si sente la differenza. E' come se tutti indistintamente percepissimo questa sensazione, e per fuggire dalla noia e dalla solitudine di una casa dove c'e' una televisione che trasmette partite di football, ci riversassimo in luoghi gia' affollati.
A me sembrava sempre di vedere un maggior numero di persone nei centri commerciali, la domenica.

Ricordo che nella bella San Diego, in cui ho vissuto per sei magnifici anni, il mio quartiere diventava silenzioso di domenica, sfoggiando solo qualche risata o tintinnio di piatti e bicchieri provenienti dalla casa di qualche vicino che, approfittando del giorno di festa, organizzava un allegro pranzo fra amici e parenti.
Le grandi strade assolate diventavano solitarie, e i piccoli negozi del quartiere mostravano le loro saracinesche chiuse.
Quando si andava a passeggiare per l'elegante centro storico della raffinata San Diego, ecco che i folti gruppi di turisti e residenti annoiati costellavano i pittoreschi vicoli di Old Town; i verdi e profumati sentieri di Balboa Park; le luccicanti, nostalgiche e fragranti strade di Little Italy; le aromatiche strade dell'esotica ed orientale Convoy Street.

E qui in Giappone, la domenicalita' si manifesta ogni settimana con la sua stessa e dolceamara veste.
Il lungo ed assolato corso del mio quartiere; la bottega di Aida-san, il barbiere, con le sue vecchie serrande abbassate; il negozio di ferramenta di Hatano-san senza i mille aggeggi in vendita, solitamente in esposizione sul marciapiede; il minuscolo negozietto di fiori di Katano-san, senza le vecchie panche di legno su cui durante la settimana espone piante e fiori provenienti da ogni dove; la macelleria di Wanagaki-san e la farmacia / profumeria di Mitsuhashi-san con le loro saracinesche grigie ed arrugginite, ci ricordano che bisognera' ritornare il giorno dopo.
A far compagnia al solingo quartiere domenicale, rimangono il nostro adorato 盛月 Seigetsu, dalla cui porticina fuoriesce il profumo della cucina casalinga; il fedele Famima (Family Mart) con le sue porte automatiche e il suo odore di riviste, hot-dog, te' verde, medicinali e patate dolci; la SEIMS, il mio piccolo supermercato / drugstore di zona con la sua allegra canzoncina cantata mezza in giapponese e mezza in inglese; e la fragranza proveniente dalla nuova yakitori-ya, Maru-chao.
Rimangono gli affiatati gruppetti di fedeli che, con riverenza, si dirigono verso il tempio oppure vanno in direzione dello Zama Jinja; rimangono le risate dei bambini che giocano a palla nel cortile del vecchio tempio; rimane il monaco che, con una lunga gomma verde per innaffiare, diligentemente lava le scale del tempio; rimane la silenziosa bottiglieria di Hasegawa-san, con le sue porte automatiche ma lente e un po' cigolanti.

Ieri, un'altra domenica si e' conclusa e con essa un altro capitolo intriso dell'aroma di domenicalita'.