sabato, giugno 27, 2009

Due omiyage, una sensei e varie

La tradizione dell'omiyage お土産 e' una di quelle gioie che rendono le vita in Giappone particolarmente dolce.

Come vi ho gia' spiegato in precedenza, l'omiyage e' un souvenir che si porta di ritorno da un viaggio ad amici e parenti. E' un modo per regalare alle persone care una fettina di un luogo nuovo e che abbiamo avuto la fortuna di visitare.

Gli omiyage possono essere di vario genere, ma di solito coincidono con prodotti gastronomici tipici del posto visitato.
Non a caso, infatti, anche questa volta i kanji ci vengono in aiuto:
la parola omiyage e' composta dal prefisso onorifico o, dal kanji  tsuchi / do che significa terra e dal kanji umareru / san che significa sia prodotto che nascere.

Un prodotto, dunque, della terra. Quella terra visitata, magari per la prima volta, e di cui desidereremmo donare un frammento ad una persona a noi molto cara.

Agli omiyage ho dedicato gia' diversi articoletti in passato; se vi va di leggere un mio articoletto dedicato ad uno degli omiyage che piu' ricordo con affetto, ecco qui.

Mercoledi' e' venuta a trovarmi さくらさん Sakura-san, la figlia di Ishii-san. Non ce ne siamo nemmeno accorte e il pomeriggio e' volato! insieme abbiamo trascorso piu' di quattro ore a chiacchierare!
Sakura e' stata ad 沖縄 Okinawa la settimana scorsa, e da li' mi ha portato quei biscottini che vedete nella foto in alto a sinistra. Sono biscotti molto tipici di Okinawa e si chiamano ちんすこう chinsukoo.

Se fra di voi c'e' qualcuno che ha radici ad Okinawa, indubbiamente riconoscera' questi deliziosi biscottini! E so per certo che qualcuno di voi sentira' un pizzico di nostalgia: tra di voi, infatti, c'e' un'amica la cui mamma e' originaria proprio di Okinawa! Cara T.-san, questi chinsukoo sono dedicati a te!

Ecco la confezione:

Ed ecco i biscottini ordinatamente confezionati, due a due:
Sulla confezione c'e' scritto che questi biscottini sono preparati con 雪塩 yukishio. La parola letteralmente significa il sale di neve, ma e' il nome del sale marino di Okinawa.
Questi biscottini vengono preparati secondo una ricetta molto molto semplice. Gli ingredienti necessari, infatti, sono solo questi: farina, strutto*, zucchero e un briciolo di sale.
Tra l'altro ho gia' trovato la ricetta per prepararli e ...chissa' magari uno di questi giorni provero' a ricreare il delizioso sapore dei chinsukoo.
*Lo strutto e' l'ingrediente usato per tradizione, e infatti i biscotti di Sakura-san lo contengono. Al giorno d'oggi, pero', soprattutto per i chinsukoo casalinghi si preferisce optare per alternative un po' piu' leggere, come lo shortening o la margarina, anche se naturalmente il sapore che si otterra' avvalendosi di questi ingredienti alternativi sara' un po' lontano dall'originale.

La bonta' di questi chinsukoo e' un qualcosa che mi ha completamente lasciata senza parole. Sono biscottini non troppo dolci e con una deliziosa punta salata. Si sciolgono in bocca lasciandosi dietro un delicato velo zuccherato e salato al tempo stesso. Assolutamente meravigliosi!
さくらさん、本当にありがとう!
Sakura non parla molto inglese, e cosi' il nostro pomeriggio e' stato per me un modo per fare pratica, e devo dire che non e' stato poi cosi' difficile chiacchierare in giapponese per quasi quattro ore!
Abbiamo parlato di tante cose, ma dopo un po' siamo approdate su di un argomento a cui in genere si arriva in ogni lingua; una sorta di tappa obbligata in cui pero' si fa sosta sempre molto volentieri: fantasmi et similia.
L'occulto - volenti o nolenti che siamo - c'incuriosisce. E se poi a far da protagonisti sono leggende e fantasmi di altre culture, allora non ci vorra' molto prima di ritrovarsi del tutto a bocca aperta ed in silenzio ad ascoltare quelle storie che ci parlano di fantasmi giapponesi che indossano kimono bianchi e che portano lunghi capelli neri.

Sakura e' stata ad Okinawa per andare a trovare alcuni suoi parenti al cimitero dato che lei ha radici proprio in questa lontana isola del sud del Giappone.
Mi ha parlato delle tante superstizioni che riguardano il mondo dei morti e dei cimiteri buddisti. Mi diceva ad esempio che non si deve mai andare a trovare tombe di persone che non conosciamo perche' c'e' il rischio di venir colpiti da una 祟り tatari, ossia da una maledizione. Mi diceva anche che nei cimiteri non si va mai di pomeriggio, ma sempre di mattina.
Le ho chiesto allora se si potesse andare di notte (gia' immaginavo la risposta), e lei mi ha risposto che assolutamente di notte e' proibito entrare nei cimiteri, ma non perche' vi siano cancelli o allarmi, ma perche' il rischio d'imbattersi in spaventosi fenomeni paranormali e' altissimo. Mi ha detto pero' che al giorno d'oggi e' molto diffuso fra i giovani un gioco chiamato 肝試し kimo-dameshi e che consiste nello sfidarsi per mettere a dura prova il proprio coraggio.
Quando si gioca a kimo-dameshi bisogna avere coraggio di entrare in un cimitero di notte, da soli.

Ecco, preferisco lasciar perdere il kimo-dameshi. Non fa per me. Sono una fifona fifonissima! Piuttosto rispolvererei molto volentieri quel mio mazzo di carte napoletane e che da tempo giace nel cassetto!

Abbiamo parlato anche delle offerte che si portano in dono alle お墓 ohaka, ossia alle tombe. In genere si puo' portare qualunque cosa, come ad esempio frutta, biscotti, te'. Si puo' portare anche del buon sake' e magari della birra. Insomma, tutto cio' che al defunto piaceva bere o mangiare quando era in vita. Sakura pero' mi diceva che e' meglio evitare il sashimi o il sushi semplicemente perche' il pesce, andando a male, farebbe un odore decisamente poco piacevole.

Sakura mi parlava anche della differenza di abitudini tra la zona di Tokyo, il Kansai ed Okinawa, a proposito delle offerte che si portano al cimitero. Mi diceva, ad esempio, che nel Kansai (Kyoto ed Osaka) e ad Okinawa le offerte vengono portate al cimitero e poi riportate a casa per essere consumate dalla famiglia. A Tokyo, invece, questo non si fa: le offerte vengono semplicemente lasciate al cimitero.

Tra l'altro, Sakura sembra essere particolarmente attratta dal mondo della chiaroveggenza e la sua visita alla tomba di famiglia ad Okinawa e' stata una di transizione naturale avvenuta in seguito ad un incontro un po' particolare che la mia nuova amica ha avuto con una donna - a quanto pare - sensitiva.
Su questi argomenti sono sempre un po' in bilico tra lo scetticismo e la curiosita', pero' vi confesso di essere rimasta affascinata dall'innocenza con cui Sakura dimostra fiducia in queste questioni soprannaturali.

Molto probabilmente rivedro' Sakura-san questo fine settimana e non vedo l'ora di riprendere la nostra bella chiacchierata.

Giovedi', invece, ho ricevuto un profumato omiyage dalla mia amica Kyoko di ritorno da un breve viaggio a Kyoto assieme ad alcune sue vecchie compagne di scuola.
Ecco qui:
Una bustina del prezioso 黒七味 kuroshichimi, ossia di pepe nero di Kyoto delicatamente mescolato ad un mix di sette spezie.
Il negozio da cui proviene questo mix si chiama 原了 Hararyokaku ed e' in attivita' dal Periodo Edo, e piu' precisamente dal 1703!! Questo famoso negozio, e che inizialmente era un'erboristeria, si trova nell'altrettanto famoso quartiere di Gion, a Kyoto, e se avete letto "Memorie di una geisha" di Arthur Golden sicuramente avrete gia' spalancato gli occhietti e avrete gia' accennato il sorriso di chi sa di cosa stiamo parlando.

Questo kuroshichimi viene miscelato a mano e contiene sesamo bianco, sesamo nero, sanshoo, alga blu, peperoncino frantumato, pepe nero di Kyoto, semi di papavero giapponese e semi di canapa. Questo piccantissimo ed aromatico mix di spezie viene consigliato per insaporire udon, la soba, riso al vapore e persino del semplice sugo di pomodoro! All'idea di aggiungere del kuroshichimi al sugo per la pasta Kyoko ha accennato una smorfia poco convinta, ma credo invece che seguiro' i consigli di Hararyokaku la prossima volta che preparero' la pastasciutta. D'altra parte, gia' in passato ho provato ad aggiungere un pizzico di normalissimo toogarashi-shichimi al sugo per la pasta e il risultato e' sempre stato piu' che ottimo!

Rimanendo sempre in tema di regali, un paio di sere fa abbiamo invitato il nostro vicino di casa da noi a cena. Questo signore sta per traslocare, e sebbene abbia abitato vicinissimo a noi per tre anni, siamo riusciti a vederlo davvero poche volte. Il suo mestiere (fa il pilota di professione) lo porta a viaggiare moltissimo e a passare davvero poco tempo a casa.
Abbiamo cosi' pensato d'invitarlo a cena e di salutarlo prima che si trasferisca definitivamente.
In dono, ci ha portato questa splendida bottiglia di un sake' proveniente dalla zona di Ginza, a Tokyo. Il sake' si chiama 福徳長 Fukutokuchoo (lunga felicita' e prosperita'!), e la bottiglia che lo contiene e' a forma di ヒョウタン hyootan. Guardate che splendore:

Il sake' contiene tante piccole e sottilissime foglioline d'oro purissimo!

Martedi' scorso sono tornata, assieme ad Akiko, nella scuola dove insieme ad Annalisa ho insegnato italiano alcuni mesi fa.
Akiko, nel frattempo, e' diventata insegnante d'italiano in questo bel liceo di Sagamihara dove ho avuto la fortuna anch'io d'insegnare.

Vi avevo promesso un articoletto dedicato a questa mia esperienza, ma confesso di aver trascurato ingiustamente il progetto. Rimediero' quanto prima, con tanto di fotografie. Parola di Marianna.

Intanto vi parlo brevemente di martedi' scorso. Akiko mi aveva chiesto di andare a darle una mano con una delle sue lezioni. Al momento, insegna in diverse classi e in una di queste ha soltanto otto alunne! E martedi' l'ho aiutata proprio con la lezione in questa classe. Insieme abbiamo rivisto i numeri da uno a dieci e abbiamo studiato quelli da undici a venti. Abbiamo anche studiato un po' di vocaboli relativi alla citta' grazie alle espressioni c'e' e ci sono.

E' stato molto divertente ritornare in quella scuola a cui, inevitabilmente, lego un tenero ricordo che mi vede mentre - con emozione, molta timidezza ed un pizzico di timore - cerco, con il prezioso aiuto di mia sorella, d'insegnare un po' della nostra bella lingua a tanti studenti volenterosi ed entusiasti.

Mi e' venuta un po' di nostalgia. Oramai i ricordi che mi legano a quella scuola sono tanti e sono tutti molto emozionanti.

La lezione e' andata magnificamente bene, e oltre le otto brave studentesse, tra le allieve ho avuto il piacere di annoverare persino una professoressa giapponese d'inglese, amante del nostro Paese e della nostra lingua.

Alla fine della lezione, ho trascorso un po' di tempo in sala professori in compagnia di alcuni colleghi di Akiko, in particolar modo di Alice e Jakob, insegnanti rispettivamente d'inglese e di tedesco.

Infine, ho avuto l'immenso piacere di rivedere alcune delle allieve a cui ho insegnato in aprile. Queste ragazze, assieme ai loro compagni, sono state in viaggio in Italia (questo e' il motivo per cui hanno assistito alle nostre lezioni), e cosi' hanno voluto raccontarmi un po' della loro esperienza e mostrarmi le tante splendide foto scattate, i disegni fatti da loro e che ritraevano vicoli e monumenti delle citta' visitate. Mi hanno persino mostrato un bellissimo quaderno che una delle ragazze ha preparato e che contiene tante foto, descrizioni, adesivi e ricordi vari di questo loro indimenticabile viaggio.

Per il pranzo, avevo preparato per Akiko e me due bento che abbiamo poi consumato - serenamente - in un tranquillissimo parco nei pressi della scuola.

Ecco il bento che ho preparato per Akiko:

Ed ecco il bento che ho preparato per me:


Ed ecco i nostri bento, pronti per essere portati via!
Per il laccetto col fiore ringrazio la mia amica Bianca! E' una sua creazione!

Il contenuto di entrambi i bento: salmone grigliato con salsa al miso; 磯辺卵焼き isobe-tamagoyaki preparato con nori coreana; prosciutto cotto; pomodorini; fagiolini con salsa di melanzane e pomodoro; ciliegie fresche; riso al vapore con alga nori e furikake al curry.

In quel parco abbracciato dal sole, Akiko ed io abbiamo mangiato i nostri bento, e fra un sorriso e l'altro, abbiamo rievocato ricordi d'infanzia che hanno reso ancora piu' dolce il nostro pranzo tra gli alberi.

Un signore anziano, accompagnato da tre meravigliosi e maestosi gatti, se ne stava seduto su di una panchina e trascorreva serenamente il pomeriggio ascoltando un po' di musica attraverso una vecchia radiolina che continuava, nonostante i suoi tanti anni di servizio, ad emettere melodiose note.
Sulla panchina, una spirale di katorisenkoo bruciava lentamente ed emanava un leggero profumo aromatico.

L'aria era umida e calda; il canto delle cicale riempiva d'entusiasmo frizzante il parco; il vociare allegro di bambini che rincorrevano un fresbee giallo dava a quella giornata d'estate quel tocco di dolce malinconia con cui mi capitera' - gia' lo so - di rievocarla in futuro.

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R.I.P. Michael Jackson & Farrah Fawcett

venerdì, giugno 19, 2009

Scorribande notturne

Le lancette dell'orologio segnavano l'una di notte. I miei occhi stavano implorando un po' di riposo, ma la mia curiosita' costringeva le pesanti palpebre a riaprirsi di scatto. Ero arrivata ad un punto di svolta nel mio giochino "Arricchisco il mio vocabolario" per la Nintendo DS e non potevo proprio mollare! Terminare il gioco improvvisamente sarebbe stato come voltare le spalle ad una vittoria che ormai avevo gia' in pugno.

Intanto fuori tutto taceva. Il cielo era scurissimo e su di esso risplendeva solo qualche brillante stella qua e la'. Quando il cielo e' cosi', mi fa pensare ad un mantello di velluto nero adornato da preziosi diamanti che luccicano...キラキラkira-kira.

Il quartiere era immerso in un sonno profondo. Il corso principale era illuminato dai lampioni che gettano su di esso una luce giallastra e che fa sembrare le strade ancora piu' silenziose del solito.
In fondo al corso, i semafori dirigevano un traffico inesistente sfoggiando la loro tricolorata precisione.

In quel silenzio e in quell'apparente assenza di vita umana, persino gli animali sembrano non entrare mai in scena.

A quell'ora il Kanagawa dorme. Le sue strade ospitano solo qualche sacchetto dell'immondizia che verra' puntualmente ritirato la mattina seguente; i suoi marciapiedi si riposano e fanno malvolentieri posto soltanto a qualche persona un po' alticcia e barcollante che, inciampandosi addirittura nelle proprie ciabatte di gomma, a fatica ritrova la strada verso casa, canticchiando stonatamente e a voce alta qualche stropicciato ritornello di chissa' quale canzone.

Gli ultimi testimoni di alcoliche ingordigie si perdono nelle vie scure del quartiere, e il silenzio ritorna a regnare sovrano su tutto.

Ma ad un tratto, qualcosa ha iniziato a cambiare.
Qualcosa ha rotto prepotentemente quel silenzio che accompagna le notti serene di Sagamihara.

Da lontano ho sentito l'assordante rombare di motociclette seguito dal suono minaccioso di una sirena spiegata di una volante della polizia. Il frastuono si faceva sempre piu' intenso e sempre piu' vicino.

Improvvisamente mi sono alzata, e dimenticandomi del tutto della mia sfida con il Bloccolettere, sono corsa in una stanza buia della casa e mi sono avvicinata alla finestra da cui ho assistito a bocca aperta ad un incontro semi-ravvicinato con dei malavitosi, nonche' collaboratori della pericolosa yakuza: i 暴走族 boosoozoku.

Riguardiamolo meglio quel primo kanji perche' e' terrificante:


violenza, crudelta'

I boosoozoku sono vere e proprie bande di ragazzetti teppistelli che girano di notte per le strade del Giappone, a bordo di assordanti motociclette truccate.
Il rumore di queste motociclette e' talmente forte che e' paragonabile soltanto a quello prodotto da un elicottero che atterra davanti casa.

La scia di quel frastuono infernale non sembra nemmeno indebolirsi, se non dopo kilometri.

L'unico scopo di questi delinquentelli e' quello - ovviamente - di disturbare il piu' possibile, svegliando interi quartieri con un sol colpo d'acceleratore.
Oltre tutta una serie di aggeggi vari usati per truccare e trasformare queste infernali moto, esistono infinite tecniche per modificare le marmitte e renderle cosi' ancora piu' chiassose di prima. E quei boosoo a corto di yen passano alle maniere spartane e sbrigative: eliminano l'intera marmitta e viaggiano senza!

In tutto il Giappone si e' perso il conto ormai delle bande piu' o meno importanti di motociclisti notturni e che viaggiano all'insegna del baccano. Ma i boosoo non sono solo gruppi di adolescenti ribelli con moto dipinte e luminose, oppure con i capelli tinti di colori improbabili; sono personaggi che purtroppo fanno parte della malavita, dell'underworld del Giappone. I loro stretti contatti con la yakuza bastano abbondantemente a rendere questi teppisti pericolosissimi.

La yakuza ha un controllo quasi totale sulle attivita' dei boosoo, e li obbliga a sborsare una sorta di pizzo che i mafiosi giapponesi giustificano come pedaggio per le rumorose traversate notturne.
Naturalmente, il pagamento di questo pedaggio non e' facoltativo, e possiamo solo immaginare la sorte che tocca a chi pensasse anche solo lontanamente di opporvisi.

Ma questi pedaggi malavitosi sono costosi, e i boosoo per evitare rogne s'ingegnano per racimolare le ingenti somme pretese periodicamente dai boss. Attivita' come rapine, estorsioni, scippi e furtarelli vari sembrano, a quanto pare, fonti redditizie d'introito.

Ero affacciata alla finestra e ho visto decine e decine di boosoo, molti dei quali viaggiavano in due su di una stessa motocicletta. Subito dietro di loro, una volante della polizia a sirene spiegatissime. Il finestrino della volante era abbassato, e da li' spuntava un megafono con cui il poliziotto intimava ai ragazzetti di fermarsi. Naturalmente, non solo i boosoo non si fermavano, ma con aria strafottente, sbeffeggiavano quel povero poliziotto che sicuramente avrebbe tanto voluto essere a casa sua, anziche' per strada di notte a rincorrere bande di delinquenti.

Quando i ragazzacci e la polizia sono passati davanti a casa mia, hanno rallentato e sembrava quasi si stessero per fermare. Ma in realta', era tutta una finta per prendersi gioco del poliziotto.
I boosoo, col volto insolente e sprezzante, lanciavano sorrisetti maligni al poliziotto il quale, imperterrito e fedele ai regolamenti, continuava ad intimar loro di smetterla, usando un giapponese molto educato.

Nel frattempo, ero dietro la finestra nella stanza buia e osservavo con attenzione. Non vi nascondo, pero', di aver avuto paura di essere vista. Dicono sia pericoloso persino guardare i boosoo negli occhi! Forse e' solo un modo di dire per scoraggiare chiunque avesse intenzione di attirare la loro attenzione. O forse questi boosoo si sentono talmente superiori e potenti da paragonarsi agli Imperatori di una volta i cui occhi divini non potevano mai incrociare lo sguardo rozzo e grossolano della gente comune. Chi riceveva l'immenso onore di essere ricevuto al cospetto dell'Imperatore, doveva inginocchiarsi in una stanza dove un telo semi-trasparente separava il povero mortale dall'Imperatore, impedendogli di guardare il sovrano negli occhi.

La polizia fa il possibile (e talvolta l'impossibile) per tenere a bada questo serio problema, ma purtroppo il loro compito e' tutt'altro che semplice. Buona parte dei boosoo sono minorenni, e se durante un inseguimento uno di loro dovesse farsi male, il poliziotto in questione finisce in un mare di guai. Purtroppo e' gia' successo, e questo spiega il perche' di azioni "mani legate" delle forze di polizia. Cavilli giuridici e chissa' quant'altro di cui noi non siamo a conoscenza, rendono i boosoozoku una vera spina nel fianco non solo alla polizia, ma ai milioni di giapponesi che ad una certa ora vorrebbero dormire ma che, ogni tanto, vengono violentemente tirati giu' dal letto dall'indescrivibile frastuono delle bande.

Uno dei boosoo ha poi dileggiato il poliziotto rivolgendogli un volgare gestaccio, e il suo meraviglioso esempio di finezza ed eleganza e' stato prontamente imitato dai suoi compagnetti.

Dopo il loro stiloso saluto al pubblico ufficiale, hanno premuto i loro acceleratori con tutta la forza che avevano e sono sgommati via perdendosi nella notte buia, per quella strada che conduce verso le campagne. Intanto, l'assordante rumore e' rimasto nell'aria ancora per diversi minuti.

Il povero poliziotto, spietatamente ignorato, ha continuato il suo vano inseguimento nella notte.
Mi auguro abbia chiamato i rinforzi.

A Sagamihara era ritornato finalmente il silenzio. Ho chiuso le veneziane, sono ritornata a letto dove la mia Nintendo m'informava della mia sconfitta. Ho accennato un sorriso, ho alzato le spalle e sono caduta in un profondo sonno ristoratore.

giovedì, giugno 18, 2009

Una vecchia marionetta e katorisenkoo

(La mia marionetta di legno raffigurante Ikkyuu-san)

Oramai lo sapete: sono una curiosona e non appena mi si presenta l'occasione di andare a ficcanasare fra vecchie cianfrusaglie alla ricerca di semplici tesori che mi catturino il cuore, di certo non mi tiro indietro.

E proprio durante una di queste mie spedizioni esplorative nel mondo degli oggetti dimenticati dal tempo e dalla gente, lasciati ingrigire ed impolverare in maleodoranti scatoloni di cartone spesso, ingiustamente bistrattati da chi ormai non ha piu' interesse alcuno nei confronti di questo ciarpame nostalgico e che puzza di un passato sbiadito e noioso, che ho incontrato un simpatico personaggio.

Un personaggio sorridente e allegro. E' una marionetta di legno e il suo nome e' 一休さん Ikkyuu-san.
Ikkyuu-san e' un famoso personaggio di un manga che ha riscosso moltissimo successo qui in Giappone. Questo manga racconta le avventure di un bambinetto di nome Ikkyuu-san che, volendo diventare un bravo monaco zen, fa apprendistato all'Ankoku-ji 安国寺 un antichissimo tempio situato nella Prefettura di Hiroshima.

Il piccolo Ikkyuu-san e' un bambino allegro, noto per la sua proverbiale sagacia che lo porta alla soluzione di mille problemi, problemi che sono al centro delle tante avventure dell'esilarante apprendista monaco.
Ma Ikkyuu-san non e' un personaggio del tutto fittizio; il suo autore 水島新司 si e' ispirato alla figura di Ikkyuu, un vero monaco buddista e poeta vissuto a cavallo tra il Trecento e il Quattrocento.

Una vecchia marionetta composta da pochi pezzi semplici di legno dipinto, un goccino di colla ed un cordino rosso con cui farle muovere le gambe e le braccia. Un giochino d'altri tempi; un balocco che profuma di un'epoca in cui i bambini trascorrevano interminabili ore a giocare con oggetti semplici come le trottole, le corde per saltare, i trenini di legno, e tutto cio' che creava la fantasia.

Ieri ho brevemente menzionato il katorisenkoo, ovvero un tipo d'incenso usato in estate per tenere lontane le zanzare. Ebbene, nonostante i famelici insetti fortunatamente non siano ancora giunti a banchettare da queste parti, oggi sono andata al supermercato a comprare una confezione di katorisenkoo in preparazione delle prossime e torride settimane. Ma sono andata a comprare quest'incenso anti-zanzare con un certo anticipo proprio per potervelo mostrare!

Noterete come i katorisenkoo siano molto simili - quasi identici - agli zampironi.

I katorisenkoo, pero', hanno un odore particolarissimo e che anche nel bel mezzo di un gelido e cupo dicembre saprebbe riportarvi con la mente in un agosto assolato, magari seduti in spiaggia con i piedi ricoperti di sabbia brillante, ad osservare l'orizzone mentre un luminoso sole arancione ammira e rimira la superficie del mare calmo.

Il loro odore e' leggermente medicinale e mi ricorda molto il profumo che sento sempre vicino al giardino del mio tempio di zona. E' un odore che ricorda la fragranza di certe erbe medicinali, di certi unguenti balsamici e benefici.
Rimango sempre incantata nell'osservare le scatole metalliche dei katorisenkoo perche' sfoggiano intricati decori che mi portano - seppur solo con la fantasia - indietro di quaranta o cinquant'anni fa, in un Giappone squisitamente Shoowa. Immagino queste confezioni uguali a quelle di adesso; le immagino sugli scaffali di minuscole drogherie di quartiere, quelle drogherie che profumavano di detersivi, te' sfuso, incenso, salsa di soia e belletti; immagino quelle scatole ordinatamente riposte in armadi di qualche vecchia casa; le immagino sui prati o in qualche giardino a far da implacabile anti-zanzare in occasione di pic-nic o cene all'aperto.

Spero sempre di trasmettervi un po' di Giappone, soprattutto un po' di quella quotidiana magia che si chiama lento transitare delle stagioni.

Soluzione del quesito di ieri

Innanzitutto vorrei ringraziare tutti voi che avete deciso di partecipare al mio quesito di ieri. Grazie!

Dunque, la maggior parte di voi ha indovinato! Si tratta proprio di un gancio da tavolo per poter appendere la borsa. Bravissimi!!
Tra l'altro, ora mi rendo conto di aver scoperto l'acqua calda. Vi confesso che non avevo mai visto prima d'ora quel genere di ganci, e dopo averlo scovato in quel negozio di oggettistica, sono rimasta molto sorpresa e pensavo fosse una super novita'.

Qui in Giappone nei locali (bar, ristoranti, pub, ecc.) spesso e' possibile lasciare le borse in appositi cestini che vengono messi vicino al proprio tavolo. In alternativa, in molti ristoranti (soprattutto nei ramen shoppu) si trova una specie di mensola sotto il bancone dove poter riporre borse, borsette, pacchi, pacchetti e contropacchetti.

Al contempo, pero', in un crescente numero di caffetterie e tavole calde lo spazio e' cosi' ridotto da consentire a malapena ai clienti di sedersi. Questo significa che sovente non si sa dove lasciare la borsa, e si e' costretti a tenersela sulle ginocchia oppure in bilico circense su appigli di fortuna.
Questo mi capita matematicamente ogni volta che vado in una delle caffetterie della Doutor, per non parlare delle varie micro caffetterie sparse qua e la'. Sebbene frequenti raramente i locali Starbucks, pure loro ce la stanno mettendo tutta a far si' che i clienti imparino a tenersi le borse sulla testa o magari sospese per aria.

Proprio ieri sera ho avuto occcasione di utilizzare per la prima volta il mio gatto-gancetto da 小林屋 Kobayashi-ya, un ramen shoppu specializzato in ramen allo stile di Hokkaido.
I microtavoli consentivano solo di potersi sedere, ma non contemplavano la possibilita' che i clienti potessero avere con se' una borsetta, un sacchetto o qualcosa da dover appoggiare da qualche parte. Di solito in queste situazioni mi scoccio abbastanza; d'altra parte i pavimenti dei locali pubblici - per quanto puliti - non invogliano ad appoggiarvi proprio nulla. Ma questa volta, il mio neko-chan mi e' venuto in aiuto e ho potuto gustarmi la mia scodellona di negi-ramen senza preoccupazioni.

Elena (se non erro) mi ha chiesto dove l'avessi comprato: dunque, il negozio ha un nome tipo NZK o NZL, non ricordo con esattezza. Comunque, sono quasi certa che in un qualunque meraviglioso Tokyu Hands si trovino ganci come questi.

Bene, di nuovo complimenti per aver indovinato! たいへん良くできました!Taihen yoku dekimashita! Ottimo lavoro!
E siccome oggi sono in vena di scrivere, con molta probabilita' pubblichero' un nuovo articoletto.

mercoledì, giugno 17, 2009

La magia di giugno e varie

(Foto scattata da me dal binario della piccola stazione del mio quartiere)

Il giugno giapponese e' un mese particolarmente suggestivo, a mio avviso; e' un periodo dell'anno in cui i regali primaverili escono di scena in punta dei piedi e lasciano posto ai luccicanti tesori dell'estate, ma un'estate perfetta che ancora non e' stata intaccata dall'invadente morsa della calura piu' soffocante.
Giugno e' un mese in cui una pioggia insistente apre le danze, quasi come se volesse ripulire il palco prima di alzare quel pesante sipario di velluto giallo come il sole; un sipario dietro cui si celano i canti notturni dei grilli, gli impetuosi cori armonici delle cicale, la brezza tiepida che scompiglia con fare giocherellone i capelli, l'odore pungente delle spirali di katorisenkoo* che bruciano lentamente, i primi yukata colorati che iniziano a rallegrare le strade e i viali, gli allegri fuochi d'artificio, il tintinnio dei fuurin (uno e' ospite qui sul blog, in fondo a destra), e tanto tanto altro ancora.

*un apposito incenso che si usa in estate per tenere lontane le zanzare.


Quella foto che vedete in alto a sinistra l'ho scattata io domenica pomeriggio. Ero sul binario della mia piccola stazioncina di quartiere e l'aria era umida e odorava di risaie, di acqua e di fogliame. Mi e' venuta quindi voglia d'immortalare quella scena di assoluta pace.
In passato, ho pubblicato altre foto di quello stesso paesaggio, ma ogni tanto mi piace riproporvele perche' e' un paesaggio che cambia in continuazione.
Ecco altre due immagini:
Il sole, come potete vedere, giocava a 隠れん坊 kakurenboo, cioe' a nascondino. A dire il vero, era piu' nascosto che altro tant'e' vero che ha mostrato timidamente alcuni suoi languidi raggi solo in mattinata per poi passare il resto della giornata a farsi rincorrere con lo sguardo da chi lo cercava disperatamente.
Lunedi' e' ritornato mio marito dagli Stati Uniti e io sono felice e sorrido! Una sensazione di gran sollievo mi ha ridato pace; la tragedia dell'Air France mi ha impressionata in una maniera che non credevo possibile. Di natura sono esageratamente emotiva e tendo a vivere ogni cosa con la massima intensita', e quando si verificano fattacci di questo genere soffro quasi come se li avessi vissuti in prima persona. E' straziante.
Naturalmente ho cercato di non lasciarmi spaventare piu' del dovuto cercando consolazione nella lettura di articoli tecnici e che - con statistiche e dati vari alla mano - tentano di ricordarci che l'aereo e' ancora il mezzo di trasporto piu' sicuro. Se da una parte questi articoli mi hanno rincuorata, dall'altra mi hanno pero' nuovamente messa di fronte alla nuda e cruda realta' della fragilita' della vita umana e dell'inestimabile valore che assume ogni minuto di tempo che riusciamo a trascorrere con le persone a noi care.

La settimana scorsa e' stata una settimana generosa in cui ho ricevuto alcuni regali molto speciali.
Nello stesso giorno, da parte prima di Kyoko e poi di Akiko (le quali non si conoscono!), ho ricevuto due bottiglie di succo di frutta: il primo (quello da parte di Kyoko) e' succo purissimo di mela proveniente dalla prefettura di Aomori, mentre il secondo e' succo di arance rosse biologiche dall'Italia!
Akiko, inoltre, mi ha portato in dono alcune cose che confermano la sua sensibilita' e dolcezza: un delicatissimo bouquet di erbe fresche del suo balcone, tra cui prezzemolo, foglie di sedano, rametti di rosmarino. Una rosellina fucsia da' uno sprazzo di colore a questa profumata composizione aromatica:
Alcune profumatissime foglie di shiso del suo balcone:
...ed una splendida e vecchia moneta giapponese da 50 yen del trentasettesimo anno Shoowa, ossia del 1962.
Eccola qui:
E qui invece i vecchi 50 yen vicino ai 50 yen di adesso (la moneta attuale e' quella piu' piccola):
Con la calura che ormai sta prendendo sempre piu' piede, la voglia di bere e mangiare cose fresche e fredde aumenta. E a proposito di bevande, oramai sono sicura che siete gia' al corrente della famosa birra analcolica della Kirin di nome Free. Infatti, sembra quasi che ogni blog sul Giappone ne abbia parlato! In genere, pur rifuggendo volentieri mode varie per non correre il rischio di pecoronizzarmi, questa volta mi accodo anch'io alla lunga lista dei messaggeri blogganti della Kirin.
Da un anno a questa parte, in molte citta' del Giappone sono stati registrati dati allarmanti che confermano quanto diffusa sia la pericolosa abitudine di mettersi al volante in stato di ebbrezza. Troppa gente si mette alla guida di un veicolo completamente ubriaca oppure dopo aver consumato anche solo un paio di bicchieri di qualche alcolico. Gli incidenti catastrofici e spesso mortali dimostrano inconfutabilmente l'incoscienza che genera tali comportamenti. Purtroppo non c'e' giro di parole scaltro che tenga: l'alcol - seppur in quantita' minime - rallenta notevolmente i riflessi ed offusca la capacita' di reagire soprattutto in situazioni in cui la massima attenzione non e' semplicemente consigliata, ma e' fondamentalmente VITALE.

Per le strade del Kanagawa si avvistano spesso grossi striscioni con su stampato un avvertimento che andrebbe inculcato nella testa di tutti: 飲酒運転しないーさせない! Inshu unten shinai - sasenai! Ossia: non guidare dopo aver bevuto e non lasciare che qualcun altro lo faccia!
Insomma, liberissimi di bere ma se si deve ritornare a casa, allora si rimane in albergo, a casa di amici, si prende un taxi o ci si fa accompagnare da qualcuno.
Pensate che dove lavora mio marito, le regole sono cosi' ferree che la guida e' proibita anche dopo solo UN bicchiere di qualunque bevanda che contenga una qualunque percentuale d'alcol. La regola puo' sembrare esagerata, ma se in gioco c'e' la vita umana ecco che la prospettiva cambia.

Proprio in risposta al crescente numero d'incidenti stradali causati dall'alcol, la Kirin ha creato la birra Free, nonche' la prima birra analcolica con un contenuto d'alcol pari allo 0.00%. Insomma, zero alcol. Tutte le birre analcoliche di vecchia generazione contengono esigue quantita' di alcol, mentre questa nuova Kirin contiene tanto alcol quanto un'aranciata o un bicchier d'acqua.

Siete andati in auto a casa di amici e volete gustarvi una bella birretta? Kirin Free fara' al caso vostro. Siete ad una cena con i vostri colleghi di lavoro, magari in una sushi-ya o una yakitori-ya e siete venuti in auto? Ordinate una Kirin Free.

La Kirin Free e' in commercio da poco, e inizialmente non riuscivo a trovarla in nessuno dei supermercati della mia zona. Pur essendo una persona che beve molto raramente e solo in occasioni particolari, e pur non avendo grande predilezione per la birra, ero comunque molto incuriosita da questo nuovo prodotto della Kirin. Mi stupiva la completa assenza di alcol: un notevole passo in avanti nel campo delle bevande analcoliche.
Premesso che non sono un'intenditrice di birra, vi diro' che la Kirin Free e' ottima. Ha il sapore della birra caratterizzato dal tipico retrogusto amarognolo frizzante che disseta e rinfresca. Non manca neppure la schiuma bianca e soffice! Manca solo l'alcol e la sua assenza si sente soprattutto all'inizio quando, ingoiando i primi sorsi, ci si accorge che non c'e' quella nota finale forte e che - in breve tempo e soprattutto in soggetti poco abituati all'alcol come la sottoscritta - inizia a farsi sentire attraverso mal di testa, indolenzimento di braccia e gambe, rossore esagerato del volto, ecc.
Ecco, d'ora in avanti se mi andra' di assaporare una birretta, ci potete giurare che la mia scelta ricarda' solo sulla Kirin Free: tutto il sapore della birra senza la sbornia.
E cosa volete di piu' dalla vita? Un Lucano...ma solo se e' free come la Kirin!

Sono spesso attratta da nuovi prodotti da assaggiare e da sperimentare. Uno di questi sono le zuppe di miso liofilizzate. Ora, mi rendo conto che con tutta l'invidiabile abbondanza di miso fresco disponibile in ogni singolo angolo di questo bel Giappone sia alquanto ridicolo esplorare gli scaffali delle minestre in polvere, ma la mia curiosita' e' nata dopo aver assistito ad una vera invasione di blocchettini confezionati come questo che ho comprato io:
Nel giro di quaranta minuti sono stata in due supermercati diversi e in entrambi i posti ho trovato un assortimento del tutto inaspettato di queste zuppe in blocchetto. Pare siano diverse dalle classiche bustine di miso in polvere in quanto questi blocchetti subiscono una liofilizzazione a freddo a temperature di millemila gradi sotto lo zero. In poche parole, si parte dalla zuppa fresca e appena preparata e - attraverso un procedimento particolare - si arriva al blocchetto. Questo:
La zuppa che ho scelto io avrebbe dovuto essere un 豚汁 tonjiru, ossia zuppa di maiale con miso. Le varieta' disponibili pero' erano numerosissime: dalla classica zuppa di miso con tofu e wakame, alle zuppe akadashi (a base di miso rosso) alle minestre preparate con miso iposodico.
Un assortimento senza dubbio allettante; peccato non si possa dire lo stesso per il prezzo. In media ogni blocchetto costa sui 120-140 yen (dai 90 centesimi ad 1 euro)! Decisamente esose se si considera che in media una vaschetta da un Kg di miso fresco si aggira sui 300-400 yen a seconda della marca! E immaginate un po' quante scodelle di zuppa si riescono a preparare con un Kg di miso?

La preparazione della zuppa in blocchetto e' cosi' semplice da poterla eseguire addirittura bendati: si mette il blocchetto in una scodella...
...e sopra vi si versa dell'acqua calda:
Si mescola il tutto e...いただき~す!Itadakimaaaasu!

VERDETTO
Buonina, ma niente di che, o come recita eloquentemente una delle mie espressioni inglesi preferite: nothing to write home about.
Tra l'altro, sapeva di tutto meno che di tonjiru. Insomma, la pratica n.3843048304830 "Zuppe di miso in blocchetto" e' stata accuratamente passata al vaglio e ...cestinata.
Ritorno con grande allegria a riprepararmi la mia adorata zuppa di miso usando solo miso fresco!

Rimanendo in tema di novita' da sperimentare, domenica scorsa mi trovavo a curiosare in uno dei miliardi di negozietti di oggettistica moderna che asfissiano il Giappone. Sono negozi presenti ovunque e che spesso propongono un'accozzaglia di articoli non ben definita; insomma, non si capisce che cosa vendano di preciso. Sui loro scaffali in genere trovate articoli per il giardinaggio, saponette, gli immancabili aggeggini per l'aromaterapia, asciugamani, scodelle, posate, collane, porta-riviste, scarpe, cesoie, tende, cuscini, spray profumati per il cuscino, borse di paglia, tavoli dalle impossibili forme geometriche, penne, portafoto, pantofole, snack biologici e molto altro ancora.

Forse si e' capito che non ho molta predilezione per questi posti; sara' perche' lo stile e' troppo moderno, troppo mielosamente occidentale, troppo incagliato in quell'immaginario mix a meta' tra l'Old America, il trasandato stile bohemien e il melenso intreccio di fiori di lavanda e sapori rustici della Provenza.

Insomma, curioso appunto per pura curiosita', ma raramente acquisto qualcosa. D'altra parte, con gli occhi antichi che mi ritrovo e la passione smodata per il vetusto, per tutto cio' che sa di vecchio Giappone difficilmente rimango folgorata da qualcosa in mezzo a quel mare di stili che idealizzano un occidente che forse neppure esiste.

Pero' domenica ho trovato un qualcosa di molto particolare e che giunge in risposta ad mio problema, nonche' un problema che s'incontra abbastanza spesso qui in Giappone. Si tratta di quest'enigmatico oggetto qui:
Secondo voi che cos'e'? Stavo per darvi subito la soluzione, ma poi ho pensato fosse piu' divertente lasciarvi indovinare.

Domani pubblichero' la risposta.

Un saluto da un Kanagawa lavato e tirato a lucido da un formidabile temporale!

martedì, giugno 09, 2009

Occhi antichi, profumo di pagine e varie

(A sinistra: due miei acquisti libreschi, nonche' due perle di carta scovate da Kitazawa, a Jinboochoo.)

Venerdi' sono andata, in solitaria, a 神保町 Jinboochoo, l'angolo piu' deliziosamente libresco della grande Tokyo, una zona in cui circa tre secoli fa abitava un samurai di nome 神保 Jinboo...e da qui il nome. choo significa quartiere, cittadina, ecc.

La pioggia pero' mi ha fatto da insistente, sgradita e liquida compagna, costringendomi a rimanere tenacemente incollata al mio trasparente ombrello tokyota. Eh si, lo sapevate che in genere gli ombrelli giapponesi per la pioggia sono trasparenti? Non tutti, naturalmente, ma quelli trasparenti sono i piu' comuni.

La metropolitana, che dalla caotica e confusionaria Shinjuku mi ha condotta nella librosa Jinboochoo, ha impiegato solo sette minuti a giungere a destinazione. Sette minuti trascorsi ad assaporare le sorprese che probabilmente mi stavano attendendo.

Purtroppo la torrenziale pioggia non ha fatto da sfondo ideale per l'acquisto di libri (il terrore che si bagnassero era costante), e non mi ha nemmeno invogliata a fare foto. D'altra parte molte delle librerie avevano ritirato i loro banchetti esterni, mentre altre si erano limitate a coprire la loro mercanzia libresca con grossi teloni di nylon opaco e che avevano gia' in precedenza svolto la noiosa mansione anti-pioggia.

Con mia sorpresa, ho scoperto che a Jinboochoo sia negozi di libri antichi che negozi di libri nuovi si affacciano sul corso principale, ossia la Yasukuni-doori.
La mia implacabile ingordigia libresca mi ha impedito di resistere alla tentazione di catapultarmi a ficcanasare nella gigantesca libreria 三省堂 Sanseido il cui imponente edificio sorge proprio all'angolo tra la Yasukuni e la Hakusan-doori.

Da Sanseido montagne e montagne di libri nuovissimi e profumati aspettano trepidanti lettori avidi e curiosi.
Sapendo dell'enorme assortimento di libri di Jinboochoo, ho pensato di approfittarne per cercare qualcosa da leggere in inglese e magari qualche libro-alleato sullo studio del giapponese.
Non mi ci e' voluto molto prima di ritrovarmi alla cassa con i seguenti:
The Waiting Years di Enchi Fumiko, una delle mie autrici giapponesi preferite. Di Enchi sto finendo di assaporare Masks, e dopo essere irrimediabilmente caduta vittima del suo incantesimo, ho capito che avrei dovuto impossessarmi al piu' presto di una copia di questo romanzo considerato il suo capolavoro.
絵でわかる日本語 E de wakaru nihongo, ossia Capire il giapponese attraverso le immagini. Non sospettavo nemmeno l'esistenza di questo libro, ma dopo averlo trovato sugli stracolmi scaffali di Sanseido ho provato curiosita' e ho deciso d'iniziare a sfogliarlo. Nel giro di pochi minuti ho capito che avevo fra le mani un'opera preziosa e che mi sarebbe stata d'eccellente aiuto nello studio del giapponese. Si tratta di una raccolta di alcune delle parole ed espressioni piu' comunemente utilizzate nella lingua giapponese e che hanno almeno tre o quattro significati diversi a seconda del contesto (sono parole ed espressioni, infatti, che generalmente confondono noi studenti). Ognuna delle accezioni viene accuratamente spiegata attraverso una simpatica vignetta che illustra - in modo chiarissimo e lineare - come utilizzare correttamente l'espressione o il vocabolo in questione. Se tra chi legge c'e' qualche studente di giapponese interessato a sapere quali siano alcune delle parole ed espressioni contenute in questo libro, ecco qua:
ちょっと、そろそろ、あがる、いっぱい、はい、うち、えらい、あれ、あら、あんまり、きちんと、なんとか、しっかり, l'onnipresente やっぱり e molti altri.

Generalmente nelle librerie giapponesi al momento dell'acquisto viene chiesto al cliente se desidera o meno che i libri scelti vengano foderati (gratis, naturalmente). Questo utilissimo servizio viene offerto sia per far si' che i libri non si sgualciscano troppo facilmente e sia per una questione di privacy: si potra' leggere il libro acquistato dovunque (ad esempio, in treno) senza che nessuno ficcanasi.

Queste sono le bellissime fodere della libreria Sanseido di Jinboochoo:

Come vedete, le copertine sono abbellite da nientepopodimenoche' la cartina dettagliata di Jinboochoo!

La pioggia continuava imperterrita ad ingrigire Tokyo e i tokyoti, ma il mio umore era alle stelle. Mi sentivo veramente come una bambina dalle guanciotte rosse e che, sorridendo felice, si aggira in un fornito negozietto di dolciumi. Solo che a Jinboochoo al posto di caramelle e tavolette di cioccolato ero circondata da centinaia di migliaia di libri.

Era arrivato quindi il momento di andare a dare una timida occhiata alle librerie di volumi vecchi ed antichi. Di queste librerie Jinboochoo e' zeppa. Una di queste, pero', era al numero uno della mia lista: 北沢書店 Kitazawa-shoten. Un edificio a due piani rosso scuro. Al primo piano un inaspettato e disordinato assortimento di libri per bambini! Ma davvero tanti tanti taaanti libri per bambini! E non solo libri ma anche bambole, puzzle, pastelli e matite, giocattoli educativi e molto altro ancora. La scena era talmente surreale che ho pensato di essere arrivata nella libreria sbagliata.
Stavo quasi per andare a riprendere il mio ombrello trasparente quando ho un cartello semi-nascosto mi ha invitata ad andare a curiosare al piano di sopra. E menomale che ho dato retta al cartello!

Il piano di sopra e' il paradiso dei libri antichi. Centinaia e centinaia di volumi di storia e letteratura americana ed inglese molti dei quali con l'aria di essere vecchi almeno di un secolo e mezzo. I libri erano cosi' tanti da arrivare al soffitto! Se non ci fosse stato il soffitto a fermare quella scalata culturale, le pile di libri avrebbero continuato indisturbate per chissa' quanto tempo ancora arrivando a toccare, probabilmente, la luna.

Dietro il bancone, un anziano signore giapponese dall'aria distinta consultava alcuni cataloghi buttando di tanto in tanto un occhio ad un vecchio computer sulla scrivania. Intorno all'anziano libraio con gli occhiali e il maglione rosso, antichi mobili di ciliegio custodivano sotto chiave rarissimi e preziosissimi volumi dal valore sicuramente inestimabile.

Regnava il silenzio piu' assoluto, un silenzio rotto soltanto dal rumore delle pagine sfogliate e dei passi felpati sulla moquette consunta.

Mastodontiche edizioni dell'autorevole Webster (il piu' stimato dizionario dell'American English) degli anni Venti troneggiavano con imponenza sopra una mensola ricurva. Quelle edizioni in formato dinosauro che, pur sembrandoci al giorno d'oggi del tutto poco pratiche e terribilmente ingombranti, mantengono pero' quel loro fascino austero che sa di difficile ed irraggiungibile.

Vicino alla finestra, ecco uno scaffale stracolmo di vecchi libri dedicati al Giappone, alla cultura e lingua giapponese. Capii di essere arrivata nel posto non giusto, ma giustissimo.

Dopo aver curiosato quasi tutti i volumi sul Giappone (tranne quelli che richiedevano l'uso di una scala per poterli consultare), e dopo aver sbarrato gli occhi un paio di volte davanti ai prezzi da gioielleria appiccicati all'interno di molti dei volumi in vendita, ho scovato due vecchi libri che mi hanno implorato di portarli via da li'. Mi hanno chiesto, con fare dignitoso ma supplicante, di portarli a respirare un po' dell'aria fresca del Kanagawa. E come potevo, secondo voi, dire no a questa loro richiesta?
Ecco, dunque, i due libri che cercavano la liberta':

Japan Yesterday and Today di Uenoda Setsuo. Un libro polveroso del 1952 e che profuma di giorni Shoowa. Un'opera che in quell'epoca venne scritta per poter fornire informazioni attuali sul Giappone a tutti coloro interessati al Paese del Sol Levante. Il signor Uenoda, in maniera del tutto rivoluzionaria secondo i parametri dell'epoca (ma anche quelli attuali), non si limita pero' a sciorinare informazioncine rigurgitate sulla storia di questo tempio anziche' quell'altro, o sulle millemila meraviglie che attendono il turista appena arrivato e completamente a digiuno di Giappone. Preferisce dipingere un ritratto del suo Paese affrontando temi curiosi come ad esempio l'emancipazione della donna giapponese, l'elusivo concetto del sabi e wabi, l'amore dei giapponesi nei confronti degli animali domestici, il cruciale ruolo del riso, la vita quotidiana nelle case dei giapponesi, ecc.
Un'affascinante panoramica che, evitando accuratamente i percorsi stereotipati ed imbottiti di tutte quelle nozioni stantie di cui sembrano essere stracolme le guide turistiche moderne, ci regala un pizzico di un Giappone che in fondo esiste solo in parte. Il lato affascinante di libri come questo e' proprio la loro capacita' di conservare nelle loro pagine un Paese la cui immagine combaciava con quella di alcuni decenni fa ma che adesso trova poco riscontro nelle realta' attuale.
Leggere le sublimi descrizioni che Uenoda-sensei fa di una Ginza che non c'e' piu', in un tempo in cui i tokyoti usavano parole molto di moda come 銀ぶらginbura (la passeggiata per eccellenza per le lussuose strade di Ginza) fa sognare ad occhi aperti; e' come salire sulla macchina del tempo e ritrovarsi in un decennio distante dal nostro.
(Perdonate la foto a testa in giu'. Nonostante l'abbia salvata "dritta", si ostina ad apparire cosi' per ragioni a me ignote).

Il secondo libro, Gleams from Japan di S. Katsumata, e' un'opera che mi giunge dal lontano e sbiadito 1937.
Una pagina del libro di Katsumata-sensei
Katsumata-sensei attraverso le sue parole ci regala, invece, un'immagine del Giappone della fine degli anni Trenta, prima della guerra quindi. Sara' decisamente curioso leggere entrambe le opere e confrontarne le immagini che da essi emergeranno. Due Giapponi molto diversi fra loro che, nonostante tutto pero', continuano a mantener gelosamente qualcosa che si riscontra anche nel presente. L'ho detto altre volte e lo ripeto: il Giappone e' un Paese in continua evoluzione, ma e' anche un Paese dal cuore puro ed immutabile. C'e' qualcosa che in realta' non cambia mai.

Alla radio ho sentito un'espressione che mi e' piaciuta molto: avere gli occhi antichi. Significa amare le cose vecchie, vedere tutto con fare nostalgico, cercando con entusiasmo tutto cio' che ci proviene da un'altra epoca, da un'altra era. Ecco, io credo di avere gli occhi antichi. Il nuovo emoziona, ma mai come l'antico.
Guardare avanti dona forza ed ottimismo, ma guardarsi indietro non e' un male. Ci aiuta ad apprezzare chi siamo e chi eravamo; chi sono e chi erano gli altri; cosa sono e cos'erano i posti che ci circondano.

Ed e' con questi occhi antichi che cerco sempre pezzi di un Giappone che adesso rimane silenzioso sotto le verdi (le immagino di questo colore, non so perche') coperte sbiadite del tempo oppure nei ricordi di qualcuno.

Ieri, ad esempio, in uno di quei negozi dove il vecchio Giappone sembra non essere ancora del tutto dimenticato, ho trovato una tazza molto particolare. Una tazza giapponese ma creata in stile cinese. La tazza e' fatta di una ceramica talmente sottile da dare la spaventosa impressione di frantumarsi solo con lo sguardo.
Forse le foto non rendono l'idea della strabiliante fragilita' della tazza, ma probabilmente la trasparenza della tazza stessa vi potra' far immaginare questa sua eterea delicatezza.


A tutti voi che leggete il mio blog, un saluto da un Giappone piovoso.