mercoledì, marzo 31, 2010

Memorie sparse di marzo

Una mattina mi sono affacciata dalla finestra e, con mia grande sorpresa, ho visto che nel giardino c'era un fiore. Uno solo.

Era una giunchiglia. Attorno a lei c'erano altre piantine, ma lei era l'unico fiore in quella parte di giardino.

Ho osservato la giunchiglia per alcuni minuti senza riuscire a distogliere lo sguardo; era quasi come se mi avesse un po' ipnotizzata. I raggi di sole del primo pomeriggio le avevano regalato un'aura di delicata magia, accentuandone i tenui colori.

La giunchiglia solitaria, pero', aveva un'aria stanca e fragile. Cosi' ho pensato di prendere la macchina fotografica e di andare in giardino a far compagnia a quel fiore cosi' solo.

Mi sono avvicinata alla giunchiglia e, quasi temendo di disturbarla col rumore dei miei passi su quella terra gia' un po' secca, ho cercato con grande delicatezza di trovare la posizione giusta per scattare una fotografia che immortalasse un briciolo della sua bellezza.

E' stato emozionante trovare quel fiore. E' stato come trovare un dono che in quel momento era solo mio.
Un dono improvviso della terra, nato da un seme che - chissa' - forse e' stato accompagnato dal vento.

Oramai i fiori di ciliegio stanno sempre piu' adornando le strade del bel Giappone, e i loro delicati colori mi fanno nuovamente apprezzare il valore puro della vita. Lo so, forse vi sembrera' un'esagerazione, ma quando mi ritrovo ad ammirare un fiore non riesco a non sentirmi felice.

Ieri, dopo essermi preparata per diverso tempo, ho dato un esame per un corso intitolato Advanced Expository Writing, un lungo ed appassionante capitolo del mio percorso accademico.
Mentre m'incamminavo verso l'universita', da lontano ho subito intravisto l'inconfondibile nuvola rosa...quei poetici gruppi di ciliegi che abbelliscono con grazia sempre struggente i viali del corso.

I ciliegi sono davvero alberi particolari: ogni anno, sembrano fiorire quasi all'improvviso. E' come se da un giorno all'altro una mano invisibile desse loro tante tenere pennellate di una tempera rosa quasi bianca. E ieri, infatti, mi hanno nuovamente colta di sorpresa: fino a pochi giorni fa quei rami erano ancora spogli ed erano ancora imbevuti di quell'aria invernale un po' malinconica, mentre ieri quei meravigliosi petali rosa sembravano moltiplicarsi col passare dei secondi e dei minuti.
In questi giorni dovro' assolutamente tentare di catturare un po' di quel fragile e fuggevole splendore attraverso qualche fotografia.

All'universita' ho visto un ragazzo che era andato a dare un esame di filosofia, e che al polso si era messo un お守り omamori viola. Gli omamori sono amuleti shintoisti. Ecco alcuni degli omamori che acquistai la notte del 31 dicembre: qua.
L'ho trovata un'idea molto carina. Spero che l'omamori gli abbia portato fortuna.

Ogni mercoledi' ora mi ritrovo con Sakura. Insieme andiamo a passeggiare, a curiosare in libreria, a sorseggiare caffe' neri fumanti, a guardare le vetrine dei negozi, e a chiacchierare di tante cose.
Sto bene in sua compagnia. E' una persona limpida e onesta. Non sono sempre brava a capire di che pasta siano fatte le persone che mi ritrovo davanti, pero' spesso quando c'e' bonta' nel cuore e il sincero desiderio di fare amicizia allora me ne accorgo.

La settimana scorsa Sakura mi ha portata da 光輪 Koorin, la sua pasticceria giapponese tradizionale preferita. E' da quando era bambina che va li' ad ammirare, con occhi sognanti, quel bancone di vetro colmo di innumerevoli piccole opere d'arte fatte di zucchero, farina, marmellata di azuki e di pasta di riso modellata in mille modi diversi.

Da Koorin, pero', i suoi dolci preferiti sono i バターどら焼き bataa dorayaki, ossia i dorayaki al burro. Incuriosita, ne ho acquistato anch'io qualcuno.
Ebbene, erano semplicemente favolosi! Due soffici frittelle avvolgevano un morbido ripieno di marmellata di azuki fresca ed una crema dolce-salata al burro. Una bonta' indescrivibile.
Marzo e' stato un mese ricco di dolci. Il giorno in cui ho assaggiato quei ghiotti dorayaki di Koorin, Sakura mi ha portato in regalo alcune gelatine e budini tradizionali giapponesi. Le confezioni dei dolcini erano cosi' graziose che ho voluto subito fotografarle:

Quelli della seconda foto sono dei budini molto cremosi, tipo mousse. Sull'etichetta, infatti, c'e' scritta la parola mousse pero' in hiragana, e cioe' むうす, cosa alquanto inconsueta. Ma l'hiragana, quando usato - seppur forzatamente - per trascrivere parole straniere riesce sempre a dare alla parola un'aria tradizionale che col katakana invece si perde.

E sempre a marzo ho ricevuto, questa volta da parte di Fusae, questa meravigliosa scatolina:

Al suo interno custodiva tante, tantissime deliziose scorzette di ゆず yuzu ricoperte di cioccolato e cacao in polvere.

Ma marzo e' stato un mese che ha visto anche tanti cambiamenti nel quartiere.
C'era una casa di legno scuro, costruita ancora alla vecchia maniera. Era una di quelle case dalla cui finestra ci si aspettava sempre, da un momento all'altro, di udire le note leggere di uno shamisen.
Vicino alla porta di quella casa c'era un grosso pezzo di legno su cui qualche persona molto abile aveva scolpito pazientemente i complessi kanji che componevano il nome della famiglia che li' risiedeva.

Ora quella casa non c'e' piu'. Esiste solo piu' nel mio ricordo. Su quel terreno, a parte qualche cartaccia, c'e' il nulla.

E da settimane, ormai, anche la vecchia bottiglieria Hasegawa che c'e' proprio davanti casa nostra sta ormai andando incontro ad un declino forse inevitabile.
I proprietari della bottiglieria, oltre a vendere liquori, bibite e alcuni semplici alimentari, gestivano anche una piccola tintoria ospitata direttamente nel retro del negozio.

Quasi ogni sera, prima di cena, mio marito attraversava la strada e andava un attimo da Hasegawa a prendere una bottiglia gelata di birra Sapporo o Asahi.

Ma ora anche la bottiglieria Hasegawa sta per diventare un ricordo. Stamattina sono arrivati nuovi operai che, nel giro di poco, hanno iniziato a spaccare muri e a scardinare porte e saracinesche.
Cosi' ho voluto immortalare quello che era rimasto dell'edificio, come ricordo. Voglio ricordare quei kanji gialli impolverati dell'insegna. Voglio ricordare quel katakana rosso dall'aria cosi' Shoowa e che pubblicizza la birra Sapporo. Voglio ricordare quell'insegna azzurra e bianca che segnalava ai passanti la presenza di una bottiglieria / tintoria.

martedì, marzo 16, 2010

Nihon Magazine

春一番 Haru-ichiban e' arrivato sabato, e con esso la delicata aria tiepida che profuma di primavera.

Ma non e' di questo che vorrei parlarvi.

L'aggiornamento di oggi e' brevissimo, ma importante: e' stato appena pubblicato il n.0 della nuova rivista Nihon Magazine, una rivista con cui diverso tempo fa ebbi l'onore di collaborare attraverso un mio modesto intervento.

Per ora la rivista e' disponibile gratuitamente online e potrete comodamente "sfogliarla" a casa vostra, grazie ad un semplice clic!

V'invito a far visita al sito ufficiale della rivista, ossia www.nihonmagazine.com e a dare un'occhiata non solo al mio articolo, ma anche agli splendidi contributi di tutti gli altri collaboratori di Nihon Magazine!

Ringrazio pubblicamente Davide Scirocchi, fondatore di Nihon Magazine, per avermi concesso di collaborare con questa nuova e promettente rivista.

Buona lettura a tutti!

martedì, marzo 09, 2010

Il tempio ed una quasi primavera

(I profumatissimi 紅梅 koobai, ossia i susini rossi del tempio. Tutte le foto di questo articoletto sono opera mia). 

C'e' un vento qui in Giappone che si chiama 春一番 haru-ichiban e che pare rappresentare la vera linea di demarcazione fra l'inverno che finalmente finisce e la primavera che finalmente comincia.
Questo vento soffia prepotentemente quasi come a volersi annunciare a tutti, ma proprio a tutti. E' un vento che non vuole passare inosservato, e infatti la sua imperiosa presenza ne e' la dimostrazione.
In questi giorni si e' in trepidante attesa che arrivi haru-ichiban e con esso il primo e profumato inizio di primavera.

Ma l'attesa e' resa ancora piu' inquieta dagli ultimi tenaci rimasugli invernali, quegli stessi strascichi che da stamattina hanno ricoperto di neve il Kanagawa, Tokyo e alcune altre regioni del Giappone. Ma sono residui testardi e che sembrano non aver alcunissima intenzione di lasciare che la primavera prenda delicatamente in mano il timone e inizi a guidare il Paese verso una stagione di deliziose temperature miti, di alberi avvolti in soffici nuvole rosa, e di aria che profuma semplicemente di voglia di vivere.

Oggi pomeriggio, mentre camminavo verso l'universita', sono stata accompagnata da una foltissima pioggia di silenziosi fiocchi di neve. Le auto sfrecciavano sull'asfalto bagnato e i rumori cittadini continuavano il loro consueto e chiassoso dovere, ma era come se tutti i suoni fossero solo in sottofondo perche' sotto i riflettori in realta' c'era il niveo silenzio ovattato, ovvero quella magia acustica di cui sa far dono solo la neve.

Sul bordo di un'aiuola un bellissimo uccellino bianco e nero zampettava allegramente e le sue piume candide sembravano confondersi con la purezza di quel nevischio di marzo.

Ho rivisto la mia amica Sakura lunedi' scorso. Sakura dal bel sorriso e dai bei modi di fare. Sakura, amica mia.

Un sole splendido e pulito preannunciava gia' una giornata speciale e colma di quelle piccole gioie destinate a diventar parte irrinunciabile dei ricordi piu' cari.

E cosi' e' stato.

Lunedi' mattina, infatti, avevo appuntamento al tempio buddista di zona perche' desideravo che il monaco scegliesse personalmente i kanji del mio nome. In realta', fino a poco tempo fa non sapevo nemmeno che cio' si potesse fare, ma fu proprio Sakura a dirmelo e ad incuriosirmi.

Il maestoso tempio Soochuuji
Il monaco del Soochuuji (il mio tempio di zona) ci aspettava sorridente alle nove in punto. Hirano-san, il monaco, indossava il suo consueto kimono nerissimo con su ricamato lo stemma imperiale dei Tokugawa.

Dopo averci dato il benvenuto, l'anziano monaco ci ha condotte in una saletta laterale del tempio generalmente adibita a sala da te'. Li' ci siamo seduti e dopo aver scambiato due chiacchiere ed aver sorseggiato del delizioso sencha accompagnato da morbidi mochi alle foglie d'assenzio, Hirano-san mi ha fatto un inchino e mi ha consegnato una busta di carta bianca e liscia e con su stampato il nome del tempio. Quella busta custodiva al suo interno un documento che e' diventato ora uno dei miei tesori piu' preziosi: i kanji ufficiali che ha scelto il monaco per il mio nome.

Ecco il sottilissimo foglio di carta di riso, abbellito dagli aggraziatissimi kanji neri scritti a mano dal monaco:

I quattro kanji che il monaco ha scelto per me rappresentano la trascrizione fonetica del mio nome, ossia Marianna. Hirano-san, pero', non ha scelto i kanji semplicemente per una questione di suono, ma anche di significato, e questo forse e' l'aspetto piu' sbalorditivo. Eh si, perche' senza saperlo (o forse lo sapeva, chissa'), ha scelto tutti kanji che a me piacevano particolarmente; uno in particolare (il secondo dall'alto) desideravo tanto facesse parte del mio nome. L'ultimo, poi, e' il na di Kanagawa...un kanji quindi che mi leghera' per sempre a quest'antica provincia a cui sono intensamente affezionata. Immaginate, dunque, con che piacevole stupore io abbia ammirato quei kanji monastici!

Quel timbro rosso sui miei kanji e' il sigillo ufficiale del tempio.

Qui invece appare la data scritta secondo il calendario tradizionale giapponese, tenendo cioe' conto del numero di anni trascorsi dall'ascesa al trono dell'ultimo imperatore. Con ogni imperatore inizia una nuova era, e quella di adesso inizio' nel 1989 e si chiama 平成 Heisei. Da allora sono passati ventidue anni, e il 2010 quindi e' il ventiduesimo anno dell'era Heisei. Appaiono anche il mese e il giorno, naturalmente. A sinistra, invece, il nome del tempio, il nome per esteso del monaco ed il suo timbro ufficiale.

Per me e' stato un onore non solo ricevere questi magnifici kanji che mi accompagneranno per tutto il resto della mia vita, ma e' stato un onore ancora piu' grande aver potuto conoscere e conversare con questo generoso e sereno monaco il cui sorriso contagioso non dimentichero'.

Hirano-san era cosi' contento che Sakura ed io fossimo andate a trovarlo che quasi non si dava pace! Nel giro di dieci o quindici minuti, si e' unito a noi un gruppetto di persone che, incuriosite soprattutto dalla presenza dell'"ospite italiana", hanno iniziato ad offrirmi dolci e bevande varie, e a farmi tantissime domande sull'Italia. Tra queste persone c'erano alcuni operai che erano stati assunti dal monaco perche' costruissero, dietro il tempio, un piccolo cimitero per animali. Uno di questi operai sembrava particolarmente rapito dal fatto che io venga da un Paese cosi' lontano dal Giappone come l'Italia, e dopo diverse domande sulla nostra cultura e sulla nostra lingua, l'ho visto osservare in contemplazione e con lo sguardo sognante una fotografia di un fiore.

Alcuni fiori di pesco del tempio
Senza che nemmeno ce ne accorgessimo, erano passate quasi due ore e noi eravamo ancora li' ad ascoltare gli affascinanti racconti di una signora che era stata in viaggio in Italia una volta e che, in seguito a quell'esperienza, non e' mai riuscita a smettere di pensare al nostro Paese. A noi si e' persino unito il cognato del monaco, un signore sulla settantina che fino a pochi anni fa ha lavorato per un'azienda che aveva frequenti contatti con l'Italia; fu proprio grazie a questi contatti commerciali che questo signore pote' visitare la nostra penisola in lungo e in largo, moltissime volte. Mi disse di essere stato infinite volte persino a Torino e di averla trovata una citta' incredibilmente affascinante.
Immaginate, dunque, la mia gioia!

Al gruppo si e' persino unita una signora che si occupa mensilmente della pubblicazione del giornale del tempio. E grazie ad un'idea del monaco, questa signora mi ha fotografata mentre tengo in mano il foglio coi miei kanji, e mentre vicino a me c'e' Hirano-san che mi aiuta a tener dritto il foglio. La signora mi ha detto che la mia foto apparira' sul numero di marzo della rivista!

Sarei rimasta ore ed ore ad ascoltare queste persone e le loro storie raccontate col cuore in mano e con l'irripetibile magia dell'entusiasmo e delle parole pronunciate con sincerita'.

Sarei rimasta ore ad ascoltare i discorsi chiari, lineari del monaco. Le sue parole, cosi' pulite, leggere e prive di qualunque traccia di quella cattiveria e di quel veleno di cui, purtroppo, abbondano i discorsi di molti, erano cosi' piacevoli da ascoltare.

Sarei rimasta ore ad ascoltare quell'anziano monaco sorridente mentre ci raccontava della sua passione smodata per gli spaghetti!

Ma era arrivata l'ora di salutarci e di ringraziare il monaco per tutto quanto. Era giunta anche l'ora di salutare tutti gli altri signori che cosi' gentilmente erano venuti ad accoglierci e a farci sentire le benvenute.

Prima di andare via, pero', il monaco ha regalato sia a Sakura che a me una copia di un suo libro di cui vi parlero' appena mi sara' possibile.

E prima di uscire dall'edificio, pero', Sakura ed io siamo rimaste un po' ad annusare quell'aria che profumava di delicato incenso buddista. Ma lei sapendo della mia passione per l'incenso, si e' diretta verso lo sportello dell'ufficio dove sono in vendita alcuni oggetti prodotti al tempio, e io l'ho subito seguita.

Con mia grande sorpresa, pero', il signore dietro lo sportello era uno dei signori che poco prima erano con noi nella sala da te'. E con mia ancor piu' grande sorpresa, con un sorriso raggiante mi ha regalato una scatola d'incenso del tempio!



La giornata di sole brillante era cosi' magnificamente radiosa da farmi venire voglia di piangere, ma non certo di dolore. I raggi di sole di quel primo dorato marzo sembravano un'inconfutabile testimonianza dell'inenarrabile incanto della vita quotidiana.

In compagnia di Sakura, ho scattato alcune fotografie ai fiori di pesco e ai profumatissimi susini rossi in fiore che adornavano, con delicata eleganza, il giardino del tempio.
I fragranti 紅梅 koobai di struggente bellezza...

L'armonioso plop plop dell'acqua della 手水舎 choozuya.
Prima di lasciarci alle spalle l'antico tempio, pero', abbiamo nuovamente incontrato il sorridente monaco che venendoci incontro ci ha chiesto se desideravamo vedere il dipinto del grande drago blu che adorna il soffitto dell'hondoo 本堂, ossia della sala principale del tempio. Mentre eravamo ancora nella sala da te', Sakura ed io avevamo mostrato grande curiosita' per questo dipinto e cosi' Hirano-san ha voluto farci questa sorpresa.

In fila indiana, Sakura ed io abbiamo seguito il monaco che, con incedere solenne, ci ha fatto strada e ci ha condotte proprio davanti alla porta principale dell'hondoo. Dopo aver fatto lentamente scorrere quella porta di legno chiaro, siamo stati colti da un'incantata nuvola profumata d'incenso.

Ci siamo sfilate le scarpe e con riverenza siamo entrate nell'hondoo.

Camminare sul tatami del tempio, con ai piedi un paio di morbide calze bianche di cotone, e poter respirare quell'aria che profuma di sacro, d'incenso, e di antico sapere mi ha riempito il cuore di una gioia talmente coinvolgente da non riuscire nemmeno a rendermi conto del tempo che passava o di qualunque altra cosa terrena.

Eravamo solo Sakura ed io, col naso all'insu' ad ammirare quel maestoso drago blu che sembrava volteggiare in un regno tutto suo, scavato all'interno del soffitto stesso. Svolazzava con aria maestosa e fiera, e ci guardava con uno sguardo a meta' tra il diffidente ed il soddisfatto.

Il monaco, pero', era rimasto sulla porta e con lo sguardo verso il giardino. Era in piedi, perfettamente immobile e con le mani congiunte in preghiera.
Io, per un attimo, ho distolto lo sguardo da quel valoroso drago e ho osservato la sagoma del monaco mentre, proprio sulla porta, meditava ed osservava con sguardo contemplativo quel tranquillo giardino abbracciato dai raggi affettuosi del sole di quel lunedi'.