mercoledì, giugno 18, 2008

Tracce di una nagaya

Lunedi' ho dato il temuto esame di giapponese, e ora mi sento come se mi avessero tolto, dalla schiena, un masso da due tonnellate.

Sabato ero in preda al delirio pre-esame, con libri da tutte le parti e valanghe di foglietti volanti che stazionavano un po' in tutta la casa. Mi stavo disperando all'idea dell'esame ormai imminente, e al pensiero che avrei dovuto sapere ogni cosa a menadito. Pretendo sempre tanto da me stessa, e quando non riesco ad ottenere il massimo dei massimi, mi abbatto come non mai.

E mio marito, che mi conosce molto bene, ha capito che era arrivato il momento di costringermi a staccarmi dai libri di giapponese e andare a fare un giro da qualche parte.

Oramai era inutile continuare a strapparsi i capelli e ad arrovellarsi sulle sottilissime - quasi inesistenti - differenze fra tara e nara e i mille altri modi per esprimere frasi ipotetiche in giapponese. Avevo indubbiamente bisogno di una sana boccata d'aria e che magari favorisse un po' di quell'Eureka Phenomenon raccontato cosi' sapientemente da Isaac Asimov.

Qualche giorno prima, avevo letto un articolo su di un piccolo museo che si trova nel cuore del celebre parco di Ueno, e che si affaccia proprio sul laghetto Shinobazu.
Il museo in questione si chiama 下町風俗資料館 Shitamachi Fuuzoku Shiryokan.
Questo piccolo ma ben curato museo ripropone, al suo interno, una ricostruzione molto fedele, di un minuta porzione di un vecchio quartiere di Tokyo*, piu' precisamente della Shitamachi cioe' della zona centrale di una cittadina, una zona dove risiedevano perlopiu' operaie famiglie modeste dalle condizioni di vita ben lontane da quelle dei borghesi ed aristocratici.

*Ricordatevi che Tokyo non puo' essere considerata una citta' secondo i nostri parametri, ma va vista come un'insieme di tante cittadine collegate fra loro da linee ferroviarie.

Questo museo e' una delizia dall'inizio alla fine; non solo si trova in uno dei punti piu' visitati di Tokyo, ma e' al tempo stesso abbastanza nascosto e distrattamente ignorato, e quindi una gioia da scoprire.
A differenza di molti altri musei dall'aria sicuramente piu' snob ed aristocratica, qui l'ingresso ha un costo veramente popolare: 300 yen per persona (1,80 euro) e la meta', se non sbaglio, per i bambini.

All'entrata, siamo stati immediatamente accolti da una signora giapponese molto gentile e che si e' immediatamente offerta per farci da guida. La signora parlava un inglese eccellente che inframezzava con un giapponese, arricchito da un delizioso accento tokyota, dopo aver scoperto che studio la sua lingua da un po' di tempo.

Il piano inferiore del museo ospita questa riproduzione della vecchia Shitamachi, mentre al piano di sopra sono in esposizione vecchi giocattoli, vecchie fotografie ed una riproduzione di un bar di una volta.
Nel museo, pero', gli oggetti esposti non sono tutte semplici repliche di quelli originali, ma quasi tutto e' autentico dell'epoca, salvo qualche pezzo qua e la'.
Purtroppo, si possono fare foto solo al piano di sotto, e non nell'altro, ma comunque siamo riusciti gia' ad immortalare parecchie immagini interessanti.

L'esterno di una vecchia bottega di
はなお hanao degli anni Venti:
Gli hanao sono quei lacci che compongono la parte superiore sia dei geta che degli zori, i sandali tradizionali giapponesi:
E questa e' la stanza del contabile della vecchia bottega:
Dietro quella ringhiera di legno, c'e' un cuscino su cui potevano sedersi solo il padrone della bottega oppure il suo fidato contabile. D'altronde, li' dietro si conservavano gli incassi della giornata, i brogliacci e gli hanko (timbri) ufficiali con cui firmare carte importanti, e quindi era d'obbligo limitare l'accesso solo ai piu' affidabili.

Il maneki-neko, ovviamente, e' presente e con la sua deliziosa zampina attirava nuovi clienti.
In alto a sinistra, nell'angolo, e' appeso un'intricata decorazione porta-fortuna chiamata
くまでkumade; queste decorazioni appaiono spesso all'interno di vecchie botteghe e ristoranti, e si possono comprare verso novembre presso molti santuari shintoisti di Tokyo.
Davanti, invece, c'e' un たばぼぼん tabako-bon, ovvero una sorta di vassoio contenente tutti gli accessori necessari per tagliare il tabacco: un modo per intrattenere i clienti in attesa.
E tra una fumata e l'altra, i clienti potevano ammirare un campionario che vantava solo alcuni tipi di hanao in vendita.

Guardando a sinistra, invece, troviamo tutto l'assortimento dei coloratissimi hanao proposti da questa bottega:
Nella Tokyo degli anni Venti erano tantissime le botteghe di hanao, e tutte impiegavano, al proprio servizio, numerosi apprendisti e fattorini.

Lasciandoci alle spalle la bottega di hanao, intravediamo una 長屋 nagayaovvero uno stretto e tipico vicolo della Shitamachi su cui si affacciavano case operaie e altre piccole botteghe.
Le nagaya hanno conservato, per davvero molto molto tempo, lo stile architettonico del periodo Edo. Le case erano generalmente ad un piano, e i tetti avevano le classiche tegole spesse giapponesi.
Di solito, per ogni tot abitanti veniva messo a disposizione di tutti un pozzo, un piccolo lavatoio ed un pentolone per cuocere in riso. Ecco il pozzo:
Ed ecco la cuociriso di una volta. Pensate che un giorno ho visto un documentario sulla tv giapponese in cui si parlava di un ristorante di Osaka dove, ancora adesso, il riso viene preparato seguendo questo metodo tradizionale di cottura, senza l'utilizzo, quindi, delle 炊飯器 suihanki (cuociriso) elettriche!
Fuori da questo modesto ristorante, c'erano lunghissime file di persone che aspettavano, pazientemente, che arrivasse il loro turno per poter assaggiare un po' di quell'ottimo riso preparato ancora alla vecchia maniera!
Ed ecco un piccolo lavatoio:
Inizialmente, nelle nagaya c'erano i bagni in comune, ma successivamente questi vennero costruiti nelle case.
Dietro quella porticina di legno chiusa, ecco uno di questi bagni in comune delle nagaya:
Ed ecco il bagno aperto:
Un bagno alla turca, insomma.

Fuori dalla porta, come avrete sicuramente visto, e' appeso un contenitore di metallo dentro cui veniva versata dell'acqua da usare per potersi lavare le mani.
L'acqua usata per lavarsi le mani veniva, a sua volta, riutilizzata per innaffiare delle piantine che erano strategicamente posizionate proprio sotto il contenitore di metallo (v. la foto prima di questa qui sopra).
Mi viene in mente, a questo proposito, un detto americano che si addirebbe a questa situazione: want not, waste not.
Imboccando il vicolo, notiamo altri particolari curiosi:
A sinistra, su quei pannelli di legno appoggiati alla casa, sono distesi due pezzi di stoffa che compongono un kimono o uno yukata.
Quando era ora di fare il bucato, all'epoca sia gli yukata che i kimono venivano interamente scuciti (!) e ogni pezzo veniva delicatamente lavato ed inamidato utilizzando un metodo molto particolare a cui accennero' a breve.
Ogni pezzo veniva, successivamente, disteso su dei pannelli di legno di cedro perche' asciugasse. Dopo che ogni pezzo di stoffa era completamente asciutto, il kimono, o lo yukata, veniva ricucito.

Insomma, un lavoretto da niente e che si poteva sbrigare nel giro di due o tremila ore.

Ogni parte del kimono (o dello yukata) veniva inamidato a dovere usando una tecnica antichissima e che prevedeva l'uso di alghe marine: dal mare, si raccoglievano delle alghe che venivano lavate e fatte lessare a lungo; dopodiche', le alghe venivano scolate, pressate e fatte essiccare fino ad ottenere questi sottili fogli quadrati:
All'occorrenza, si faceva sciogliere uno di questi fogli di alghe essiccate in una bacinella d'acqua e si otteneva, cosi', dell'amido pronto da essere usato sulla stoffa dei kimono o degli yukata.

Voltandosi verso destra, troviamo un'abitazione ed un piccola e dolce bottega:
Quella deliziosa bottega che s'intravede e' una 駄菓子やdagashi-ya, ovvero un negozietto di caramelle, dolcetti e piccoli giochini per bambini.
Nelle nagaya, le dagashi-ya erano il vero divertimento dei bambini poiche' era li' che passavano il tempo a mirare e rimirare le zuccherose meraviglie colorate contenute nei barattoloni di vetro, croccanti せんべい senbei, oppure adesivi e pupazzetti che ritraevano amati personaggi dei cartoni animati o del folklore giapponese.

Diamo una curiosata alle allegre leccornie di questa dagashi-ya:

Ancora dolci e piccoli giochini per la gioia di quei tanti bimbi che nascevano e crescevano nelle nagaya:

Nella stessa abitazione che ospita la dagashi-ya, c'e' un cucinino tradizionale dove la proprietaria del negozio di dolci preparava i suoi pasti.
Tra gli utensili, ecco un insolito mestolo composto da una stecca di legno di bambu' ed una conchiglia! L'arte dell'arrangiarsi, spesso, produce risultati ben piu' originali di tanti articoli di spocchioso design moderno, non credete?
Piu' da vicino, due vecchi ed affascinanti juubako risalenti agli inizi del Novecento:
Ed ecco un'immagine di una parte della minuscola abitazione della proprietaria della dagashi-ya:

L'aspetto affascinante di questo piccolo museo e' la possibilita', da parte di chi visita, di poter esplorare ogni singolo centimetro di questo curioso luogo senza temere di venir rimproverati da qualcuno!

Uscendo dalla casetta della signora dei dolci, ci troviamo davanti all'abitazione di un insegnante di 小唄 ko-uta, ovvero di canto e musica tradizionali; da dietro i pannelli in carta, infatti, provengono aggraziate melodie suonate con uno shamisen , uno strumento dall'incantevole suono.Proseguendo il nostro percorso, ecco che su di una parete e' appeso un grande disegno che ritrae momenti di vita quotidiana nelle nagaya. Abbiamo fotografato una parte di questa splendida illustrazione dove alcuni uomini aspettano il proprio turno dal barbiere mentre chiacchierano del piu' e del meno; nel frattempo, altri personaggi regalano un rasserenante senso di quotidianita' a questa scena che cattura un briciolo di una realta' ormai passata, ma fortunatamente non del tutto dimenticata:
In un angolo di questa immaginaria nagaya, c'e' un piccolo santuario dedicato al dio shintoista Inari.
In quasi tutte le nagaya venivano costruiti santuari come questi affinche' proteggessero gli abitanti del quartiere.

Girandosi verso destra, invece, troviamo l'ultima parte di questo affascinante quartiere che gelosamente custodisce ancora un po' di quella vecchia anima tokyota. Ecco la どうこ屋 dooko-ya, ovvero la bottega del fabbro specializzato nella lavorazione del rame:
Le botteghe dei fabbri erano sempre numerose nelle nagaya perche' erano loro che producevano quasi tutti gli utensili di uso quotidiano, tipo teiere, pentole, secchi, ecc. E siccome all'epoca il rame era il metallo primario utilizzato dai fabbri, con esso si costruivano addirittura tubi e grondaie.

Ma la parte piu' interessante, secondo me, e' la stanza adiacente alla bottega, cioe' la stanza dove viveva il fabbro con sua moglie:
Al centro dell'accogliente abitazione, c'e' un ながひばち nagahibachi, cioe' un bracierino che serve a tenere calda la stanza.
Il nagahibachi, oltre a svolgere la sua funzione principale, veniva usato in modo molto intelligente anche per conservare cose tipo il tabacco, le foglie di te' e l'alga nori che necessitano di un ambiente secco e privo di umidita'.
Sopra il braciere, c'era una teiera di rame chiamata dooko, utilizzata per tenere a portata di mano altra acqua con cui riempire i barattoli scalda-sake; vicino ad essa, i due barattoli di metallo pieni d'acqua.
Quando l'acqua raggiungeva una temperatura ottimale, si toglievano i coperchietti dei barattoli e in essi s'immergeva un'anforetta di sake per poterlo bere caldo in inverno.

Nella foto prima di questa in alto, vedete quel ripiano dove e' appoggiata l'anforetta di sake? Quel ripiano era il preferito dei gatti perche amavano rannicchiarsi li' sopra e lasciarsi conciliare il sonno grazie al piacevole calore proveniente dal braciere.

Il nostro giro a Ueno e' continuato e sono stati tanti gli angoli esplorati quel giorno, ma del resto vi parlero' nel prossimo articoletto.

Per il momento, spero di esservi riuscita a regalare un tocco di quella magia di un vecchio passato tokyota che profuma di riso che cuoce, di tatami, di incenso e te' verde; una magia che ha l'incantevole suono dello shamisen e delle allegre risate dei bambini che, emozionati, si dirigono verso la dagashi-ya alla ricerca di qualche prezioso giocattolo o semplicemente di una buona caramella.

Insomma, un po' di quel fascino di vita quotidiana in un'assolata nagaya qualunque, in un angolo qualunque di una Tokyo che non esiste piu'.

Mata ne!

ps. Sto rispondendo a tutti coloro che hanno un ordine in sospeso. Se non avete ancora ricevuto risposta, vi prego solo di pazientare ancora un po'. Grazie per la pazienza e comprensione!

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciau Mary, eh si quel museo è una favola sia di architettura che riproduzione di vite del passato. Io son una vera appassionata di queste cose e mi affascina sempre capire cosa si provava in un passato anche non trop lontano è come far un bel tuffo in un altro mondo. Tuo marito ha fatto bene a portarti là per distrarti xkè di solito si dice sempre ke prima degli esami bisogna rilassar la mente o si rischia un collasso totale. Quel ke è successo a me una volta e all'inizio dell'esame non ricordavo nulla, però poi è andata bene m son sbloccata questo tanto x dirti che un pò di relax ti fa benone tanto quello che hai imparato se lo hai studiato bene non ti cambia niente se ti prendi un giorno di riposo giusto? anzi non può far altro che bene. Ato De

Anonimo ha detto...

Marianna che meraviglia! *_*

Anonimo ha detto...

Mi hai fatto visitare uno dei più bel musei solo leggendone le curiose informazioni. Grazie Mari, sei davvero un portento nel descrivere tutto ciò che vedi e che senti!
Arigatou!

Anonimo ha detto...

Sono stata anni fa in questo bellissimo museo e devo dire che tu lo descrivi in maniera eccellente!!

Un bacio,
B.

Anonimo ha detto...

uuuu caspita cosa mi sono persa >,<
è davvero bellissimo quel museo! la prosima volta che tornerò in giappone quella sarà una tappa obbligatoria!

Anonimo ha detto...

grazie mille per la bella recensione, mi hai fatto proprio venire voglia di farci un saltino quest'estate! :)

Tomatina

aerie ha detto...

Che bella descrizione, mi ha fatto davvero piacere immergermi nella "vecchia" Tokyo!