giovedì, novembre 12, 2009

Una vecchia ricetta e chiacchiere autunnali

(Un higashi, ossia un dolcino tradizionale per il matcha, proveniente dal tempio Koomyooji. Tutte le foto di questo articoletto sono opera mia).

Dopo giorni e giorni di un sole brillante e di un cielo deliziosamente azzurro, e' ritornato il maltempo. Forse non si tratta proprio di maltempo, ma di semplici giornate novembrine che sfoggiano i loro colori sotto un grigiastro cielo coperto.
Le previsioni, pero', promettono un po' di sole a partire da domani, ma per oggi non ci sono promesse di raggi tiepidi e luminosi.

Rimettendo un po' d'ordine nella cartella di foto per il blog, ho trovato alcune immagini che avevo scattato il mese scorso e che ritraggono alcuni dei dolcini che Fusae-san aveva acquistato al tempio Koomyoo, e che aveva regalato a Titti e a me. Questo tipo di dolcini si chiamano 乾菓子higashi, cioe' dolcini secchi, e sono l'accompagnamento forse piu' tradizionale ed elegante per il matcha.

Gli higashi, generalmente, sono molto piccoli e decorati con grande cura; i colori scelti sono solitamente tenui e delicati, proprio come il loro delicato sapore dolce e la loro fragile e zuccherosa consistenza.

Sul dolcino giallo appaiono gli ufficiali stemmi imperiali ed il nome del tempio, ossia 大本山光明寺 daihonzan-koomyooji. Daihonzan e' un titolo che viene dato ai templi principali e che rappresentano ognuno una determinata setta buddista.


Titti ed io abbiamo gustato questi graziosi dolcini, accompagnati naturalmente da una tazza di te' matcha. Un paio di articoletti fa vi ho mostrato il mio metodo molto informale con cui preparo il matcha a casa; un semplice rituale rasserenante che allieta i miei pomeriggi.
Il giorno in cui abbiamo assaggiato gli higashi del Koomyoo e' stato anche il giorno in cui ho potuto inaugurare un prezioso oggetto: un delicato natsume laccato, appositamente creato per contenere il matcha durante le cerimonie.
La bellezza e la semplicita' dei natsume sa donare un tocco davvero particolare anche ad una preparazione informale del matcha, proprio come quella che faccio io in casa.

Ecco qui il mio natsume, abbellito dai colori tradizionali delle 独楽 koma, ossia delle trottole con cui giocavano i bimbi un tempo.
Rimanendo sempre in tema di te' giapponese, la settimana scorsa sono andata a ficcanasare golosamente in un microscopico e caotico negozio di cose vecchie. Questa minuscola bottega, gestita da marito e moglie molto giovani, e' poco distante da casa nostra.
Ci si accorge della presenza di questo ingarbugliato negozietto gia' all'inizio della stradina su cui si trova: una montagna di cose vecchie ed assortite troneggia con spassosa imponenza proprio davanti l'entrata del negozio, occupando una buona parte di un marciapiede che, pur essendo gia' minuscolo e pericolante di suo, riesce ad offrire un altrettanto minuscolo ritaglio di cemento ai curiosi e temerari clienti.
Riuscire a scavalcare le pile di giornali dalle pagine ingiallite, le montagnole di kimono e yukata smessi, e le decine e decine di suppellettili accatastate e' di per se' un'impresa non indifferente che pero' premia ogni spavaldo cliente indicandogli il modo con cui poter finalmente accedere al negozio.

Una volta entrati, la situazione che si profila agli occhi del cliente incosciente di turno e' molto simile a quella che lo aveva accolto all'esterno: montagne infinite di oggetti, tutti posati uno pericolosamente sopra l'altro; un equilibrio di oggetti che sembra sfidare le leggi della gravita'.

Facendo molta - ma moooolta - attenzione a dove mettessi i miei piedi, sono andata a curiosare tra queste montagne di cose assortite, senza pero' sapere da che parte fosse meglio cominciare. Mi terrorizzava l'idea di poter - seppur inavvertitamente - dare una leggera gomitata ad una delle tante statuine di porcellana che, cadendo, avrebbe innescato una tragica reazione a catena tipo quelle cosi' coreografiche che si ottengono con le tessere del domino; nonostante cio', dovevo per forza andare avanti e proseguire per quell'angusto sentiero costellato da mille aggeggi strambi perche' non avevo scelta: far dietro-front avrebbe significato ritornare davanti alle cinquanta statuine Lladro, con conseguente rischio di provocare una strage di cocci, mandando in frantumi un'intera famigliola di principessine e pastorelli.

Ero finalmente arrivata al fondo del sentiero quando....un minaccioso rumore di passi mischiato ad un rumore di sacchetti di nylon mi atterri'. C'era qualcuno al fondo del sentiero, dietro la traballante montagna di vassoi e teiere laccate! E quel qualcuno, quasi sicuramente, voleva esplorare il sentiero su cui ero io. Ma questo era impossibile, dal momento in cui c'era posto solo per una persona per volta!
Stavo iniziando seriamente a preoccuparmi, e infatti ho iniziato a cercare vie d'uscite che magari mi potessero riportare all'esterno conducendomi attraverso porticine secondarie o qualche altra scorciatoia nascosta. Ma non intravedevo soluzioni.

Fortunatamente, pero', proprio quando stavo per perdere le speranze e stavo gia' per gettare la spugna (non in maniera eccessivamente violenta altrimenti avrei rischiato di colpire una Lladro, per carita'!), il nonnetto che stava tentando di scavalcare la montagna di teiere e vassoi ha cambiato idea, spaventato indubbiamente dal comprensibilissimo timore di causare danni incalcolabili.

Ignoro la maniera con cui il nonnetto sia riuscito a ritrovare l'uscita, arrivando sano e salvo fino alla fine del tunnel, pero' suppongo tutto sia andato bene.

Dopo un lento incedere che era tale non per solennita' o pomposita', ma per il semplice e costante terrore di mandare in macerie la piccola bottega e di ritrovarmi, quindi, sotto una soffocante montagna di oggetti fracassati, sono finalmente giunta al punto in cui il registratore di cassa dista circa mezzo metro dall'uscita.
Stavo finalmente per dirigermi verso la luce del sole - la cui luminosita' e bellezza avevo quasi dimenticato - quando, in un angolo polveroso e buio, ho intravisto una grossa cassetta di plastica blu, tipo quelle che si usano per trasportare bottiglie di vetro.
Non so che cosa mi abbia attirata ad avvicinarmi a quella cassetta stracolma di tutto e di piu', ma nel giro di mezzo secondo mi sono ritrovata accovacciata vicino alla piccola montagnola di oggetti che spuntava dal bordo del contenitore blu.

Rovistando con crescente curiosita', proprio sul fondo della cassetta stessa ho scovato due tesori che mi hanno immediatamente regalato un sorriso da qui a qui: due vecchi 茶筒 chazutsu (barattoli per il te') di sakura no ki, ossia di legno di ciliegio.
Erano entrambi impolverati, ma la loro ineguagliabile bellezza traspariva lo stesso.
Con grande cura li ho osservati, e ho scoperto che entrambi appartenevano ad una vecchia sala da te' che ormai non esiste piu', e che un tempo sorgeva in una stradina di un quartiere di Tokyo.
Sul fondo di uno dei barattoli appare persino una data, scritta in kanji e con un inchiostro dorato, e che colloca quel barattolo (forse anche l'altro) verso la fine degli anni Sessanta.

I due barattoli sono molto simili, ma uno di questi ha due foglioline -di cui una di momiji - ed un fiore di sakura intagliati sul bordo del coperchio:

Uno dei due barattoli - quello con le foglioline intagliate - all'interno conteneva anche un piccolo cucchiaio dosatore per il te'.
Rialzandomi con la massima lentezza, mi sono avviata verso la proprietaria del negozio la quale - con un faccino molto serio - stava spolverando una mensola di vetro. I due barattoli erano senza prezzo, e quindi mi sono preparata non solo a chiedere informazioni in merito, ma a contrattare un po': avevo gia' fatto un acquisto tempo fa in questo stesso negozietto, e ricordo che - in maniera del tutto inaspettata - mi ritrovai a contrattare sul prezzo. Le contrattazioni sui prezzi avvengono molto raramente qua in Giappone, quindi potete immaginare quanto rimasi stupita nel vedermi offrire un prezzo minore dopo aver garbatamente rifiutato quello iniziale!
La ragazza era del tutto ignara del fatto che mancassero i prezzi sui due barattoli. Io, a questo punto, aspettandomi di vedermi piombare un prezzone da capogiro, ho fatto un sorrisino paziente e ho aspettato con ansia che arrivasse qualche indizio. Accennando un sorrisino simpatico e con l'aria di chi si sta leggermente rimproverando per aver commesso una dimenticanza, la giovane proprietaria si e' messa una mano sul fianco, ha inclinato la testa da un lato e - guardandomi con due vispi ed eloquenti occhietti - mi ha detto che me li avrebbe venduti a duecento yen l'uno (circa 1,50 euro).

Non credendo di aver capito bene, ho ripetuto il prezzo con una voce ed uno sguardo increduli. Ma avevo capito benissimo, e ringraziando la giovane proprietaria, mi sono diretta alla cassa dove - con un'aria trionfante - ho acquistato questi due splendidi chazutsu per una cifra davvero ridicola.

Rimanendo sempre in tema di cose vecchie - e non piu' tanto di te' (anche se un piccolo riferimento ad esso c'e') - dalle pagine ingiallite di un librone giapponese che contiene ricette, piccole astuzie e consigli della nonna, qualche giorno fa e' scivolato un pezzo di carta di giornale su cui era scritta, in una bella calligrafia giapponese d'altri tempi, una ricetta: 茶せん茄子 Chasen-nasu.
Il chasen, come forse ricorderete, e' il nome di quel tradizionale frullino di bambu' che si utilizza per preparare il matcha. Nasu, invece, vuol dire melanzana in giapponese.
Le melanzane in questa ricetta vengono tagliate in un modo tale da farle assomigliare un po' ad un chasen, ed ecco il perche' del nome.

In realta', questa ricetta fa parte dell'antico repertorio gastronomico delle campagne giapponesi; e' un piatto che ogni tanto appare in ricettari improntati piu' su sapori rustici e che sanno rievocare piacevoli ricordi della sana vita di campagna.
Questa ricetta trovata su quel foglio, forse, era stata scritta da una mamma per la figlia o per una nipote. Chissa'.

E cosi' oggi ho riunito tutti gli ingredienti e mi sono messa al lavoro.

茶せん茄子
Chasen-nasu

Ingredienti:

quattro melanzanine giapponesi (oppure due nostrane)
una manciata di shishitoo (piccoli peperoni verdi giapponesi)
olio per friggere q.b.
un cucchiaio di salsa di soia giapponese
mezzo cucchiaio di sake
mezzo cucchiaio di mirin
125ml di dashi
Da sinistra verso destra: sake, salsa di soia e mirin

Mischiare subito la soia con il sake, il mirin ed il dashi. Mescolare bene e mettere da parte il composto.

Lavare le melanzane, asciugarle bene ed eliminare quanto piu' possibile del picciolo.
Con un coltello affilato, e facendo attenzione a non farsi male, praticare dei tagli verticali su tutta la superficie delle melanzane. Ogni taglio deve partire dall'alto verso il basso, e dovrebbe avere una profondita' di circa 1cm (o anche di piu', se le melanzane sono un po' grandi).
Lavare gli shishitoo, asciugarli ed eliminarne i piccioli. Con uno stuzzicadenti, bucherellare un po' la superficie degli shishitoo.
In un pentolino basso, versare un po' d'olio per friggere (circa un dito), scaldarlo ed aggiungere subito le melanzanine. Facendo attenzione agli schizzi, cuocere le melanzane a girarle delicatamente con i saibashi, per circa 5-6 minuti o fino a quando non si saranno ammorbidite.
Togliere le melanzane dall'olio e metterle a scolare su della carta assorbente da cucina.
A questo punto, friggere gli shishitoo per uno o due minuti.
Scolare gli shishitoo.

In un piatto leggermente fondo, sistemare le melanzane attorcigliandole leggermente su se stesse in modo da accentuare un po' il loro taglio particolare. Sistemare poi gli shishitoo.
Aiutandovi con un cucchiaio od un mestolo, versare delicatamente il composto preparato prima, sulle verdure.
出来上がりで~す! Dekiagari desu! E' pronto!

いただきます!
Itadakimasu!

15 commenti:

Giulia ha detto...

Bellissime, bellissime e ancora lo ripeto: bellissime queste foto!

A presto, Giulia

Anonimo ha detto...

.. ho appena terminato di leggere le tue parole: delicatissime come sempre!!! e sempre bellissime. Ogni volta aggiungo un piccolo tassello alla mia conoscenza sul mondo giapponese.
Non è che la prossima volta mi porti con te in quel negozietto?? Mi ci troverei a mio agio...
Grazie Marianna
Clelia
padova

aerie ha detto...

3 euro per quelle due meraviglie O_O
Non ci credo ^_^

Gli shishitoo assomigliano ai peperoncini verdi che si trovano qui da me ;-)

Cmq grazie per i tuoi articoli, con la loro freschezza mi mettono sempre di buon umore.

PS: Chissà se il vecchietto sta ancora vagando nel negozio ^_^

Unknown ha detto...

Anche questo è un post molto interessante, come sempre direi. la tua ricetta mi fa venire in mente un piatto siciliano molto simile a questo, preparato però anche con peperoni fritti. Forse è semplice coincidenza o forse, chissà, i due popoli possono essersi contaminati a vicenda..
Aria

Anonimo ha detto...

BELLE BELLE! Le melanzanine (ho una passione esagerata per la cucina!),ma il natsume a forma di trottola mi ha stregato..... Marianna brava! Ci conquisti sempre con i tuoi racconti.
Ho avuto un periodo difficile e non ho più commentato, ma ogni giorno cerco un articolo nuovo su biancorosso.
Ciao Valella.

Cri ha detto...

Una cosa che non ho detto la scorsa volta (ma che andrebbe detta sempre) è che nelle tue foto, oltre ad apparire oggetti e cibi molto invitanti, li accompagni ad utensili e "tovagliette" (se mi passi il termine, immagino abbiano un loro nome XD) molto belle!

Ah i negozi pieni di oggetti delicati...temo ogni volta in cui ci devo entrare! Ho una particolare predisposizione a far cadere le cose senza, stranamente, toccarle! I due barattoli sono davvero carini e li hai pagati pochissimo! Immagino gli avrai già dato una degna posizione in cucina!

E le melanzane cotte così non le avevo proprio mai viste!

Shao!

Simona ha detto...

Mi sono appena iscritta al tuo blog, davvero stupendo!!

TheRisingPhoenix ha detto...

^^ ciao Mari, è tanto che non commento perchè compilare questo form è un pelino scocciante, però ti leggo sempre :) i tuoi articoli sono sempre così interessanti! e quando parli dei tempi buddisti e dei mercatini o dei negozietti nella mente nascono tante immagini da farci un film! :) stupendo, a volte leggendo mi ci immagino io stessa lì.. torno alla realtà solo quando penso che avrei straenormi problemi di comunicazione non sapendo una parola di giapponese! accidenti :(

se posso volevo chiederti una cosa, so che il Dalai Lama ha parlato a Okinawa.. (vedi qui: http://espresso.repubblica.it/dettaglio/la-solitudine-del-dalai-lama/2114743&ref=hpsp ) e ti volevo domandare lì in Giappone cosa si sente, se alla tv ne han parlato al telegiornale e qual'è magari il pensiero delle persone per strada, le reazioni, i "pettegolezzi da parrucchiera" o altro se ne hai uditi... io e il mio amico buddista saremmo molto interessati :)

grazie infinite, e scusa per la richiesta insolita.
Valeria

rompina ha detto...

ciao Marianna, ho quasi finito di leggere il tuo blog per intero...pant pant...che fatica! ;oP

scherzo, mi stai facendo conoscere ancora di piu' il Giappone e incoraggiando a scoprirlo in mille modi diversi!

vivo a Torino solo da un paio di mesi e mi chiedevo, visto che e' la tua citta' d'origine, se mi potessi consigliare un ristorante giapponese dove poter mangiare qualcosa di diverso dal sushi/sashimi/tenpura...vorrei tanto poter assaggiare uno di quei piatti che descrivi sempre cosi' bene!!!

grazie mille e scusami per la rischiesta insolita...

Laura

Anonimo ha detto...

Ciao cara!

passo spesso, ma ultimamente un po' a fatica. e' passato quasi un anno dall'ultima volta in cui sono stata in Giappone e mi manca tanto. Troppo. Cosi' a sbirciare il tuo blog mi si stringe il cuore...
pero' oggi ho sorriso alla vista dei barattoli da te... sono similissimi a quelli che ho a casa io! :D
oggi quando prendero' il te ti pensero'!

un bacione affettuoso

Tomatina

Unknown ha detto...

Ciao Giulia,
Grazie!! Sono felicissima che ti piacciano le foto! :)

Carissima Clelia,
Se verrai a trovarmi, ti ci portero' piu' che volentieri in quel negozietto! :)

Ciao Aerie,
Grazie di essere ritornata a trovarmi e grazie delle belle parole che mi hai scritto!
Sono rimasta anch'io senza parole nel sentirmi dire quel prezzo cosi' stracciato! Non ci potevo credere! Pensa che solo il mese scorso, a Kamakura, ho visto in alcuni negozi di artigianato locale dei barattoli da te' fatti con il legno di sakura e molto simili ai miei, ma a circa 5000-6000 yen il pezzo!

Ciao Aria,
Grazie della visita e del commento!
Sai, mentre preparavo quelle melanzane pensavo proprio ai deliziosi piatti della cucina siciliana, come ad esempio la caponata e facevo il tuo stesso ragionamento! Mi piace pensare che ci possa essere un collegamento non casuale fra le due culture!
Un caro saluto!

Carissima Valella,
E' sempre un piacere immenso ricevere i tuoi commenti!
Mi rattrista sapere che tu abbia passato un periodo difficile, e mi auguro con tutto il cuore che le preoccupazioni che ti affliggano svaniscano quanto prima.
Ti mando un forte abbraccio!

Ciao Cri,
Grazie di essere ritornata a trovarmi! :)
Mi ha fatto molto piacere la tua osservazione: effettivamente si', adoro giocare con le stoffe (ho una piccolissima collezione di stoffe e furoshiki giapponesi) usandole a mo' di sfondo per le mie foto. Le stoffe che vedi sono spesso dei furoshiki, ma ci sono anche tenugui, piccoli hagire (scampoli), ecc.
Ciao e grazie ancora della visita! :)

Ciao Simmy,
Grazie di esserti iscritta e benvenutissima su Biancorosso Giappone!! :)

Unknown ha detto...

Ciao Valeria,
Che piacere risentirti!! Grazie di essere ritornata a trovarmi!
Ti ringrazio anche per avermi segnalato quel bell'articolo del giornalista Pio D'Emilia (che ho incontrato, tra l'altro, per puro caso in una pizzeria di Shinjuku!).
In tutta onesta', non ho fatto proprio caso alle opinioni della gente sulla questione del Tibet. Ad essere sincera, le chiacchiere che mi capita di ascoltare al supermercato od alla stazione del treno sembrano sempre fornire curiose idee e spunti per ricette nuove (adoro ascoltare le conversazioni delle massaie che si ritrovano al supermercato!). Ne parlero' pero' col mio professore di giapponese il quale e gli chiedero' la sua opinione in merito.

Io personalmente, pero', sono sempre stata molto vicina - anche se solo col cuore e col pensiero - alla questione del Tibet e ogni volta che mi capita di seguire un intervento del Dalai Lama mi ricordo dell'importanza della loro causa.

Faro' qualche domanda al mio professore e ad alcuni dei nostri conoscenti giapponesi e ti diro' che cosa emergera' dalle loro opinioni.
Un caro saluto!

Ciao Laura,
Ti ringrazio per aver letto tutto il mio blog! Caspita! Sei stata pazientissima! Posso farti una domanda visto che l'hai letto tutto dall'inizio? Che cosa hai notato? Hai notato dei cambiamenti nel modo in cui scrivo o in cui presento i vari argomenti?
Ti chiedo perche' mi e' capitato di recente di pensare a quanto io sia cambiata come persona da quando ho iniziato il blog nel settembre del 2006 fino ad adesso, e mi domandavo se anche chi mi legge avesse notato questa mia "crescita spirituale" che forse si riflette nel modo in cui scrivo e racconto la nostra vita quotidiana.

Dunque, per quanto riguarda i ristoranti giapponesi a Torino, ti devo confessare di non essere molto informata in merito. Alcuni miei famigliari, pero', sono stati in un ristorante che si chiama Tobiko e che si trova in Via Alfieri, 20. Questo ristorante, sebbene caro, sembra offrire una discreta varieta' di piatti giapponesi di qualita', anche se purtroppo leggendo il menu' ci si accorge in fretta di come il sushi e sashimi siano gli elementi predominanti. Pur tuttavia, i miei famigliari si trovarono molto bene al Tobiko.

Purtroppo, pero', non saprei segnalarti altri posti degni di nota poiche', come mi e' sembrato di capire, quasi tutti i ristoranti giapponesi o pseudo-giapponesi che siano, a Torino e in altre grandi citta' italiane, sembrano tutti offrire sempre e solo sushi, sashimi, tempura, karaage e poco altro. Probabilmente i veri ristoranti di cucina autentica (e non "modaiola") si contano sulle dita di una mano.

So pero' di un negozio di alimentari giapponesi di nome Yuzu-ya (la bottega dello yuzu) in Via Santa Giulia, 32. Se non ci sei ancora stata, prova ad andare a fare un giretto e vedere un po' com'e'! Quasi sicuramente potrai chiedere alla proprietaria (che, a quanto pare, e' giapponese) qualche consiglio su dove andare a mangiare della buona cucina nipponica a Torino.
Ti mando un caro saluto e a presto!!

Cara Tomatina,
Che bello ricevere una tua visita!
So quanto ti manchi il tuo Paese e mi dispiace perche' capisco cosa si provi a sentir nostalgia per la propria terra. Spero, pero', che il mio blog in qualche modo riesca a farti sentire un briciolino piu' vicina a casa. :)
Ti mando un caro abbraccio e prometto di rispondere alla tua mail!

TheRisingPhoenix ha detto...

grazie Mari! :D allora attendo notizie se sai qualcosa dal professore! grazie infinite :)

Tizy ha detto...

Hanno sicuramente un aspetto invitante i matcha e poi messi là dentro non sapevo la storia che provenissero dalla setta Buddista. Davvero una curiosità che non mi ero mai posta di svelare.
Beh per la ricetta bisogna provarla assolutamente

Erika ha detto...

Le melanzane fritte sono quanto di più goloso ci possa essere!
:)
Non sai che pagherei per poter visitare la botteghina di rigattiere di cui parli in questo post!
Chissà quanti tesori ci sono, impolverati e che aspettano solo di essere riscoperti!
Ehhhhhh (sospiro)!
Prima o poi verrò in Giappone e vorrei tanto che tu mi accompagnassi in questa botteghina!
Prometto di stare attenta a nonf ar cadere nulla (nonostante la mia mole) :D