lunedì, agosto 15, 2016

La chiarezza delle piccole cose

ざるそば Zaru-soba, una delle piccole cose
piu` buone del mondo. 
Non sono mai stata tanto brava a nascondere i miei sentimenti. Molte persone che mi conoscono mi dicono di riuscire a percepire il mio stato d`animo semplicemente guardandomi in faccia.

Ebbene, se poteste vedere il mio viso esso rivelerebbe la mia emozione nel ritrovarmi qui a scrivere.

Proprio qui, in questo mio luogo cosi` vicino e cosi` lontano contemporaneamente.

Questo luogo che e` stato ed e` scrigno dei miei sentimenti, proprio di quei sentimenti che si distendono sul mio viso con innegabile chiarezza.

Divincolarsi da quelle invisibili sbarre che mi tenevano prigioniera in un groviglio di paure accentuate da fameliche tigri di carta e` stato liberatorio piu` di quanto potessi immaginare.

I giorni scorrono ribelli proprio come un bambino che, nella sua spensieratezza e nella semplicita` della sua dimensione, crede forse nell`infinita` di un pomeriggio e allora ride, corre, corre e ancora corre a perdifiato.

Sono pochi i punti fermi nella mia vita. Quelle poche balsamiche certezze che, nei momenti di disequilibrio, controbilanciano le mia confusione e smarrimento aiutandomi - a volte gentilmente altre volte non tanto - a rimettermi in piedi. 

Vi e` poi il conforto che io attingo dalla chiarezza delle piccole cose.
Cha-soba e Takizawa Sarashina
shinshuu soba. Delizie dei miei giri.

Quei piccoli eventi che forse, dall`esterno, nemmeno meritano tale titolo. 

Prendere il tram il sabato, verso l`una o le due del pomeriggio, e andare in totalissima solitaria al Mercato di Porta Palazzo qui a Torino e quasi ignorare proprio il protagonista multiforme e multicolore della vecchia Piazza della Repubblica, ossia il mercato stesso, e dirigersi a passo svelto e sicuro verso i caotici negozietti di alimentari orientali che si snodano su ambo i lati dei primi due isolati del lunghissimo Corso Regina Margherita.

Quasi senza rendermene conto, seguo una sorta di percorso fisso che mi porta a seguire tappe prestabilite dalla mia abitudine. Questo mio personalissimo percorso mi porta ad andare giu` giu` al fondo per poi ritornare da dove sono partita.

E` curioso perche`, forse inconsciamente, seguo la stessa traiettoria a cerchio che ha caratterizzato la mia partenza e il mio ritorno. 

Torino, la mia citta`. L`inizio e la fine di quel cerchio dal raggio cosi` ampio da aver toccato l`Estremo Oriente e le sue lanterne di pietra grigia e muta.

Come posso spiegarvelo? 

Da ragazzina, poco piu` che adolescente, io venivo da sola a fare esattamente quello che faccio adesso: venivo al Mercato di Porta Palazzo, ignorando totalmente il protagonista di questo ingarbugliato palcoscenico del commercio, e - con i miei riccioli disordinati e spesso senza una lira in tasca - viravo subito in direzione delle botteghe orientali di allora. 
Una o due di quelle stesse botteghe esistono ancora, mentre le altre sono scomparse, inghiottite dal viavai di una societa` che muta.

Andavo a curiosare, semplicemente. 

L`inspiegabile attrazione per l`Asia mi portava a questa mia forma di divertimento che immagino fosse, per i miei coetanei di allora, alquanto stramba. Eppure non me ne fregava assolutamente nulla di quel che pensavano. 

Ricordo che andavo a far domande ai negozianti chiedendo che mi insegnassero ora una parola in cinese e ora un carattere.

Nitidamente come fosse avvenuta ieri, ricordo una conversazione con un signore cinese, ancora vivente e che trovate nella sua leggendaria Cineseria Ming in Galleria Umberto I, attraverso cui il signor Lee lascio` la poco piu` che adolescente Marianna di allora senza parole davanti la sua conoscenza dei caratteri tradizionali, quelli vecchio stile, i piu` belli, i piu` ricchi, ancora in uso a Hong Kong e Macao.

Molti anni dopo, con qualche esperienza in piu` sulle spalle, con gli occhi decisamente piu` allenati a leggere i caratteri ma fondamentalmente con nel cuore lo stesso ardore di un tempo rieccomi di nuovo qui.

E nelle mie esplorazioni in solitaria di adesso, io comincio sempre dal negozio all`angolo con Via delle Orfane dove quasi sempre scovo esattamente cio` di cui necessito perche` e` nel ricreare sapori a cui sono profondamente legata da una cordicella che e` un intreccio di cotone e sentimento. 

Ed ecco come ricreo la zaru-soba, uno dei piatti giapponesi piu` semplici e piu` deliziosi in assoluto, nonche` rimedio anti-natsubate (la spossatezza provocata dal caldo eccessivo) per eccellenza.

Non c`e` bisogno che vi spieghi cosa sia la soba: argomento ampiamente trattato qui in questo luogo prezioso, quadrivio di scritti e pensieri.


Non porto nessuno con me quando vado a fare queste mie esplorazioni dell`anima. 

E` capitato che qualcuno si aggregasse a me per farmi compagnia, ma allora l`esplorazione diventa un giretto qualunque dove i miei occhi pigramente saltellano da questa bottega all`altra senza quella scintilla dell`emozione che e` solo mia, in quella mia piccola solitudine felice. 

Cammino a passo rapido e penso. Spesso sorrido apparentemente al niente, ma che niente non e`.


Sono stille di pensieri che mi accompagnano e che vorrei ogni volta mettere per iscritto, ma quasi sempre sono destinate a rimanere solo pennellate di riflessione.

Se la calura estiva vi tormenta, cambiate un po` ritmo allontanandovi per un attimo dalle solite insalate di riso o di pasta e assaggiate la buona soba giapponese servita fredda, accompagnata dalla sua mentsuyu. 

Frugando un pochino nel mio enorme archivio oppure cliccando sulle etichette al fondo del post, troverete qualche ricetta che vi piacera`.

Per ora vado a godermi lo splendore di altre piccole cose: la fragranza confortante del caffe` vietnamita e le commoventi descrizioni nipponiche di John Lowe.

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