martedì, agosto 16, 2016

Miraggio di Atsugi-shi

Lo Henohenomoheji* con cui gioco da nascondino
da tanto tempo ormai. 
Vi e` mai successo di trovarvi in un luogo che, per varie ragioni, vi ricorda moltissimo un altro posto?

Non e` un deja vu. Attenzione. E` semplicemente una forte sensazione di somiglianza fra due luoghi, magari molto distanti geograficamente l`un dall`altro, ma che tuttavia condividono un qualcosa che li accomuna.

O forse chissa`, quel qualcosa esiste soltanto negli occhi di chi osserva in quel momento.

Sia come sia, a me questa sensazione capita delle volte. Non e` un evento frequente, a meno che non mi ritrovi a percorrere soventemente uno di questi posti gemellati dal mio sentire.

Nel mio quartiere di nascita, qui a Torino, l`antico quartiere operaio di Barriera di Milano - questo il suo nome - c`e` una Via Bologna che una volta era un importante nodo industriale ma che adesso conserva una frazione delle fabbriche di un tempo.

Adesso, sui suoi lati poco curati, sorgono edifici abbandonati, qualche ditta boccheggiante, muri fatiscenti insozzati da orrendi scritte sgraziate, vecchie case addossate l`un l`altra in un soffocante contatto, modesti negozi di vario genere, qualche supermercato, bar mal frequentati, condomini di piu` recente costruzione, il Centro per l`Impiego e poi una sorta di Ufficio Immigrazione.

E poi la nota stonata: lo sfarzo dei concessionari di automobili di lusso, da BMW a Jaguar, con le loro vetrate brillanti che sembrano quasi non esistere.
E` come se si potesse varcare liberamente quella soglia e raggiungere quei veicoli in bella mostra che contrastano cosi` tanto con l`ambiente immediato che li circonda perche` fatto essenzialmente di indigenza, di degrado, di delinquenza, di stenti, di erbacce, di marciapiedi sporchi, di case popolari, di muri che si sbriciolano, di panchine malconce.

E in tutto questo vi e` un tratto di quella via, dall`incrocio con Corso Novara fino giu` alla farmacia Dabbene e gli stridenti e disarmonici concessionari dove, non so come spiegarvi, ma e` come se vi fosse il mio wormhole di cui parlava Alessandra nel commento all`articoletto precedente a questo.
Una specie di scorciatoia spazio-temporale tra Torino e il Giappone.

Non so spiegarvi con precisione cosa sia a darmi questa sensazione. Da un lato forse quei concessionari ma forse anche quel tratto aperto di strada, quegli alberi, la disposizione del tutto. Non lo so.

So solo che c`e` una porzione della via dove, se mi fermo e ignoro tutto il resto, ho l`illusione di trovarmi in un punto preciso di una grande strada della cittadina di Atsugi-shi, nel Kanagawa, un luogo a poca distanza da dove abitavo io.

Un punto preciso che laggiu` mi ricordava quest`altro punto preciso di Via Bologna.

Andavo da Saizeri-ya, da Tsutaya. C`era anche un ramen shoppu dove una volta mi fermai a mangiare cose deliziose.

E ad acuire questo miraggio cittadino, in questo solitario giorno di Ferragosto dove ho avuto il raro privilegio di essere l`unica passeggera dell`autobus numero settantacinque, e` l`insegna nera dai bei caratteri rossi che recitano: 名古屋 Nagoya.

Ma Nagoya qui e` solo la banalita` avvilente di un nome scelto di fretta per imbastire l`ennesimo tempio del gozzoviglio a poco prezzo: uno di quei cosiddetti sushi-bar cinesi di cui ormai non penso sia immune piu` alcuna citta` italiana.

Solo quei kanji, messi li` a scopo unicamente decorativo e non certo comunicativo, mi confortano.

Ma poi il conforto scompare alla vista delle prevedibili canne di bambu` d`ordinanza, del menu` ingarbugliato e pasticciato, del cinesissimo ed immancabile lampadarione a gocce di possibile cristallo di cui intravedo l`esagerato bagliore dall`esterno.

Il miraggio e` appunto tale. E` un gioco di illusioni, di strani scherzi, di specchi che riflettono cose inesistenti.

A forse venti metri dal Nagoya di periferia, un maleodorante bidone della spazzatura circondato da scatoloni vuoti ricoperti di scritte stampate in kanji che mi rivelano il loro scopo e la natura del loro contenuto originale: sake` d`importazione nipponica.

Riprendo il mio cammino lasciandomi il cunicolo spazio-temporale alle spalle e riprendo piena consapevolezza di essere in una strada desolata qualunque di un quartiere popolare di periferia, in un pomeriggio di Ferragosto.

*Henohenomoheji e` il nome di un personaggio inventato che gli scolari giapponesi disegnano utilizzando a questo scopo sette hiragana. Il nome stesso del personaggio e` infatti la sequenza dei sette hiragana necessari per comporre il volto del personaggio. Riuscite a vedere la sua faccia?
Henohenomoheji へのへのもへじ viene ogni tanto utilizzato anche per dare un volto agli spaventapasseri oppure ai teruteru-boozu in Giappone. Anni fa scrissi qualcosa a proposito di questi ultimi proprio QUI.




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