giovedì, luglio 15, 2010

O-toofu-ryoori e Nakamura Kiharu

(A sinistra: alcuni piatti che ho preparato per cena, venerdi' scorso. Tutte le foto di questo articoletto sono opera mia).

Per tanto, tanto - anzi, troppo - tempo ho pensato che il tofu altro non fosse che sinonimo di blocchi biancastri di una sostanza semi-solida e dal sapore blando quasi inesistente.

Ero solita guardare il tofu con una certa diffidenza, considerandolo una stranezza esotica che piaceva soltanto ai vegetariani. Anzi, una stramberia indefinita che probabilmente non piaceva neppure, ma che a causa delle solite e barbose motivazioni modaiole, ci si sforzava di apprezzare a tutti i costi.

L'avevo assaggiato qualche volta, e con una certa svogliatezza, in qualche ristorante cinese dove veniva immancabilmente saltato e risaltato per poi venir coperto e ricoperto di salsine e salsette assortite.

Mi sembrava l'alimento piu' insulso del mondo. Non capivo come fosse anche solo possibile diventar golosi di un qualcosa che di per se' non aveva sapore e che doveva per forza dipendere da altri ingredienti per riuscire ad acquisire un gusto, per quanto leggero.

Insomma, trovavo il tofu tanto appetitoso quanto un pezzo di cartone.

E piu' lo vedevo preparare e piu' mi convincevo dell'assoluta inutilita' di questo alimento che alcuni si ostinavano a chiamare formaggio di soia, facendomi ancora di piu' arrabbiare dato che tra tofu e formaggio esiste solo una vaga somiglianza esteriore.

Pensavo alle meraviglie del vero formaggio.
Pensavo ad incanti gastronomici come il Parmigiano Reggiano, il Castelmagno, la Fontina, la Toma Piemontese, il Gorgonzola, il Quartirolo, l'Asiago, il Caciocavallo Silano, il Pecorino e molte, molte, molte altre delizie.

E poi pensavo al tofu...e mi sentivo pervadere da una sensazione di tristezza infinita.

Era come passare da un sublime bicchiere di Flocco del 2000 (Fattoria Poggio a Poppiano) a del Tavernellaccio versato in un bicchieraccio di plasticaccia.

Ecco, la sensazione era quella.

Dopo aver dato al tofu ancora qualche possibilita', decisi di chiudere definitivamente con questo formaggio dei miei stivali.

Ma spesso nella vita accadono cose che - fortunatamente - cambiano i nostri gusti e il nostro modo di pensare, ribaltando radicalmente convinzioni che fino a quel momento erano state storicamente granitiche.

Per me quel qualcosa e' stato il Giappone, Paese dove ho avuto la fortuna ed il privilegio di assaggiare decine e decine di varieta' di tofu e il che mi ha permesso di capire il mio errore di fondo, e cioe' che sbagliavo nel voler per forza paragonare il tofu al formaggio; d'altra parte sono alimenti diversissimi fra loro e che appartengono a categorie altrettanto differenti.

Ci si fa ingannare dalla somiglianza fra i metodi di preparazione, e quindi poi e' facile cadere nella trappola del paragone fallace, proprio come e' successo a me.

Su Internet esistono alcune fonti attendibili sul tofu e sulla sua lunga e gloriosa storia, quindi preferisco segnalarvi queste pagine anziche' stare qui a ripetervi tutto.
A dire il vero, pero', le fonti affidabili che mi sento di consigliarvi sono pochissime. Eccone alcune:

History of Tofu (in inglese)
豆腐の歴史 Toofu no rekishi - La storia del tofu (in giapponese)
History of Tofu - versione in inglese del link qui sopra
豆腐将軍 Toofu shoogun (in giapponese)

Oramai per me il tofu non e' piu' sinonimo di blocco biancastro di una sostanza semi-solida dal sapore quasi inesistente.
Non e' piu' un ingrediente da ficcare a forza nei piatti, giusto per approfittare del suo apporto proteico e basta.
Non e' piu' un ingrediente misterioso e che bisogna a tutti i costi pacioccare e mascherare fino a farlo diventare cio' che non e'.

Per me il tofu ora e' piu' di un semplice alimento. E' un dono della storia antica. E' una gustosa testimonianza dei viaggi compiuti dai monaci buddisti giapponesi in Cina, nel distante Periodo Nara.
E' una sublime delizia che regala il meglio di se' quando e' puro.

Venerdi' scorso Fusae-san e' passata velocemente a trovarmi e mi ha portato una busta colma di galuperie (splendido termine piemontese - da pronunciare con la u francese - che significa golosita') provenienti da una 豆腐屋さん toofuya-san (bottega di tofu) di Yamato, di nome 桜井 Sakurai.

Sakurai e' in attivita' da generazioni, e il suo orgoglio piu' grande sta nell'origine della sua materia prima: i fagioli di soia o 大豆 daizu, come vengono chiamati in giapponese, sono solo ed esclusivamente di coltivazione nipponica.

Tra le squisitezze c'era questo freschissimo ゴマ豆腐 goma-doofu*, tofu aromatizzato al sesamo.
Il divino goma-doofu servito al naturale, condito semplicemente con una punta di wasabi.
*Col termine goma-doofu s'intende anche un'altra celebre specialita' della cucina shoojin: una sorta di tofu (chiamato cosi' solo perche' ne ricorda la consistenza) non a base di fagioli di soia, ma preparato con acqua, pasta di sesamo e fecola di kuzu (o kudzu).

Un semplice ma gustoso okazu a base di konnyaku, peperoncino rosso giapponese, striscioline di aburaage (tofu fritto). Questo era cosi' buono che ho dovuto costringermi con la forza a richiudere la confezione e ad aspettare che arrivasse l'ora di cena.
Ed eccolo qui servito a tavola, nel piattino blu:
C'era anche questo magnifico 切干大根 kiriboshi-daikon, ossia striscioline essiccate di rapa cinese (daikon) fatte cuocere in umido con salsa di soia, dashi, zucchero, e aburaage.

Dei leggerissimi blocchetti di 厚揚げ atsuage* (tofu fritto) e che io ho condito con del ネギ味噌 negi-miso, cioe' pasta di miso aromatizzata al porro.
*L'atsuage non e' da confondere con l'aburaage. Il primo si prepara facendo semplicemente friggere dei blocchi di tofu fresco, mentre il secondo si prepara usando del tofu che prima andra' appiattito fino a farlo diventare cosi' (la foto e' di mia proprieta').

Un delicatissimo 卯の花 unohana, un celebre piatto giapponese il cui ingrediente principale e' l'okara おから, ovvero il residuo color bianco panna che rimane dopo la preparazione del latte di soia. Se avete gia' avuto esperienze di latte di soia / tofu autoprodotti, allora sicuramente vi sarete ritrovati con discrete quantita' di okara.
Ebbene, uno dei piatti piu' poveri della cucina giapponese, nonche' uno dei piu' deliziosi, e' proprio l'unohana che si prepara facendo cuocere l'okara con carote tagliate fini, cipollotti, dashi, salsa di soia, olio di sesamo. Esistono comunque varie versioni, una piu' invitante dell'altra!
Ed ecco l'unohana in fondo a destra, nel piattino ovale:
E per finire, la vera verissima star della serata: lo 湯葉 yuba. Il mio dizionario traduce questa parola con "foglio di caseina di soia".

In soldoni, si ottiene facendo scaldare del buon latte di soia e sulla cui superficie - proprio come avviene con il latte vaccino - si formera' una pellicina che andra' poi delicatamente rimossa. Ecco, quella pellicina e' lo yuba, nonche' una vera galuperia giapponese, in particolar modo della cucina di Kyoto.

E' un prodotto talmente delicato che va non solo consumato in giornata, ma addirittura entro poche ore dalla produzione. Questo e' uno dei motivi per cui nei supermercati non si trova quasi mai (si trova lo yuba essiccato, ma non e' la stessa cosa), e bisogna pregare i Santi per riuscire a procurarsene una vaschetta.
Generalmente e' sufficiente pero' rivolgersi ad una toofuya-san, magari una di quelle piccole e di quartiere, e lo yuba e' quasi garantito!

Immaginate quindi la mia contentezza nel veder spuntare da quella borsa una vaschetta di yuba preparato nemmeno due ore prima!
Esistono mille ricette che hanno come ingrediente principale lo yuba, ma i puristi della cucina giapponese consigliano di gustarlo al naturale, condito soltanto con un po' di わさび醤油 wasabi-jooyu, cioe' salsa di soia mischiata ad una punta di wasabi.
Non a caso, anche Fusae-san si e' raccomandata affinche' assaggiassi questo freschissimo yuba in quel modo, e senza inutili pasticci. Perche' rovinare una delizia cosi' deliziosa??

Ho dunque servito lo yuba con il wasabi-jooyu a parte. Come guarnizione ho usato due umeboshi succose la cui acidita', secondo me, si sposa alla perfezione con la cremosita' dello yuba.
La delicatezza vellutata dello yuba e' un'esperienza papillare di cui non bisognerebbe privarsi, almeno per una volta nella vita.

Il sapore del latte di soia giapponese piu' fresco e piu' genuino e' uno di quei lussi - anche se si tratta di un lusso dalle umilissime origini - che auguro a tutti voi di provare almeno una volta. Almeno una. Dico davvero.

Mi piace mangiare e non lo nego. Anzi, non lo nega neppure la mia linea che sta a testimonianza spietata della mia passione per la buona tavola. Eppure raramente vado in estasi per un cibo.
Certo, ci sono numerosi piatti che solo a rievocarli col pensiero mi mandano in brodo di giuggiole, ma in fin dei conti sono pochi quei cibi che posseggono la capacita' di farmi perdere per un attimo il contatto con cio' che mi circonda. Ecco, lo yuba e' uno di questi.

Vorrei concludere per oggi raccontandovi molto velocemente un piccolo fatto curioso capitatomi due giorni fa.
Dopo essermi finalmente decisa a leggere un'autobiografia in giapponese, ho consultato Amazon Japan nella speranza di trovare cio' che cercavo e ad un prezzo allettante.
Da mesi ormai mi frullava per la testa l'autobiografia di 中村喜春 Nakamura Kiharu, intitolata 江戸っ子芸者一代記 Edokko geisha ichidaiki, cioe' la biografia di una geisha di Tokyo.
Eccola qua:

Edokko - letteralmente figlio di Edo (l'antico nome di Tokyo) - e' un titolo di cui si fregiano con orgoglio solo quei giapponesi nati a Tokyo. Ma per essere un vero edokko non basta essere nati nella capitale, ma e' fondamentale che almeno due o tre generazioni della propria famiglia siano tokyoti di nascita.

Questo e' uno dei motivi per cui il termine geisha - quella povera e bistrattata parola - in questo caso va bene e non e' usata alla carlona. Geisha e' un termine tokyota, ragion per cui le geisha di Kyoto non sono geisha, ma 芸子 geiko oppure 芸妓 geigi.

La signora Nakamura e' stata una geisha-san di Tokyo diventata famosa per aver annoverato fra i suoi clienti celebri personaggi occidentali come Charlie Chaplin, Jean Cocteau e Babe Ruth grazie alla sua eccellente padronanza dell'inglese.

Si dice che Nakamura-san sia stata davvero l'ultima vera geisha-san di Tokyo poiche' questa vecchia e rispettatissima arte sta - ahime' - lentamente morendo nella capitale.

E' deceduta all'eta' di 90 anni nel 2004, a New York, dove viveva gia' da tempo.

Ho acquistato la sua biografia di seconda mano, per 1 yen!
...e dentro ci ho trovato il suo autografo.

10 commenti:

luby ha detto...

ho letto tutto d'un fiato!
e dopo aver lasciato impronte digitali sul monitor nel tentativo di arraffare qualche delizia ...
ho lasciato gli occhi su libro!

acquaviva ha detto...

ricordo il tuo post di qualche tempo fa su un ristorante di tofu che mi aveva estasiato.
Ho trovato a Milano una piccola tofu-ya (cinese, a dir la verità, ma meglio di niente...), però alcune delicatessen (o come dici in meraviglioso piemontese tu "galuperie") sono difficilissime da reperire fuori dal Giappone.
Piccolo OT: ho uno strumentino di legno in cui schiacciare il panetto di konniyaku per trasformarlo il noodle. Sai come si chiama?
E poi: che tu sappia esiste una traduzione inglese dell'autobiografia di Nakamura-san?

S ha detto...

nooooooo, UN yen??????????????????

modHello! ha detto...

mmmm..i tuoi piattini sono sempre così invitanti! :D
e poi che bella che deve essere quella biografia....la troverò mai anche qui a milano in italiano?
per ora sto cercando qualche libro per l'estate. I più quotati per ora sono "Lo Zen e la cerimonia del te" di Okakura Kakuzo e "Il paese delle nevi" di Kawabata Yasunari. Se hai consigli, sono ben accetti!!

Un bacione, gaia

Maria Teresa ha detto...

Grazie per i tuoi freschissimi articoletti!
Sono una vegetariana che mangia tofu "per le proteine" ma fino ad ora non mi ha convinto molto; approfitterò delle ferie per cercare e sperimentare ricette :)

@modHello!: Di Kawabata ho apprezzato moltissimo "Bellezza e tristezza"

Unknown ha detto...

Cara Luby,
Lo sai che ho pensato proprio a te mentre scrivevo questo articoletto?
Un abbraccione! :)

Cara Acquaviva,
mi piacerebbe moltissimo andare a curiosare in quella toofu-ya di cui mi parli! Proprio perche' il tofu e' un alimento di origini cinesi, ho una grande curiosita' nei confronti del tofu cinese tradizionale e del suo metodo di preparazione. Chissa' che bonta' meravigliose che trovi li'!!!
Per quanto riguarda l'attrezzo di legno di cui mi parli, e' per caso il ところてん突き tokoroten-zuki?
Qui c'e' una foto (non mia):
http://pds.exblog.jp/pds/1/200908/26/60/c0002260_8505964.jpg

Per quanto riguarda il libro di Nakamura-san, pare non sia stato ancora tradotto in inglese! La cosa mi stupisce moltissimo, soprattutto se consideri che e' stato invece tradotto in tedesco e spagnolo.
Il titolo in tedesco e' "Memoiren einer Geisha", mentre il titolo in spagnolo e' "Vida de una geisha".
Cercando meglio, pero', ho trovato questo:
http://www.amazon.co.uk/exec/obidos/ASIN/0060197048/qid=1074221229/sr=1-3/ref=sr_1_8_3/202-3394774-9090236
Non so se sia lo stesso libro, pero'.
Un abbraccione!

Ciao S.
Si', proprio uno yen! Ho scoperto (da poco, fra l'altro) che e' il vero paradiso dei libri di seconda mano a prezzi stracciatissimi, come in quel caso. Naturalmente bisogna pagare la spedizione che e' comunque irrisoria.
Ho avuto poi modo di constatare quanto *perfetto* sia l'usato giapponese per quel che riguarda i libri! Sia questo di Nakamura-san che altri due che avevo ordinato erano talmente ben tenuti da avere ancora l'obi (una striscia di carta che avvolge la copertina di tutti i libri i giapponesi nuovi).
Un saluto!

Carissima Gaia,
E' un piacere immenso risentirti e rileggerti!
Come dicevo poco piu' su ad Acquaviva, stranamente l'autobiografia di Nakamura Kiharu non e' stata ancora tradotta in inglese. Alcuni dicono che sia stato fatto di proposito dato che lei, abitando negli Stati Uniti, ha preferito evitare la notorieta' che molto probabilmente avrebbe ottenuto con la pubblicazione della versione in inglese del suo libro. Non so se questo sia vero o meno, comunque e' interessante.
In italiano non so se ci sia gia'. So per certo pero' che esiste la versione in tedesco e in spagnolo.
"Il paese delle nevi" di Kawabata e' senz'altro un'ottima scelta; ti portera' a compiere riflessioni molto profonde e che rimarranno con te a lungo.
Io, come forse gia' sai, consiglio sempre Enchi Fumiko e opere come "Maschere di donna", "Onnazaka", "I giorni della fame".
Un'altra gemma che ti consiglio col cuore e' "Le sorelle Makioka" di Tanizaki Junichiro. :)

Ciao Maria Teresa,
Ti ringrazio della visita e del commento! :)
Il tuo nome mi piace moltissimo!
Ti auguro buone vacanze e buon divertimento in cucina!!

Anzi, ne approfitto per augurare a tutti voi buone vacanze! :)

modHello! ha detto...

Grazie mille dei consigli!!
"Le sorelle Makioka" nella traduzione italiana sarebbe "Neve sottile"? storia di 4 sorelle che devono far sposare la sorella di mezzo, perchè l'ultimogenita vuole sposarsi?
Era un'altra delle alternative che avevo in mente...
Bene! nei prossimi giorni allora shopping culturale!

Buone vacanze Marianna! io sarò a milano ancora fino al 12 agosto....troppo tempo!

Bacioni, gaia

Valentina | The Blue Bride ha detto...

ok...quand'è che mi ospiti per assaggiare lo yuba?? mi hai fatto sgolosare troppo davanti allo schermo!!!

Unknown ha detto...

Marianna-san!
Ciò che hai scritto del tuo rapporto pre-Giappone con il tofu è esattamente anche il mio attuale rapporto con questa pietanza così misteriosa!
Rimango sempre così interdetta quando nei tuoi articoli trovo delle descrizioni dettagliate del gusto di alcuni tipi di tofu piuttosto che di altri!
Per me sa tutto di "legno" eheh
Lo so sono una profana in merito e non nascondo che qui è un poco difficile trovare del tofu fresco, ma anche quando l'ho trovato e l'etichetta recitava "preparato secondo il vero metodo tradizionale giapponese" ho provato profondo schifo ad assaggiarlo :(
Non voglio demordere e dopo questo articolo mi torna la voglia di provare a fare il tofu in casa.
Chissà però se ci vogliono i fagioli di soia freschi, o se vanno bene quelli secchi che riuscirei a trovare negli oriental market... chissà!

Stupenda la scoperta dell'autografo della geisha-san nel libro! Sei stata fortunata!
Oh quanto mi piacerebbe riuscire a leggere anche solo qualche riga :(
Un abbraccio!
Erika

www.jayincucina.com ha detto...

Le tue ricette sono sempre fantastiche :) Ieri ho fatto lo yuba, ma poichè non ho potuto mangiarlo lo sto facendo essicare pian pianino vicino alla stufa...
Sarà il mio primo assaggio di yuba. Ora che so che fresco è ancora meglio, proverò sicuramente a rifarlo e mangiarlo subito !!
Magari potresti pubblicare una ricetta passo passo su come farlo proprio in maniera originale ? (Magari chiedendo ad Akiko, ho fatto le tamago seguendo la vostra ricetta e sono venute strepitose !!! ;))