Lunedi' scorso, prima di andare a Kappabashi a fare saccheggio di bento Fumi-chan assieme a Monique che mi ha dato ampiamente una mano a svuotare gli scaffali del negozio prescelto, ho passato una tranquilla mattinata ad un corso di ikebana assieme alla mia amica.
L'ikebana e' l'antica arte giapponese della disposizione delle piante e fiori recisi.
Di quest'arte esistono varie scuole di pensiero, ognuna con le proprie teorie e stili.
La mia amica Kyoko-san mi diceva che, un tempo (nemmeno poi tanto lontano) l'ikebana era una delle arti che le donne dovevano assolutamente imparare alla perfezione prima di sposarsi. Era, quindi, un requisito considerato importante per una vita coniugale di successo.
Adesso, invece, i tempi sono i cambiati e le giapponesi si dedicano alle arti tradizionali (tipo appunto l'ikebana, o l'elaborata e sofisticatissima cerimonia del te') solo se desiderano farlo, e non per obbligo da parte delle famiglie.
Il corso dove sono andata io lunedi' mattina e' aperto a persone di tutte le eta', ed e' tenuto in una grande aula luminosa, con tanto spazio da dedicare alle attivita' ricreative piu' disparate, dal decoupage ai vari utilizzi della tradizionale carta washi giapponese.
La lezione di per se' e' stata abbastanza breve, e semplicissima da seguire. Quel giorno l'insegnante ci ha mostrato due stili molto semplici e adattissimi ai principianti, ossia il moribana (quello che vedete nella foto in alto a sinistra) ed il nageire, ovvero questo:
Entrambe le composizioni d'ikebana che vedete in queste foto sono state fatte da me, sotto la guida della nostra sensei.
Ancora non so quando saranno le prossime lezioni (pare che le date cambino ogni mese a seconda di quanti sono gli iscritti via via), ma non manchero' di fotografare le prossime creazioni!
Dopo la lezione d'ikebana, Monique ed io siamo andate fino a Yokohama, e poi da li' abbiamo preso il treno per Shinbashi. Da Shinbashi, invece, abbiamo preso la metropolitana che ci ha condotte fino a Tawaramachi, che e' poi la stazione della mitica Kappabashi.
Di Kappabashi ho gia' parlato ampiamente per cui non staro' qui di nuovo a raccontarvi quanto mi piaccia questo paradiso giapponese del vasellame perche' altrimenti dovrei stare qui a scrivere fino a domani!
Vi diro', pero', che e' decisamente uno dei posti che piu' adoro di quest'affascinante e grande Tokyo.
Purtroppo quel giorno piovigginava, e noi ovviamente eravamo senza ombrello. Siamo state, infatti, costrette a fermarci in una kusuri-ya (farmacia) a comprarne uno. E non vi dico che rabbia, dato che qui a casa ne avro' duemila di ombrelli, tutti acquistati in circostanze simili, ovvero durante gite bellamente rovinate da piogge ed acquazzoni improvvisi.
Menomale che qui in Giappone gli ombrelli costano veramente poco, per cui alla fine non e' mai una grossa spesa.
Sebbene la giornata fosse appunto nuvolosa, e il cielo promettesse un diluvio mostruoso, abbiamo tranquillamente imboccato la stradina che da Tawaramachi Eki (stazione di Tawaramachi) porta a Kappabashi.
Appena s'intravede il grande cuoco sul palazzo della Niimi che fa angolo, allora si sa con certezza di essere arrivati nel *vero* paradiso delle ceramiche, porcellane, pentole ed utensili da cucina: KAPPABASHI. Un immenso reparto casalinghi grande quanto un intero quartiere cittadino.
Purtroppo, pero', quel giorno piu' della meta' dei negozi erano chiusi per via delle festivita' dell'equinozio d'autunno. Peccato. Beh, vorra' dire che avremo una scusa in piu' per tornarci!
Prima di buttarci a capofitto su piatti, piattini e stoviglie varie, siamo andate a buttarci a capofitto su una bella scodellona di tsukemen!
Gli tsukemen sono una specialita' di Tokyo, e sono ramen che pero' anziche' esser serviti direttamente dentro una scodella piena di brodo, vengono serviti freddi e asciutti, con il brodo caldo messo in una scodella a parte.
Con le bacchette, si prendono bocconi di tsukemen freddi e s'intingono nel brodo caldo e si mangiano quasi come se fosse soba, solo che a differenza di quest'ultima dove la sobatsuyu (salsina per soba) e' fredda, il brodo degli tsukemen e' caldo.
Il ristorantino scelto e' un locale dov'ero gia' stata alcuni mesi fa in compagnia di mio marito.
Il locale si trova proprio a pochi metri da Kappabashi, ed e' quindi un punto di ristorazione ideale.
Ecco i miei tsukemen:
I ramen con fettine di maiale arrosto ed un foglio di nori da una parte:
E il brodino caldo dall'altra:
Dopo il nostro bel pranzetto, ci siamo incamminate verso Kappabashi, col pancino pieno e il volto sorridente!
Dopo aver girato per quasi tutti i negozi, abbiamo ripreso il giro dall'inizio soffermandoci, questa volta, solo in quei negozietti dove avevamo addocchiato qualcosa d'interessante.
Tra le tante (taaaaante, diciamo troppe) cose che volevo e vorrei, c'era la padella per il tamagoyaki. E infatti non me la sono fatta scappare!
Ecco il retro decorato di questa simpatica e pratica tamagoyaki-ki:
All'appello, ovviamente, non poteva mancare del nuovo vasellame da aggiungere alla mia ormai pingue collezione.
Infatti, quando ho visto questa tazza bassa e ampia, dal fondo smeraldino proprio come i miei piatti da tempura, non ho capito piu' nulla e l'ho fatta mia.
Stessa identica cosa e' capitata con questa scodellina dal colore dell'oceano, un colore meravigliosamente estivo e che mi aiuta a ricordare la stagione appena passata.
A me gli oggetti affascinano non solo per le forme e i colori che sfoggiano, ma anche per le sensazioni tattili che regalano. Questa scodella, ad esempio, e' lucida eppure la sua superficie non e' perfetta e liscia come capita nei pezzi dozzinali e fatti a macchina, ma c'e' una certa irregolarita' nei bordi e in tutta la sua parte interna che la rende un pezzo unico e diverso da qualunque altro.
Capovolgendola, poi, si scopre una base lasciata volutamente grezza, e il cui colore contrasta in modo decisivo ma non invadente, con quel bel turchese oceanico.
E per finire, non mi sono lasciata scappare questo splendido suribachi di un elegante blu cobalto scuro e marrone quasi nero.
Il suribachi e' il tradizionale mortaio giapponese, costituito da una ciotola di terracotta spessa con la superficie dell'interno particolarissima, caratterizzata da sottili sporgenze che servono a facilitare la tritatura di semi di sesamo ed altre spezie.
Questo suribachi e' molto elegante e un po' diverso da quelli che normalmente si trovano nelle cucine. Diciamo che questa e' una versione piu' sofisticata e raffinata del classico suribachi.
Questo che vedete sotto, invece, e' il suribachi normale che gia' avevo prima. La maggior parte dei suribachi che si trovano nelle cucine giapponesi sono fatti proprio cosi':
Come vedete, qui stavo per tritare dei semini di sesamo da usare per qualche piatto giapponese, anche se non ricordo piu' quale.
I suribachi tradizionali, come vedete, sono dotati di un pestello di legno col quale si tritano semi di sesamo ed altre spezie, utilizzando un movimento circolare grazie al quale i semini vengono efficacemente pestati contro le pareti ruvide del suribachi.
Il suribachi preso a Kappabashi, quindi, e' una versione un po' piu' moderna e stilosa di quello tradizionale, ma entrambi hanno il loro fascino e la loro grande utilita'.
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3 commenti:
Ma sono bellissime queste ceramiche! Ma sono ceramiche dipinte o è qualche tecnica particolare tipo il raku?
La padella rettangolare è fortissima...è una cosa stupida, ma prima di leggere il tuo post sui tamagoyaki non avevo mai fatto caso che tutte le nostre padelle...sono rotonde! che scema, eh???;)
La tazzina e la citola smeraldina sono veramente belle!
quasi, quasi la ciotola me la faccio anche io più o meno simile :-)
Ma che belle!! Anche io resto affascinata dalle ceramiche che sono bellissime! Ne riempirei la casa!
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